sabato 28 febbraio 2009

Il Premio, di Manuel Vázquez Montalbán





In questo romanzo di Montalbán la sua creatura più famosa, Pepe Carvalho, è al centro di un delitto imprevisto e imprevedibile, dovrà scoprire l'assassino di un notissimo personaggio della Spagna attuale: Lázaro Cortasal, finanziere ricchissimo, legato al mondo della politica, degli affari, della cultura, in quel perverso intreccio che è la Spagna di oggi.
Corruzione, malignità, degrado morale, quasi pazzia, questo è il quadro che emerge dal romanzo. L'amarezza di Carvalho, la sua stanchezza, il senso di inutilità di qualsiasi azione è probabilmente lo specchio di una delusione storica, la delusione di chi si vede circondato da una realtà contro cui non è nemmeno più possibile combattere. Uno dei personaggi del romanzo parla della battaglia contro la dittatura, come di un bel ricordo: c'era un nemico, combatterlo era una scelta, c'era una speranza e un ideale, la vita serviva per perseguirlo. Ma oggi? Nulla si salva, nulla è immune da tanto marcio, né i sentimenti, né le passioni, né la politica e neppure la letteratura. Un premio letterario speciale è quello che fa da sfondo e dà il nome al libro. Moltissimo è il denaro messo in palio, misteriosa la giuria, altrettanto misterioso il vincitore. Nella sontuosa sala in cui verrà annunciato il nome dello scrittore prescelto (la giuria è in parte un paravento, ma chi decide davvero è Cortasal stesso) si muove una umanità particolare, è il mondo degli scrittori, degli editori, dei librai e quello dell'economia e della politica. Il loro gergo, le loro perfidie, l'arroganza e l'infelicità che pervade tutti ci dà un quadro terribile e desolato della cultura contemporanea. Nulla è esente da corruzione, gloria e potere possono essere distrutti rapidamente, tale è anche la situazione che sta vivendo la vittima designata del romanzo, quel Cortasal che possiede, oltre che grandi ricchezze, anche tanti uomini e tante donne, ne possiede l'anima e l'intelligenza.
Forse è il vicino tracollo finanziario il motivo del suo assassinio? O un marito tradito, stanco di sentirsi zimbello nelle mani di quel potente? Oppure la scoperta dei vizi segreti di chi gli è più vicino, dei loro tradimenti? Certo sarebbe uno sgarbo tremendo per il lettore rivelare il finale di un'indagine poliziesca, eppure la tentazione c'è perché questo libro non può e non deve essere letto come un romanzo giallo, non si possono scorrere velocemente le pagine, come dice un personaggio, leggendone una sì e una no per arrivare frettolosamente alla conclusione. Sicuramente c'è molta, molta letteratura, e non solo perché l'ambiente descritto è quello letterario, ci sono moltissimi riferimenti, citazioni esplicite e nascoste: una cultura, quella di Montalbán che non è libresca o saccente, ma piuttosto un modo di guardare la vita, cadute tante altre illusioni, con gli occhi di un uomo che nei libri, che hanno costruito la sua persona e che di certo lui non brucia, trova qualche punto fermo. Da qui forse ancora più duro è l'attacco all'ambiente che circonda il mondo dei premi letterari e a tanti scrittori contemporanei, pronti a vedere se stessi e le loro opere, presenti e future, all'acquirente più potente. Anche i più noti e famosi scrittori, il Nobel della letteratura invitato per dare lustro al Premio ad esempio, non ci fanno un gran bella figura: arroganti, supponenti veri e propri involucri vuoti di una cultura che non ha più posto proprio in quelle sedi ufficiali.
La figura più divertente del romanzo è però un ragazzo, il figlio di Carmela (vecchia amica madrilena di Pepe), dall'improbabile linguaggio e abbigliamento, una creatura metropolitana, tanto diverso dalla dolce e appassionata Carmela, che Montalbán sa così ben tratteggiare e che è assolutamente rappresentativo di quella generazione di ragazzi, figli, cresciuti negli anni Ottanta tra corruzione e ricchezza, di genitori idealisti e impegnati.
Le donne che appaiono nel romanzo, soprattutto le scrittrici, non ci sembrano molto migliori dei loro colleghi maschi, anzi spesso usano il loro sesso per ottenere dei vantaggi. Nemmeno i critici e i giornalisti sono belle figure, corruttibili e desiderosi di esserlo, completamente integrati e funzionali al sistema.
La politica poi non sembra proprio rigenerata dall'ondata di rinnovato rigore, tutta apparenza, la corruzione forse è strutturale al sistema.
Quadro piuttosto pessimistico quello tratteggiato da Montalbán e non credo sia azzardato pensare che se lo scenario fosse stato italiano si sarebbero potute dire cose molto diverse; cosa resta allora?
Probabilmente scriverne e, così come fa lo scrittore catalano, senza dare ricette e soluzioni, ma regalando solo un po' di senso critico ai lettori.



Il premio di Manuel Vázquez Montalbán,Edizioni Feltrinelli, prezzo 9,80 euro.

venerdì 27 febbraio 2009

Per papà Andrea (atto II)...

Caro Andrea, visto che la parte poetica l'ha esaurita (stranamente bene) Marco, non vorrei aggiungere altro, se non le mie felicitazioni a te e a Dona per la splendida creatura che avete messo al mondo.

Vi lascio qualche immagine su cui riflettere che, se il blog sarà ancora on line (aggiornato non credo) quando Mattia sarà in grado di farsi bella bevuta, sarà giusto che tenga a mente... Così potrà dire: "anvedi mi padre comme se sgargarozza tutto". Ovviamente sarà un'eccezione sentirlo parlare in romanaccio, però l'occasione lo consente!

A te e Dona, e soprattutto a Mattia, le foto.









Stefano.

giovedì 26 febbraio 2009

Per Papà Andrea...

"Quando le parole vogliono uscire e sono importanti, bisogna scriverle di corsa perchè non scompaiano..."
Non ricordo dove ho letto questa frase, ma mi è venuta in mente quando, durante una pausa pranzo passata a navigare, ho letto una poesia sul web e ho pensato che anche Andrea si apprestava a diventare Papà.
Il pezzo scritto è stato un getto veloce....è uscito fuori un po' troppo emozionale, ma rimangiarmelo adesso sarebbe un delitto.
Augurissimi Andrea:questo è quello che mi veniva in mente, qualche tempo fa, pensandoti Papà...




