domenica 30 settembre 2007

La Nostra incredibile voracità.

La redazione ha deciso di comune accordo di "riportare a nuovo" questo pezzo poiche' esso, se pur pubblicato molto tempo fa, continua a ricevere interventi ed opinioni sempre molto interessanti
Così facendo speriamo di farvi un gradito accorgimento...
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Da Panorama on line di Lunedì 6 agosto 2007 e pubblicato dal Melmo Blog la prima volta il giorno 7 Settembre 2007.



Sushi di cervo o con anatra affumicata.Sono le nuove varianti della più famosa specialità del Giappone. La crescita esponenziale della domanda di sushi e sashimi in paesi come Stati Uniti, Russia, Corea del Sud, Cina, e anche Italia, ha prodotto infatti nel Sol Levante un significativo aumento dei prezzi e una progressiva insufficienza di pesce fresco, soprattutto di tonno: la pietanza più prelibata del Paese, quella che in Giappone, dal maguro all’otoro, presenta tante varietà quante quelle dei formaggi francesi.
Anche un incremento dei volumi del pescato non sarebbe sufficiente a colmare la scarsità di tonno. Perché negli ultimi anni la pesca intensiva non ha fatto altro che sfoltire i banchi di pesce. Per stabilizzare la popolazione marina, il governo ha deciso nel 2005 una riduzione del 20% dei volumi di pesca ma, anche a distanza di due anni, il tonno più rinomato, quello dalla pinna blu, nelle varianti nordica, del Pacifico e meridionale, continua a scarseggiare. In mare, nei ristoranti e nei supermercati.
Shigekazu Ozoe, proprietario di un famoso sushi bar di Tokyo, Fukuzushi, ha raccontato all’International Herald Tribune che “filetti di cervo e di cavallo possono diventare una buona alternativa al tonno perché hanno il medesimo colore rossiccio.Inoltre, la carne è morbida e, soprattutto, non emana cattivi odori”. Tadashi Yamagata, vice direttore dell’unione nazionale degli chef di sushi, evidenzia invece come cogliere i vantaggi della globalizzazione culinaria. Dal suo punto di vista, anche i giapponesi dovrebbero “importare” le varianti di sushi più in voga negli Stati Uniti, come quella con anatra affumicata e maionese o quella con ricci di mare e daikon (una sorta di grande ravanello bianco) triturato. Ma cosa piacerà davvero ai giapponesi?

Di Claudia Astarita.


Riporto quest'articolo, pur essendo ormai vecchio di un mese, perchè mi da modo di fare una riflessione sulla razza umana e sul suo...appetito.
Nel particolare si parla di sushi e in primo piano ci sono i giapponesi.
Se questi famelici "musi gialli"(detto con simpatia) dopo aver messo le mani sui tonni, dopo aver fatto fuoco e fulmini per cacciare le ultime balene rimaste, se dopo aver infranto ogni regola per mangiare quel che a loro garba di più', senza rispetto alcuno delle regole dell'ecosistema si buttano sui cervi e sulle anatre...addio ad altri due esemplari della natura !
Scherzi a parte, non staremo esagerando con la nostra insaziabile voracità ?
Mi chiedo e vi chiedo se ci sono limiti e quali essi siano in materia di gastronomia, anche e soprattutto verso specie che sono molto vicine all'estinzione.

Marco

sabato 29 settembre 2007

Il labirinto greco, di Manuel Vazquez Montalbàn.



Forse il miglior libro che ho letto fin'ora della "saga Montalban".

Scritto nel 1993, ma ambientato nella Barcellona che si deve rifar nuova in vista delle olimpiadi imminenti, ci restituisce un detective piu'in forma che mai, con dei personaggi complicati da capire e da immaginare.
Il titolo non tragga in inganno: i casi che deve risolvere il Nostro sono due e se il primo è legato ad un labirinto greco, il secondo ci riporta indietro alla riscoperta di un personaggio che già avevamo sfiorato in un altro libro.
Poche pagine, appena 152, ma dense d'emozioni e che ti prendono al collo e non ti lasciano andar via.

Marco.
Il labirinto greco, Edizioni Universale Feltrinelli, euro 6,50.

venerdì 28 settembre 2007

Conosciamo un'amica del Blog...

Emanuela è la penna marchigiana del Melmo blog.

E' la moglie di quel tizio , non troppo raccomandabile di nome Marco, che si è fatto fotografare con una bistecca di 4 chili e ottanta in mano...
Dietro quell'aria da brava e diplomatica ragazza si nasconde un animo di bevitrice che non "sente santi" al fine di bere un buon bicchiere.Basti dire che se potesse, farebbe organizzare tutte le sagre d'Europa nel suo cortile di casa.
Da quella cittadina che è Jesi ci aiuta a scrivere pezzi, ci da consigli da esperta sui vini e , in futuro, ci racconterà tutta la saga del maghetto Harry Potter...
Tanti motivi per conoscerla meglio.




1)Cosa pensi del Melmo Club ?

Mi piace un sacco (da noi si dice muntobè) e mi fa ridere (cioè mi mette allegria!)

2)Cosa pensi del Melmo Blog ?

E’ il primo blog dove ho visto pubblicate delle cose scritte da me riguardo argomenti che mi piacciono un sacco, quindi…gli voglio bene!!!


