“Ciò che non ci uccide, ci rende…più strani!
Dopo il grande successo di Superman, Richard Donner e la moglie Laura, insieme alla Marvel, rappresentata dal coraggioso produttore Avi Arad, responsabile del successo dell’allora recente Blade, rilasciarono nell’estate del 2000 il film sul famoso gruppo di super eroi mutanti del mondo, noti come X-Men.
E’ fu un successo.
La ricetta era sempre la stessa tuttavia oltra al rispetto del materiale originale, la vera novità fu il 2taglio” che venne dato alla pellicola.
Il giovane ma talentuoso regista Bryan Singer, acclamato dalla critica e dal pubblico per “i soliti sospetti”, riuscì a riproporre tutte le tematiche e le icone classiche del fumetto all’interno del mondo attuale, e non il contrario.
Questa trasposizione, risolse molte delle perplessità che in passato erano state generate dall’inserimento di supereroi in questioni della vita reale, inolre, trattare il personaggio dei comics come materiale di attualità lo rese appetibile a considerazioni di costume, moda e quant’altro, reindirizzando in questo modo anche l’attenzione dei media.
Alla nuova ricetta del 2000, i progetti cinematografici legati ai supereori riproposero poi la consolidata strategia di mescolare attori noti e riconoscibili a promettenti stelle nascenti, che sarebbero potute implodere nel film o affermarsi e continaure a splendere in modo indipendente (questo fu il proprio caso di Hugh Jackman, il quale preceduto dalla fama del persnaggio che interpretava, wolverine, ne rivette tutti i benefici e affezioni del pubblico.
I personaggi dei comics non erano i soli portagonisti della pellicola, ma le loro trame e sottotrame diventarono un altro personaggio a cui dare spessore e da collocare nel mondo “vero”.
Gli eroi non ci difendono dai comunisti o dagli imprenditori folli, gli eroi portano con loro le storie che li hanno accompagnati nelle pagine dei fumetti, e il mondo si trasforma oggi per rappresentare il dibattito globale sulla identificaizone dei mutanti, o domani per la minaccia astrale di Galactus (I Fantastici 4 e Silver Surfer).
La domanda che si pongono gli scenggiatori non è più cosa farebbe Superman oggi, ma, con quello che conoscenze di oggi, come sarebbe Superman? Come si potrebbero tradurre le sue avventure in termini di realisimo, senza variarne gli elementi che le contraddistinguono?
Il pubblico scoprì cos’ì nuovamente i super eroi, interpretati nel rispetto di specifici canoni di realismo e dove possibile di “verosimiglianza”.
Gli eroi dei fumetti assumo una dimensione terrena nel nuovo millennio, sofforno , si feriscono, non hanno costumi sgargianati ma ritorvati della tecnica e gli stessi super poteri che li rendono unici, trovano speigazioni quasi plausibili
Se gli anni 80 e 90 hanno visto in più riprese l’ascesa e la caduta della Warner Bros, ed i suoi premiati franchise Superman e Batman, gli anni 2000 sono stato scenario indiscusso della Marvel, la quale, grazie ad un bilanciato utilizzo delle tecnoligie digitali ha prima recuperato e poi conquistato il mercato cinematografico con il ricco carnet dei suoi personaggi.
E la sfida ha visto emergere oltre agli X-Men, gli intramontabili Fantastici 4, Spiderman, Hulk e IronMan, nonché personaggi minori, ma sempre rilevanti nell’ambito fumettistico come Devil o Ghost Rider.
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica e queste pellicole non possono definirsi tutte dei capoloavri del genere, tuttavia si deve rendere atto alla numerosità e varietà dell’offerta che si è concentrata in pochi anni.
Questa lunga premessa ci porta dunque nell’ambito del vero scopo di questo articolo, ovvero se finalemente, dopo aver percorso le intricate strade della creatività e della porduzione cinemtografica, siamo in grado di trovare il giusto palcoscenico per mettere in scena il dramma dell’uomo pipistrello.
Da Player principale, come abbiamo osservato, la Warner si è tramutata nel primo decennio di questo millennio un follower.