E così, caro Bobbone, sei diventato Papà.
Pa-pà.
Leggo e rileggo questa parola come fosse la prima volta, ma la gioia che sento non provoca altri stupori diversi.
Non provoca l’incanto infantile per le carte che scricchiolano sotto la spinta delle dita che vogliono aprirle e neppure la progressiva ripetizione di una vecchia battuta di un film o di una nostra cazzata di lontano repertorio.
Leggo e rileggo queste due sillabe come fosse la prima volta perché, all’improvviso, hanno smesso di essermi conosciute e mi sono diventate molto piu’ familiari.
Automaticamente molto piu’ familiari.
Sei diventato anche tu Papà.
Quanto tempo è passato dalla prima volta che ci siamo parlati ?
Non lo so…non lo ricordo.
Comunque è tanto. Quante miliardi di particelle e di cellule sono nate-cresciute-scomparse ?
Quante parole sono state dette?
Quante bottiglie sono state stappate ?
E chissà cosa ho pensato di te e tu di me…chissà se almeno per una volta, in quel giorno tanti anni fa, potevamo pensare di diventare tutti e due Papà nel breve volgere di qualche stagione.
Dieci anni fa, mese piu’, mese meno.
Due vite che prima di generare altra vita, si incontrano, si conoscono e decidono piano, piano di fidarsi. Così da conoscente, si diventa compagno di cena o di pranzi.
Da compagno di scampagnata a qualcosa di piu’.
Ad amico.
Termine abusato e strausato ogni giorno, ma incredibilmente ancora di moda.
Ed ecco, appunto, il mio stupore. Netto. Immediato. Impensabile e dolcissimo.
Distante da ogni vecchio stupore. Forse necessariamente diverso.
Uno stupore fatto di apparenze che si sgretolano e di evidenze che salgono in superficie.
Non c’è cosa piu’ difficile al giorno d’oggi che sentirsi sinceramente contenti per gli altri, ed a me è venuto spontaneo.
Tu sei Papà, caro Bobbone, e io capisco soltanto adesso che bastano quattro lettere per condensare una vita intera.
Perché basta solo il termine per dire tutto e metterci tutto là dentro.
Anche, ovviamente, soprattutto i nostri anni di amicizia.
I nostri sogni e le nostre sconfitte, l’ultima parte della nostra gioventu’ un po’ casalinga per qualcuno, forse poco chic per i tempi che corrono, ma spudoratamente goliardica, senza fronzoli, fatta di intimità vere e ricoperta dalle nostre risate fragorose.
Ci siamo noi, a turno arrabbiati e contenti, felici ed incazzati, ognuno orgoglioso dei propri spigoli e delle proprie asimmetrie.Geloso dei propri difetti ed orgoglioso dei propri pregi
Cosa racconterò di te a mio nipote Mattia ?
E tu cosa racconterai di me a Sofia?
Peggio ancora…:cosa gli racconteremo insieme?
Sarà piu’ imbarazzante o piu’ emozionante ?
I nostri poker, le nostre capirosche con vodka, la punto portata con il volante storto, le sigarette fumate di corsa, i sigari accesi all’incontrario, le fraschette svaligiate, le bottiglie prese all’asta, Igor che ride, Stefano che sbrocca, scherzi, cazzate, malinconie, lune storte e traguardi da raggiungere.
Non sono un periodo lunghissimo, ma sono stati dieci anni intensi.
E sono tanti, tantissimi, i flash di vita comune che mi vengono in mente.
Chissà quale sceglieremo…?
E quali nasconderemo…Perché troppo vergognosi delle conseguenze pratiche a cui possano portare.
Ma ti ricordi sotto casa di Giuliano a fare i matti, oppure come ho attizzato il fuoco prima del tuo addio al celibato ?
E le racchettate in riva al mare ?
Io che ogni due scambi colpivo un bagnante e tu, faccia angelica, che rincorrevi scuse e pallina.
Oppure i bicchieri di amaro viparo che volavano fuori dal finestrino ogni cinque minuti…
Questo e tanto altro…segreti di un amicizia, che devono restare tali per far si che tutto continui.
Poi magari…tra cinquant’anni, davanti ad un caminetto acceso, con un bicchiere di Barolo del 1999 in mano, potremmo anche raccontare ai nostri bimbi, ormai grandi, che già in quei giorni stavamo, inconsciamente, già pensando a loro…


Marco.

mercoledì 25 febbraio 2009

Benvenuto Mattia !



Subito dopo aver mangiato l'ultima frappa e sentito l'ultimo commento del martedi calcistico ha deciso di venire a farci compagnia in questo mondo il piccolo Mattia !

Inutile dire che tutti gli amici del blog fanno i migliori auguri possibili a papà Bob(detto Andrea) e a mamma Dona per la nascita di questo piccolo furetto.

Un grande bacio e un tenero abbraccio al nuovo arrivato.


Marco e Stefano.

martedì 24 febbraio 2009

Excelsus Sant'Antimo 1999, Cantina Banfi.



Il primo dei vini bevuti a Natale non da forti emozioni, perde il confronto con il fratello Summus, che vedremo a breve e ci lascia un po' insoddisfatti.
Parliamo di un rosso D.o.c. da uve Cabernet Sauvignon, in maggioranza, e Merlot in grande minoranza.
Se non erro le percentuali sono 60 e 40 o giu' di li.
Puo' variare in base all'annualità, ma la gradazione alcolica si attesta sempre intorno ai 13 gradi.
Questo '99 non ci ha dato l'idea di grande forza, è apparso scarico e con tannini un po'...appassiti.
Si sentiva poco la maturazione in tonneau, che pure arriva quasi a due anni, così come i sentori vari al naso, soprattutto di lampone e ciliegia erano poco persistenti.

Visto il costo un po' altino, siamo intorno ai 40 euro in enoteca, non lo consiglio di gran cuore, ma personalmente lo giudico fortemente rivedibile.
Cambierò l'annata e poi vi dirò....


Marco.

lunedì 23 febbraio 2009

L'Arcangelo Roma



A Roma il mio posto preferito dove mangiare è L'Arcangelo.
Si trova in prati, dietro Piazza Cavour e la mitica enoteca Costantini (altro posto preferito). Proprio da Costantini avevano la sede prima di mettersi in proprio nelle vicinanze.
E, sempre in tema di Amarcord, qui ha mosso passi importanti come cuoco il mitico Gabriele Bonci, quello di Pizzarium e del bir e fud.
L'Arcangelo è un locale piccolo, con pochi tavoli, ma grazioso e molto accogliente. L'atmosfera è definita da una piacevole luce soffusa, e da una discrezione sia del personale che degli avventori.
Non uscirete con il mal di testa dalle chiacchiere altrui, insomma.
E' il mio posto preferito, dicevo, per tanti motivi: dal locale, alla cortesia e alla puntualità del servizio al rapporto qualità prezzo.
Diciamo che tra i ristoranti di prima fascia di Roma è uno dei più economici.

La cucina spazia dalla tradizione romana a piatti ricercati e non banali, ma mai estremi. Ci siamo andati io e Roby per il nostro secondo anniversario di nozze.
Abbiamo preso:
- spaghetti di gragnano all'aglio rosso, parmigiano stravecchio e mosto cotto (un omaggio a Gabriele Bonci): delicatissimi, aglio presente come profumo ma assolutamente non invadente. Una specie di aglio e olio, con l'aggiunta di un eccellente parmigiano e del mosto, anch'esso presente ma affatto invadente;


- maccheroni di gragnano all'amatriciana: chevvelodicoafffa? La amatriciana più buona in assoluto per me. Pasta al dente, pomodoro meraviglioso e guanciale da urlo!!!!!!


- agnello con stracciatella di zafferano e puntarelle: molto buono, ma dopo l'amatriciana avevo già fatto pace con il mondo.

- filetto di scottone piemontese: veramente una bel pezzo di carne, cotto a meraviglia pur non essendo alla brace.

Come dolce io ho preso dei bignè fatti in maniera molto particolare (e buono) ma che non ricordo
e Roby una "isola di limone".



Da bere ci siamo presi un Bruciato 2006 di Guado al Tasso, che potete vedere sgargarozzato da Roby in apertura di post, che non conoscevo e che devo dire mi ha lasciato un ottimo ricordo, anche come rapporto qualità/prezzo (costava 25 euro li e sul sito di Costantini 18 euro circa).
Il conto finale è stato di 130 euro, ottimamente spesi per quanto mi riguarda.

Stefano.

venerdì 20 febbraio 2009

Guida Gourmet 2009



Ecco una guida che potrebbe far parlare di sè. Potrebbe perchè è indubbiamente ben fatta: giudizi competenti e comprensibili, valutazioni dei grandi ristoranti, votazioni su scala espresso (in 20esimi). Potrebbe però perchè va decisamente contro i mostri sacri del settore (soprattutto gambero) e per cotanta tracotanza potrebbe essere snobbata dagli stessi.

Una premessa è che i ristoranti sono stati visitati in forma anonima, e questo è già un valore. L'altra premessa è che sono stati visitati ristoranti di fama, o meglio quelli che la fama l'hanno acquisita con altre guide e non tutti, sembrerebbe, sono degni di tali allori.

La sostanza è che un manipolo di gourmet e intenditori, si sono fatto il giro dei forchettati, stellati, premiati etc valutando se il posto e la cucina valessero il premio stesso. Se in alcuni casi il giudizio è compatibile, in altri vi è una vera e propria stronacatura (su tutte quella della Pergola di Beck, di cui la foto all'inizio). Impietoso poi il quadro quando si mette a confronto l'italico stile creativo con quello francese o spagnolo. Nessuno sembrerebbe stargli dietro.


L'intento è chiaramente polemico, ma va da sè che è un buon metodo per emergere dall'anonimato delle tante guide che accompagnano quelle celebri. In un mondo dove tra l'altro le guide contanto tanto, troppo e sempre di più. Recentemente mi è capitato di leggere una newsletter di un locale romano, che organizzava un evento, che invitava a segnalare lo stesso locale alla guide perchè le guide "fanno crescere i ristoranti". Non che non sia vero, ma è vero pure che in tal modo esse acquisisicono un potere troppo grande. E in alcuni casi si vede.


Siamo di fronte ad un nuovo caso porthos? Per tanti versi spero di si, e spero che la polemica continui, perchè fa bene anche uscire fuori dal coro.



Ultima cosa, ma non di poco conto: la guida la trovate aggratise con il mensile tuttoturismo. Consigliata (io ce l'ho già in macchina)!



Stefano.

giovedì 19 febbraio 2009

A Milano la prima borsa del vino.

Sempre da internet, ma questa è sicuramente una bella notizia.

Da vino.blogosfere.it.


Town House Galleria è uno degli hotel più lussuosi d'Europa, proprio nel cuore della Galleria Vittorio Emanuele II a Milano come racconta Vino24.

In primavera darà vita a un servizio molto esclusivo: la Prima Borsa del Vino, The Wine Exchange, cioè un luogo in cui qualsiasi appassionato può acquistare, selezionare, ordinare e trovare le bottiglie di vino più prestigiose del mondo.

Alla guida di questa iniziativa c'è Alessandro Rosso, come padrone di casa, e Anthony Chicheportiche, che selezionerà in tutto il mondo i vini più rari e prestigiosi.



Gli ospiti dell'hotel potranno lasciare in custodia le loro bottiglie migliori di vino in una vera e propria cantina creata ad hoc dall'architetto Ettore Mocchetti.

Come racconta LuxGallery è già presente l'unico esemplare di Dom Perignon Rosè Guitar Case, disegnata da Karl Lagerfeld, interamente realizzata a mano in pelle di pesce persico, con inserti in pelle di agnello. Contiene tre Dom Pérignon Rosé vintage 1996, due Dom Pérignon Rosé vintage 1986, un Dom Pérignon Rosé vintage 1966 e tre flutes Dom Pérignon.

Il vino Toscano sbarca in Cina...

Crogiolavo in pausa pranzo su internet e ho trovato questa notizia.
Non so se esserne felice o meno, a voi il giudizio.

Da intoscana.it:

“Wine China Exposition 2009” si terrà a Shanghai dal 12 al 14 marzo.
La CCIAA di Pisa organizza la partecipazione alle imprese vitivinicole della provincia iscritte alla Camera di Commercio



La Camera di Commercio di Pisa – nell’ambito del progetto regionale “Scuola del Vino in Cina” – organizza, in collaborazione con Enoteca Italiana di Siena, la partecipazione alla manifestazione Internazionale “Wine China Exposition 2009” che si terrà a Shanghai dal 12 al 14 marzo, tramite la prenotazione di uno spazio espositivo di 36 mq.

La partecipazione è riservata esclusivamente alle imprese vitivinicole della provincia di Pisa regolarmente iscritte alla Camera di Commercio di Pisa.











Marco.

mercoledì 18 febbraio 2009

Amarone Bertani, anno 2000.