Era ginto il momento di fare tabula rasa del passato e ripartire dalle orgini dei suoi due franchise pricipali, ma come fare? Da un lato si era consumata la tragedia umana di Crestopher Reeve, deceduto per le conseguenze dell’inciditente che da anni lo aveva reso paralizzato, e quindi non si sarebbe potuta ripristinare l’icona del Superman di Donner. Dall’altro gli ultimi fiaschi legati alle avventura di batman facevano sentire i loro echi nei tabloid di settore.
La parola d’ordine fu ricomnciare, e prese corpo nel titolo “Begins”, della nuova pellicola su cavaliere oscuro diretta da Chirstopher Nolan.
Quest’ultimo era un regista sconosciuto alla grandi platee dei blockbuster Americani, ma si era fatto largamente notare all’interno del circuito del cinema indipendte ineme al frantello sceneggiatore con quel piccolo capolavoro noto come “Memento” e successvamente con “Insomnia”.
Se Batman doveva essere, allora sarebbe stato il Batman delle origini, ma non quelle definite dal suo padre natural Bob Kane, ma quelle delineate in primis dal Miller e successvamente da Mazzuchelli, che con la graphic novel “year one” elevà al massimo grado di realismo le vicende dell’uomo pipistrello.
Gotham city, non sarebbe più stata un città gotica e misteriosa, piuttosto una megalopoli no diversa da NewYork, Chigaco o Melbourne, un luogo con architetture, dinamiche e dimensioni reali, odierne, assolutamente riconoscibili.
Il Batman di Nolan è dunquè un vendicatore solitario, che combatte avversari concreti come possono essere le organizzazioni mafiose e la corruzione, un eroe la cui ricchezza è giustificata da assets azionari e fondi di investimento, e dove i suoi marchingegni non escono “dal cappello”, ma da un dipartimento R&D a cui sono affidati i progetti militati sperimentali.
Batman, nonostane la storia tumultuosa che lo ha visto salire e scendere nelle classifiche di gradimento del movie business ha trovato un artigiano del cinema come Nolan, il cui pragmatismo e ricerca del realismo (paragonabile a Michael Mann di Heat), in grado di tirare fuori la sua vera essenza, la violenza, i turbamenti e l’etica.
La trasposizione delle storie del topo volante, ha però il vincolo narrativo degli antagonisti, per lo più immagini speculari delle sfaccettature della psiche del protagonista.
Il cast di primi attori, era quanto di meglio una produzione del genere potesse avere, primo fra tutti la scelta dell’attore Christian Bale per interpretare Bruce Wayne, il quale già noto alla critica come enfant prodige ne “l’impero del sole” di Spielberg, era tornato alla ribalta prima con film commerciali quali “il regno del fuoco” o “Equilibrium”, poi con film indipendenti dove diede grande prova del suo talento come “l’uomo senza sonno” (The Machinist).
Bale portò sullo schermo quella fisicità che era mancata al batman degli annni 80, senza trasformare il suo fascino in un atteggimento spavaldo e inutile come fece Val Kilmer (Batman forever) ed eliminando ogni accenno di ammiccamento o ironia come nel mai troppo criticato Gorge Clooney (Batman & Robin) e tutto questo mantenendo vivo e sempre presente il lato drammatico e tormentato del personaggio
Inoltre per questo rilancio del pesonaggio, forse per evitare di bruciare “cattivi” di maggior peso, o perché no, per lasciare allo spettatore un senso di “crescendo”, fu scelto un nemico minore quale lo spaventapasseri (carecrow), e anche qui la linea artistica di Nolan fu netta, decidendoo di abbandonare qualunque riferimento a costumi o elementi grotteschi e di ritrarre tale personaggio, con una maschera minimale, usata più per “simpatia” che non per identificare il cattivo, il quale per la maggior parte del tempo si presenta a volto scoperto.
Il film ottenne il successo che meritava, ma era solo l’inizio di un fenomeno di reinnamoramento che fu consacrato nel 2008, col maggior successo di botteghino di sempre: “Il cavaliere Oscuro”….
(continua e finisce con la prossima parte)
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