Uno dice Amarone e pensa:"Bbbono!"
Poi vede Bertani e pensa: "Buonissimo!"
Ma non sempre va così...
Agli antipodi della prima partita di poker dell'anno 2009, Enrico,fratello di Dona , ed appassionato di poker e bottiglie buone almeno quanto noi, ci permetteva di degustare questa bottiglia decisamente attraente.
La degustazione è andata un po' sotto le attese.
Il vino ha faticato ad esprimersi ed è rimasto a lungo chiuso senza dire\dare segni convincenti.
Il bicchiere giusto ha aiutato un po' l'apertura dello stesso, ma secondo me il risultato è rimasto ben al di sotto della attese.
Di colore granato, ma non troppo intenso, ha dato all'olfatto note di frutta scura con retrogusto di vaniglia.
Un pizzico di speziatura appena accennato che non si sapeva se ci stava bene o ci stava male...
In bocca con modesta stoffa e scarsa persistenza.
Le sensazioni son buone, ma non sorrette dalla struttura tipica.
Non sembra un 2000, non sembra esser maturato in Slavonia per sei anni.
Il tannino è troppo fitto, si chiude e non riesce a farsi apprezzare a fondo.

Calcolando che la bottiglia in enoteca, si trova intorno ai 45-50 euro, possiamo dire che il prodotto non ha offerto un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Ma con l'Amarone Bertani non finisce qui...


Marco.

martedì 17 febbraio 2009

Cucina Giapponese


Oggi parliamo di cucina giapponese. Tra le varie cucine estere che ho visto e assaggiato, quella giapponese è sicuramente la più complicata da accettare per noi occidentali a maggior ragione per chi (per fortuna non io) mangia prevalentemente per riempirsi la panza e quindi segue la logica del "pago quindi voglio il piatto pieno".


Per i giapponesi la vista è il primo senso che entra in gioco, a tavola. Ciò che viene pensato per essere assaporata, viene pensato per essere gustato prima dagli occhi. Il piatto è una piccola opera d’arte che deve soddisfare regole precise di armonia e grazia, accostamenti di colori che non siano stridenti e di forme che siano complementari ed equilibrate.
Quando vengono servite delle pietanze, si deve fare attenzione a come sono disposte: le geometrie dei cibi e dei piatti; la regolare ed attentissima disposizione di ogni singolo pezzo di sushi; lo studio del colore di ciò che viene mangiato, nella ciotola dove viene servito.




La cucina giapponese è creata per essere assaggiata in piccole parti, poiché in questo gioco delle forme e dei tagli un ruolo fondamentale lo ricoprono le cosiddette “bacchette”, hashi. Se il commensale non ha a sua disposizione un coltello, sarà il cuoco a risolvere il problema, tagliando il cibo nel modo più opportuno.
E infatti per i cuochi giapponesi i coltelli sono strumenti importantissimi, quasi sacri: in nessuna altra cucina esiste una tale varietà di oggetti pensati per tagliare qualsiasi cosa, dal pesce crudo che verrà servito così, semplicemente perfetto in base al suo taglio (il sashimi), alle verdure, alla carne che, seppur scarsa, nella cucina giapponese esiste ed è ottima. L’arte del taglio, quindi, non riveste solo una funzione estetica ma anche pratica; o forse, in linea con la tradizione dell’arcipelago, che da sempre coniuga praticità e grazia, quella del taglio è diventata un’arte, proprio perché necessaria e utile. Attenzione, quindi, ad usare le bacchette nel modo più appropriato: non servono per tagliare, né tantomeno per “infilzare” pezzi di cibo difficili da prendere per dita occidentali inesperte: occorre tenere presente che conficcare hashi nel cibo è uno degli atti più sgradevoli che si possano compiere, a tavola.




Gli alimenti devono essere, il più possibile, incontaminati: per questo motivo si tende a consumarli in parte crudi (pesce e verdure), mescolati tra loro il meno possibile, e serviti il più delle volte con salse a parte. Pesce e riso sono senz’altro i pilastri della cucina giapponese. La carne è stata bandita per molto tempo, anche per motivi religiosi, e la maggior parte delle terre coltivabili sono dedicate al riso e al tè.



Il riso ha, in giapponese, vari nomi, se crudo, cotto, o cotto come riso all’aceto, cioè quello che accompagna il pesce nel sushi . Uno di questi nomi, goha n, indica in questa lingua non solo il riso ma anche l’intero pasto (colazione si dice asagohan , cena bangohan etc), e questo rende l’idea dell’importanza di questo cereale nell’alimentazione.
Dal riso deriva il sakè, la bevanda più importante in Giappone: ne esistono più di 50mila tipi. Anche le verdure sono importantissime nella dieta giapponese, sia nella versione più nota ai palati occidentali, tempura , ovvero in pastella, sia crude o cucinate in altro modo.



Nonostante la diffusione del riso, esiste anche la pasta, ed è anzi consumatissima, anche se non è proprio identica a quella “occidentale”. Gli spaghetti orientali vengono comunemente chiamati noodle, e sono alla base di piatti notissimi, come ad esempio il ramen .





La pietanza più nota del Giappone è senz’altro il sushi, che unisce i due cardini dell’alimentazione dell’arcipelago, riso e pesce. Il riso usato, la varieta japanica a chicco corto, è preparato con aceto, e prende il nome di sumeshi . Al riso vengono aggiunti filetti di pesce crudo, o gamberi, o uova di pesce. A seconda della forma e della preparazione il sushi ha nomi diversi. I blocchetti avvolti in alga nori, col pesce in genere al centro, si chiamano norisushi , mentre quelli modellati a mano, col pesce semplicemente appoggiato sopra il riso, hanno il nome di nigirisushi. Il sushi viene spesso consumato con wasabi , una pasta molto piccante, e shoyu , salsa di soia.
Il sashimi è conosciuto al pari del sushi , anche se spesso le due specialità vengono confuse.
Il sushi prevede l‘utilizzo, imprescindibile, del sumeshi , il riso all’aceto (tanto che probabilmente ne deriva anche il nome). Il sashimi consiste invece in sottili fettine di pesce o crostacei, crudi. E nient’altro. La difficoltà di questo piatto consiste nell’abilità del taglio: non ci si improvvisa artisti del sashimi da un giorno all’altro, occorre una preparazione lunga e complessa. Oltretutto, trattandosi di pesce crudo, deve essere della migliore qualità, freschissimo. All’arte del taglio si affianca quella della disposizione nel piatto: torna il discorso sul senso della bellezza nella cucina giapponese. Il sashimi non è mai adagiato a caso nel piatto che lo contiene.



Alcune pietanze sono cotte in modalità Tempura: è un nome di origine portoghese: i giapponesi infatti appresero questo metodo di cottura dai mercanti sbarcati nell’arcipelago nel 1500. Si tratta di una pastella di acqua e farina in cui si immergono verdure, ma anche pesci, crostacei e molluschi, per poi friggerli, mantenendoli leggeri e croccanti.



Anche in Giappone come in India vengono portati contemporaneamente tutti i cibi, slegandosi dalla separazione tra primo, secondo, contorno, frutta tipicamente occidentale, e molti piatti sono conviviali, nel senso che vengono cotti oppure si attinge tutti da un piatto centrale.



Alcuni consilgi pratici e parole da usare a tavola:



Itadakimasu: equivale al nostro "buon appetito"
Kanpai: equivale al nostro "cin cin"
Gochisosama: si dice alla fine del pasto e significa "il pasto era delizioso e nutriente"
Bacchette: sono presenti ad ogni pasto e vengono adoperate per quasi tutti i cibi; quando non le si usa bisogna appoggiarle sull'apposito sostegno o appoggiarle alla ciotola più bassa. Non vanno infilate nel riso e non si deve passare il cibo da una bacchetta all'altra (atti che si compiono durante i funerali). E' maleducazione usarle per indicare qualcuno o qualcosa. Per servirsi da un piatto di portata si deve girarle e usarle dalla parte che non si è portato alla bocca.
Portate: non esiste un antipasto, un "primo" e un "secondo"; tutte le portate vengono servite contemporaneamente. Di solito si inizia il pasto bevendo il brodo e successivamente si mangiano i cibi via via più saporiti, partendo dal riso bianco.
Bevande: tradizionalmente durante il pasto si beve solo il brodo; bere il tè mentre si mangia è un'usanza di origine cinese.
Zuppe: si bevono direttamente dalle ciotole in cui sono servite mentre gli ingredienti solidi che ne fanno parte devono essere presi con le bacchette.



Noodles: per mangiarli non si deve essere inibiti. Devono essere gustati bollenti direttamente dal brodo e quindi risucchiati rapidamente aspirando contemporaneamente aria per raffreddarli. Se mangiati correttamente si emette un forte rumore, così come per bere il rimanente brodo. Questo "rumore", sgradevole a noi occidentali, è invece gradito ai giapponesi perché significa che la pietanza è molto gustosa.

Ciotola: può essere portata tranquillamente all'altezza del petto.

Melmo Staff

lunedì 16 febbraio 2009

Rosa, Domaine de Tanella.





Oggi descrivo un vino semisconosciuto ma veramente di rilievo.
Il vino in questione si chiama Rosa e lo produce un'azienda corsa che si chiama Domaine de Tanella.
L'anno non lo so perchè la bottiglia (come potete vedere nella foto) non ha etichetta e da quello che c'è scritto non sono riuscito a risalire all'anno.
L'azienda si trova nella zona della AOC "Corse Figari" ed ha una produzione differenziata in tipologie chiamate Alexandra, Marc-Aurele e, appunto, questo Rosa.
Il vino in questione è molto buono. Rosa sul trasparente alla vista, al naso è profumato di spezie e frutta rossa. Al palato è deciso e fresco, avvolgente e succoso. Un finale non lungo ma equilibrato lo definisce bene.
Non ho idea di quanto costi perchè è un regalo, ma di sicuro se lo trovate ... accattatevillo!


Stefano.

sabato 14 febbraio 2009

Gigi Buffon, Numero 1.


Ho letto questo libro in breve tempo, come si conviene a quasi tutti i libri di sportivi. Un po’ perché trattano di temi appassionanti, un po’ perché di cose da raccontare non è che ce ne siano poi molte.
Il libro di Buffon non mi è piaciuto molto.
Credo che come molti cerchi di sfruttare un momento di apice della carriera, però penso che uno l’autobiografia non la dovrebbe scrivere mentre fa qualcosa ma al limite alla fine di un percorso o di una vita.
Per quanto ci siano ricordi indimenticabili sia in positivo, come la vittoria della Coppa del Mondo, che in negativo, la sconfitta nella finale di Champions League, mi sembra che il tutto sia un po’ povero di contenuti.


Sicuramente esce un quadro di un personaggio atipico e scanzonato, come già sapevamo il grande Gigi essere. Tuttavia mi sembra anche che di cose sconosciute, che dovrebbe raccontare una bella biografia, ce ne siano veramente poche.
In ogni caso, ho letto di peggio.

Gigi Buffon
Numero 1
Rizzoli € 16,00

Stefano.

venerdì 13 febbraio 2009

Barolo Bussia anno 1995, cantina Prunotto.



Ti prende senza che te ne accorgi questo Bussia Prunotto, classe 1995.
Nebbiolo 100% come tradizione vuole, sui 13,5 gradi e soprattutto sui 45-50 euro, ben spesi, in enoteca.
Colore granato abbastanza scuro, al naso è subito aperto con odori di speziatura profonda e tipica.
Note di frutta qua e la con ciliegia in evidenza.
Forse anche un po' di cacao e liquirizia.
Il gusto è allo stesso tempo morbido, ma potente, nobile e intenso.
Il tannino è maturo con una buona persistenza
La struttura è quella classica e ben tenuta, lunga ed ordinata; il bilanciamento è ottimo.
Un vino di livello assoluto.
A me è piaciuto molto, quindi lo straconsiglio.

Marco.

giovedì 12 febbraio 2009

Il backstage di Jesi

Immagini curiose e simpatiche della due giorni enogastronomica di Jesi, all'insegna del buonumore.

mercoledì 11 febbraio 2009

Da agosto scatta il dop sul vino


Da Il sole 24 ore:
Novità in vista sulle bottiglie di vino.
Dal primo agosto è entrato in vigore il regolamento comunitario applicativo sull'etichettatura legato alla nuova organizzazione comune di mercato (Ocm vino), che avrà implicazioni e ricadute importanti sull'intero settore. La bozza, che continua a essere modificata sulla spinta delle richieste dei vari Stati membri, sta suscitando una vivace polemica e un grande fermento.
La principale innovazione è la possibilità di riportare il nome del vitigno e l'annata di raccolta anche sull'etichetta dei vini da tavola, ma senza fare riferimento alle aree geografiche.
Impossibile sarà trovare al supermercato o in enoteca un vino da tavola definito «Barbera d'Asti» o «Sangiovese di Romagna»: tutti i vini dove la varietà della vite è parte integrante di una Doc o Igt non potranno essere venduti come vino da tavola.
Secondo quanto è stato anticipato dal Mipaaf, si prevede che in Italia la possibilità di liberalizzare l'uso del vitigno sarà limitata solo a poche varietà internazionali (Merlot, Cabernet, Chardonnay, Pinot o Sauvignon) mentre resteranno blindate quelle più importanti per la viticoltura nazionale, come il Brunello. Non tutti i Paesi comunitari sono intenzionati a seguire questa politica. Suscita infatti preoccupazione l'eventualità che sul mercato vengano immessi prodotti europei con nomi di vitigni concorrenziali nei confronti delle nostre Dop e Igp, come ad esempio la Barbera di Bulgaria.
Un'altra novità introdotta dalla nuova Ocm riguarda i vini a Igt (Indicazione geografica tipica) per i quali gli Stati membri potranno consentire l'indicazione di una sottozona, ossia di un'area geografica più ristretta rispetto a quella evidenziata in etichetta. Sta facendo molto discutere anche la nuova dizione «vino della Comunità europea», che si applica ai blend di vini provenienti da più Paesi comunitari.
In pratica è la versione semplificata della precedente «melange di vini di diversi Paesi della Comunità europea», già prevista dalla vecchia Ocm, e da sempre poco amata perché ritenuta complessa e poco accattivante.
Ma il tema che ha suscitato maggiormente l'interesse dei mass media, anche sull'onda di informazioni poco precise o distorte, è l'estensione anche ai vini delle denominazioni d'origine finora usate solo nel mondo dei prodotti alimentari: ossia la Dop (Denominazione di origine protetta) e la Igp (Indicazione geografica protetta).
Questi due "bollini" e i loro loghi comunitari potranno essere inseriti nelle etichette al posto, rispettivamente, della Doc (Denominazione origine controllata) e della Igt (Indicazione geografica tipica).Potranno essere classificati come Dop i vini in cui il 100% delle uve proviene dall'area di produzione indicata nel disciplinare e Igp quelli realizzati con almeno l'85% di uve provenienti dalla zona geografica di riferimento. E in entrambi i casi, come avviene per tutti i prodotti alimentari che hanno ottenuto queste denominazioni, il sistema dei controlli sarà demandato a un organismo terzo, esterno alla filiera vitivinicola. Ciò non significa che le vecchie sigle che siamo abituati a leggere sulle etichette delle bottiglie di vino spariranno dal mercato.
L'Unione europea ha di fatto previsto la possibilità per gli Stati membri di mantenere le menzioni tradizionali, quelle che esistono da decenni nel mondo del vino.
Dunque, continueremo a leggere in etichetta le sigle Docg, Doc, Igt per i vini italiani, ma anche Aoc o Vin de Pays per quelli francesi e Landwein per quelli tedeschi. Saranno piuttosto i produttori a decidere quale sigla usare in etichetta: e c'è da scommettere che pochi, perlomeno in Italia, abbandoneranno le vecchie denominazioni.

Ribadisco: la trovo un'inutile e assurda complicazione che tende a favorire tutti, tranne quelli che tradizionalmente producono vino!

Stefano.

martedì 10 febbraio 2009

Teneroni in tegame...


Oggi una ricettina facile facile, tratta da Enotime, cui dovete però abbinare due cose: la prima è un bel Nobile di Montepulciano DOCG coi fiocchi, la seconda è un po' di pazienza, perchè ci vogliono un paio di ore di preparazione!

Ingredienti (per le solite 4 persone): 200 g di carote, 2 teneroni (tranci di
pancia di vitello arrotolata) da g 200 cadauno, Cannella, Paprika, Cipolla,
Brodo vegetale, Olio extravergine d'oliva, Sale, Pepe in grani.


Preparazione: Metti i teneroni in teglia con poco olio, sale, pepe macinato e infornali a 170°C per 45 minuti. Raschia le carote, riducile a rondelle e falle appassire in una casseruola con una cipolla tritata, un filo d'olio, poi unisci i teneroni appena sfornati. Copri la carne di brodo vegetale, aggiungi abbondante paprica e cannella, copri e fai stufare a fuoco medio per circa 1 ora. Servi i teneroni caldi con il loro aromatico intingolo di carote.

...e buon appetito!


Melmo Staff

lunedì 9 febbraio 2009

Duca Enrico anno 1999, cantina Duca di Salaparuta.



Croce e delizia è per me il Duca Enrico.
Me ne innamorai giovincello, enologicamente parlando, e le prime annate bevute furono emozionanti.
Per esempio ricordo un '88 strepitoso, ma il tempo passa, gli enologi cambiano(?), la cura delle materie prime si evolve...ed eccoci qua a parlare di prodotto sempre molto buono, ma qualitativamente al di sotto di vecchie annate.
Per iniziare un grazie a Big Stefano che riuscì a comprare questa bottiglia di vino in una situazione particolare...

Il '99, 100% nero d'avola come sempre, si presenta con un color rosso poco granato, con 14 gradi di alcolicità e un primo approccio al naso di prugna matura.
In bocca mostra un tannino non più giovane, non molto raffinato e non molto elegante.
Stanca subito.
A bicchiere in movimento si scorge qualche nota di amarena e ribes
Di piu' non dico, se non che mi ha parzialmente deluso.Mi aspettavo di piu'.

Ma si tratta di un giudizio personale.


Marco.

sabato 7 febbraio 2009

Il giorno in più, di Fabio Volo.


Per leggere tutti i precedenti libri di Fabio Volo che ho letto secondo me bisognava conoscere un po’ il personaggio.
Molto tranquillo, molto simpatico e anche molto pieno di sé. Questo libro invece è un po’ diverso e ci ho ritrovato meno il Fabio Volo che conosco.
In questo caso c’è una bella storia e un po’ meno il personaggio.
È rimasta la cosa che mi piace di più di lui, quella di vedere le cose con un “pensiero laterale” e di descrivere le situazioni di tutti i giorni che solo quando le leggi dici “è vero, capita anche a me!” perché non ti ci sei mai soffermato a pensare su.
La storia nelle storie stavolta invece manca, o perlomeno io non l’ho trovata.
È una bella storia dicevo, ma proprio una di quelle scaturite da una bellissima idea, che ovviamente non vi racconto. Chiaro che lui non è un romanziere e a volte lo stile diventa molto contorto. Insomma, potrebbe essere sviluppata meglio ma tant’è.
Inoltre quasi tutto è ambientato a New York, dove conto di andare a breve, quindi per me è stato abbastanza utile.
Motivi per comprarlo: bella storia, fantastica descrizione della vita di tutti i giorni, ambientazione a New York.
Motivi per non comprarlo: è un po’ lento, c’è una figura di donna che non esiste e non esisterà mai, a 12 euro c’è tanta concorrenza.
Vedete voi.

Fabio Volo
Il giorno in più
Oscar Mondadori, prezzo € 12.

Stefano.

venerdì 6 febbraio 2009

Attesa spasmodica per il Brunello 2004...

Dal "Il Messaggero.it" di ieri:


Sta crescendo tra gli eno-appassionati l'attesa per il Brunello di Montalcino 2004, annata giudicata dagli esperti tra le più memorabili degli ultimi anni: «È un vino caratterizzato da grande eleganza - spiega Patrizio Cencioni, presidente del Consorzio del Brunello - ed è stato valutato 5 stelle, il massimo del rating».
Il Brunello 2004 debutterà ufficialmente il 20 e 21 febbraio a Montalcino con «Benvenuto Brunello».
Intanto il distretto di Montalcino chiude positivamente il 2008: nonostante la difficile congiuntura economica, il Brunello tiene nei mercati di tutto il mondo. Delle oltre 6 milioni di bottiglie prodotte, il 60% è stato venduto sui mercati internazionali: il 25% dell'export è destinato agli Stati Uniti, il 9% in Germania, il 7% in Svizzera, il 5% in Canada e poi ci sono Inghilterra e Giappone, entrambi con il 3%.
Ma si fanno strada anche nuovi mercati come Nord ed Est Europa.
In America Latina la prima destinazione del Brunello è il Brasile, mentre cresce l'interesse in Messico. Dall'estremo Oriente arriva il 2-3% delle vendite (Corea, Cina e India).


Nel mondo arabo il Brunello si fa strada nei ristoranti di estremo lusso del Dubai. Nel distretto del vino di Montalcino - il cui giro d'affari annuale si attesta sui 130 milioni - si producono mediamente 7 milioni di bottiglie di Brunello l' anno. Oltre al Brunello la produzione di vini di Montalcino annovera il Rosso di Montalcino Doc (4,5 milioni di bottiglie), il Moscadello Doc (80 mila), i vini bianchi e rossi della Doc Sant'Antimo (500 mila), i «supertuscans» (500 mila) e i vini Igt (3 milioni). Dalle vinacce di Brunello si producono inoltre 250 mila bottiglie di grappa. In tutto il territorio operano complessivamente 250 produttori, di cui 200 imbottigliatori. Il 100% dei produttori - unico caso in Italia - sono iscritti al Consorzio del Brunello, l'organo di tutela e di controllo del vino di Montalcino.

giovedì 5 febbraio 2009

Vino di lusso in India con Ferragamo


da Intoscana.it:
La casa di moda fiorentina Ferragamo S.p.A, nota per la produzione di scarpe, borse, occhiali e profumi di alta fattura, si appresta a lanciare sul mercato indiano cinque etichette di vino, attraverso il distributore Finewinesnmore (FWM) di Mumbai e un accordo con la catena alberghiera Marriot International.
La notizia si legge in una nota diffusa dall’Ice di Mumbai.
Le cinque etichette di vino, quattro rossi e un bianco, che FWM porterà sul mercato indiano, si posizioneranno su una duplice fascia di prezzo.
La prima compresa tra le 5.000 e 7.000 rupie (82-116 euro); la seconda e su una fascia di prezzo superiore, compresa tra le 15.000 e le 20.000 rupie (250-330 euro).
Il direttore generale di FWM, Dharti Desai, ha commentato che quello con Ferragamo è un accordo esclusivo della durata di tre anni.
Secondo un recente studio di settore condotto da International Wine & Spirits Record, il consumo di vino in India, considerata come mercato emergente per la categoria dei vini di lusso, raggiungerà i 18,8 milioni di litri nel 2011, dai 6 del 2006.
Città come New Delhi, Mumbai, Chennai, Kolkata e Bangalore rappresentano l'80% delle vendite del mercato.

Stefano.

mercoledì 4 febbraio 2009

Cucina musulmana , seconda parte.




Riprendiamo la descrizione della cucina musulmana. Attenzione che questa parte (in fondo) è per stomaci più forti.




Diverse citazioni del Corano parlano di cibi leciti o meno.
Col passare del tempo si sono aggiunte norme che proibiscono tipi nuovi di cibo ritenuto nocivo; esse vanno dal consiglio di non consumarne (ad esempio caffè e tabacco), alla proibizione formale (le sostanze stupefacenti comunemente dette droghe). Alcune Scuole di Giurisprudenza sconsigliano anche la carne di cane, di gatto, d'asino, i rognoni, il midollo, il cervello, e gli attuali prodotti alimentari con conservanti o altri ingredienti di origine animale, indicati nelle etichette con la lettera E. Proibiti i collageni e le gelatine animali.
Sono dubbi (mushbûh) e quindi in linea di massima da evitare, i cibi contenenti colesterolo, gliceridi, monogliceridi, digliceridi, enzimi, ethoxylato mono- e di-gliceride, acidi grassi, glicerolo e glicerina, stearato di glicerolo, glocogeno, proteine animali idrolisate, pepsine, fosfolipidi, presame (caglio) e siero latteo (naturalmente non lo yogurt e ciò che lo compone, ché anzi è uno dei principali alimenti consumati dalle genti turche), materie derivate da grassi animali.
In definitiva: nel mare magno di quanto oggi l'industria alimentare propone, l'Islamic Food and Nutrition Council of America (P.O.Box 425, Bedford Park, IL 60499) ha oggi stabilito - oltre a quanto detto più sopra - un elenco degli alimenti e loro componenti leciti e illeciti.
Sono stati dichiarati leciti:Aceto, Acido acetico (aceto), Acido ascorbico, Acido citrico, Acido fosforico, Acido ossalico, Acido propionico, Amidi, Aspartame, Benzoato di potassio, Benzoato-Acido benzoico, BHA, BHT, Bromato di potassio, Burro di cacao, Carbonato di calcio, Carragenani, Cloruro d'ammonio, Destrina di malto, Destrina, destrosio, Digliceridi, EDTA, Enzima fungal-proteasi, Ergocalciferolo, Ergosterolo, Fosfato bicalcico, Fosfato di monocalcio, Fosfato tricalcico, Fruttosio, Glucosio, Gomma d'acacia, Latte in polvere non grasso, Lecitina, Lieviti, Lievito di panetteria, Malto, Melassa, Monosaccaridi, MSG (Glutammato di sodio), Nitrati, Nitriti, Olio di soia, Olio idrogenato, Olio vegetale parzialmente idrogenato, Olio vegetale, PABA, Prodotti Peptici, Propionato, Proteina di soia, Proteine vegetali idrolizzate, Saccarina, Sale, Sciroppo di mais, Soia, Solfato d'ammonio, Solfato di ferro, Sucrosio, Tapioca.
Comunque, riguardo alle carni commestibili, per l'Islam in generale:vi sono animali il cui consumo è lecito (halâl).Vi sono animali il cui consumo è dubbio, sospetto, preferibilmente da evitare (mushbûh ).Vi sono animali il cui consumo è proibito, illecito (harâm - termine che significa anche: sacro, inviolabile).
Vi sono animali il cui consumo è abominevole (makrûh).La carne di pesce è lecita.
La selvaggina è lecita solo se il cacciatore è musulmano e se sparando pronuncia la formula tasmiya (Bismillâhi, Âllâhu âkbar: Nel Nome di Dio, Dio è il più grande), o se, catturata la preda viva, la dissangua ritualmente.
Dietro il versamento di un'elemosina a un povero sono leciti anche l'onagro e la iena.L'animale trovato morto (mayta, la carogna) è proibito, tranne nei soliti casi di necessità assoluta (Corano: V, 3).



Tuttavia, la carne degli animali leciti è commestibile solo a condizione che essi siano stati macellati secondo il rituale, ossia secondo le prescrizioni sciaraitiche (termine derivato dal vocabolo arabo Sharî`a: la Legge religiosa islamica). Pertanto la carne degli animali da macello (bovini, ovini, caprini) e degli animali da cortile (conigli, pollame) è lecita solo se sono stati macellati secondo le regole islamiche, ossia:a) il macellatore deve essere musulmanob) l'animale deve essere adagiato sul suo fianco sinistro, con la testa volta alla Ka'bac) il taglio della gola deve essere eseguito: 1) con una lama affilatissima, senza assolutamente intaccare la spina dorsale, 2) recidendo con un unico, veloce colpo le vene carotidi, le arterie giugulari, la trachea e l'esofago; 3) il taglio va fatto alla base del collo se il collo è lungo (cammello, giraffa, struzzo, oca), o nella parte più alta del collo se è corto (bovini, ovini, caprini); 4) va fatto con la mano destra, mentre la sinistra tiene ferma la testa dell'animale.d) il taglio NON va preceduto da stordimento dell'animalee) l'animale deve essere trattato con rispetto; e posto in un luogo in cui non vi siano tracce di sangue o di bestie macellate, onde evitare che l'odore del sangue terrorizzi l'animale. Esso va accarezzato, tranquillizzato.f) le gambe dell'animale vanno legate, tranne la destra posteriore, affinché l'animale possa muoverla e scalciare, sentendosi così più tranquillo.g) ma, soprattutto: il taglio va preceduto dalla formula già citata prima: Bismillâhi, Âllâhu âkbar.
Se uno di questi precetti non è osservato, la carne dell'animale non è lecita.
Questa macellazione rituale ha lo scopo di far uscire il sangue dall'animale. Infatti il sangue è carico di tossine negative per l'essere umano, e se l'animale si spaventa per la morte imminente scarica nel sangue adrenalina, pur essa tossica.
Il taglio della gola fa sì che, con la mancanza di ossigeno al cervello, la morte dell'animale sia immediata, mentre i riflessi condizionati continuano a far sì che il sangue venga espulso dal corpo.
Macellazione sciaraitica in Italia.
L'Italia ha assunto la normativa della Comunità Europea, le cui norme sono diverse da quelle ebraiche e musulmane.
Tuttavia è stata prevista una deroga a beneficio delle Comunità minoritarie, e quindi la macellazione sciaraitica è autorizzata.
Pertanto è stato stabilito che la macellazione venga eseguita da macellai musulmani incaricati dalle Comunità e accreditati presso i macelli dagli organi rappresentativi musulmani, che debbono controllare il rispetto delle regole.


Stefano.

martedì 3 febbraio 2009

Primo Kosher Bistrot d'Europa a Roma



E' stato da poco inaugurato, il 20 Novembre scorso nel Ghetto di Roma, il primo wine-bar kosher d'Europa. Più precisamente il posto si trova in via Santa Maria del Pianto 68 nel rione Sant’Angelo.

Dall'insalata lavata foglia per foglia, alla carne rigorosamente controllata dai rabbini, i prodotti sono tutti certificati come impongono le regole alimentari ebraiche.
Il locale propone piu' di 200 etichette di vino provenienti da tutto il mondo, qualcuna naturalmente è anche italiana, accanto a prodotti della tradizione ebraica come carne secca, coppiette e salame di manzo, caratteristici della cucina giudaico-romanesca.
Il fatto che tutti i cibi e le bevande siano kosher rappresenta una garanzia di qualita' per tutti, tanto che la Regione sta avviando una filiera alimentare specifica.

Una inaugurazione - ha commentato il presidente della comunita' ebraica Riccardo Pacifici - che si inserisce nel grande fermento degli ultimi mesi, in cui abbiamo assistito all'apertura di tre ristoranti kosher (in tutto su Roma sono 15) alla ristrutturazione della libreria del ghetto che riaprira' a gennaio e alla trasformazione della scuola pubblica di piazza delle Cinque Scole da pubblica in ebraica''.
Il kosher-bistrot propone oltre a 200 etichette di vino provenienti da tutto il mondo, anche l'happy hour serale sia per grandi che per piccini.
Una novita' assoluta infatti e' rappresentato dal menu' a misura di bimbo a base di frullati, centrifughe, tramezzini e mini dessert.
''Gli italiani anche non ebrei - ha detto il titolare del locale Angelo Terracina - hanno cominciato a preferire i prodotti kosher perche' maggiormente controllati e inoltre attraverso il cibo si possono conoscere anche culture diverse''.
E sul concetto di diversita' intesa come fonte di ricchezza si sono soffermati anche il rabbino capo Riccardo Disegni e il presidente della Provincia Nicola Zingaretti.

Insomma, da provare!

Stefano.

lunedì 2 febbraio 2009

Brunello di Montalcino 2000 Mastrojanni



L'azienda Mastrojanni è una realtà abbastanza importante della viticoltura di Montalcino, con i suoi 24 ettari di vigne coltivate. Produce due varietà di Brunello, una riserva denominata Schiena d'Asino e una base, semplicemente brunello, oltre al rosso e a cuvèe di sangiovese e bordolesi.
Questo brunello si fa tre anni di botte e un altro anno di affinamento in bottiglia.
Io ho assaggiato il Brunello base 2000 e onestamente l'ho trovato molto interessante.

Colore rosso granato con riflessi rubini, al naso si apre con un bel ventaglio di sapori fruttati (amarena, prugna e frutti di bosco), di sottobosco e l'immancabile cuoio.
Al palato il tanino arriva in maniera equilibrata, ma presente. Non male il contrasto con l'acidità. Il finale è mediamente persistente.

Girovagando un po' ho scoperto che l'azienda era molto conosciuta e rispettata per la scrupolosa cura dei vigneti e delle rese (massimo 50q,.li/h). Speriamo che la recente acquisizione da parte del gruppo Illy (quello del caffè) non cambi le cose.

Il costo del vino si aggira sui 35 euro (anche se quello che ho bevuto io mi è stato regalato). Credo che, appena possibile, proverò anche lo Schiena d'Asino.


Stefano.