3)Hai partecipato al Melmo-day numero 4 cosa ti è piaciuto di piu’ e cosa cambieresti?

Mi sono piaciuti davvero tanto:
- i sottobicchieri di simo
- la tavola appena apparecchiata
- l’antipasto numero uno di Stefano e Roberta
- il vino di Stefano

Se potessi cambiare qualcosa sarebbe l’attuale impossibilità di abbinare il vino al piatto. Cioè, si potrebbero sempre fare le degustazioni alla cieca (in maniera tale che solo chi propone il vino sa che è il suo) ma cucinare il piatto in base al vino (o portare il vino in base al piatto che si è deciso di cucinare). Ovviamente questo presuppone che il proponente del vino sia molto obiettivo nel giudicare e valutare cioè che ha portato!


4)Se dovessi organizzare tu il prossimo Melmo Day, senza limitazioni, dove lo organizzeresti?

Nella mia casa situata sulle ridenti colline marchigiane a bordo piscina (la limitazione purtroppo c’è ed è data dal fatto che la casa in campagna non ce l’ho come non c’ho la piscina!!!)


5)In tema di vini: Bianchista o Rossista ?

Per le mie conoscenze attuali non ho preferenze. Dipende dall’umore del momento, dal piatto che sto mangiando, dalla temperatura del posto in cui mi trovo. Comunque non rifiuto mai né un bianco né un rosso…né tanto meno un vino dolce o uno spumantizzato.


6)Sempre in tema di vini: Nordista o sudista ?

Conosco troppi pochi vini del nord e troppi pochi vini del sud per poter decidere. Adesso direi sudista perché ho un panorama più ampio seppure limitatissimo!!


7)Dacci il tuo podio di…Vino !

Sempre perché di vini del panorama nazionale ne conosco veramente pochi, vi posso dare il mio podio di vino relativo ai vini marchigiani

Bianco: 1. Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico – Passito Tordiruta di Terre Cortesi Moncaro (tutte le annate fino ad ora); 2. IGT Marche Bianco La Breccia – Montecappone annate 2004 e 2006 3. Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Vigna delle Oche – Fattoria San Lorenzo (tutte le annate fino ad ora)

Rosso: 1. IGT Marche Rosso Kurni – Azienda Agricola Oasi degli Angeli (no mi ricordo l’anno, ma sarà stato tipo un 2001 ma forse forse pure un 1999) 2. IGT Marche Rosso Ludi – Velenosi (tutti gli anni fino ad ora) 3. IGT Marche Rosso Pix – Boccadigabbia (non mi ricordo l’anno, ma sarà stato tipo un 2001 o un 2003)

8) Risposta secca: Sangiovese o Sagrantino ?
Sagrantino

9)Barolo o Nero d’Avola ?

…posso rispondere a fine settembre? Non ho mai assaggiato Barolo fino ad ora ma lo farò molto presto!


10) La tavola per te: sofferenza o piacere ?

Piacere, senza dubbio.


11)La pietanza a cui non sai proprio resistere ?

I cannelloni e i cappelletti in brodo di mia mamma.


12)Carne o pesce ?

Carne.


13)Dolce o salato ?

Salato il mattino e dolce la sera..oppure alternati dolce e salato nello stesso pasto…insomma tutti e due senza preferenze.


14) Abbinami tre scrittori che apprezzi a tre delizie della tavola, vini compresi.

Isabelle Allende – le bolognesi di nonna Dea (petto di pollo fritto con sopra prosciutto crudo e mozzarella ripassato in forno) con un meraviglioso Sauvignon cileno di cui non mi ricordo mai il nome, ma che bevo sempre ai locali di Moreno Cedroni (Santa Marta?? – Santa Monica??…non mi ricordo).
Jane Austen – la prima cosa che mi viene è una bella tisana calda con i biscotti “pergolesini” e “marmorizzati” di un negozio di Jesi, ma visto che ci deve essere il vino mi sposto su una torta cioccolato e frutta secca e un vino dolce siciliano.

E mi fermo qui perché gli altri scrittori vengono tutti a pari merito … per ora.


15)Quale città italiana ti stimola l’appetito e a cosa pensi ?

Sono tante quelle che mi stimolano l’appetito, ma proprio parecchie…ultimamente però mi sono fissata con la Sicilia (lo so che non è una città) e con la sua cucina regionale che non ho mai provato. Se però devo proprio dire una città adesso mi viene in mente Napoli con la pizza e la pizza fritta.

16)Abbina una città straniera ad una pietanza.

Helsinki alla zuppa di salmone e patate (che in genere non mi piace ma che lassù mi è piaciuta tanto)..

17)Il vino piu’ buono che hai bevuto ?

Fino ad ora il Kurni di cui sopra.


18)Il miglior locale dove sei stata ?

Il ristorante Uliassi di Senigallia.


19)Per quanto ti conosca sei molto appassionata al tuo hobby-lavoro nel settore enologico,allora ti chiedo:per una perfetta serata-degustazione quali sono gli “ingredienti” che non possono mancare ?
E cosa è fortemente sconsigliato ?

Per una perfetta serata degustazione si consiglia una buona compagnia, del buon cibo e voglia di stare insieme. Mentre sono fortemente sconsigliati i musi lunghi, i pensieri poco piacevoli (se ci sono e non si può scacciarli tanto vale non fare serate di degustazione) e i cibi che falsano i sapori (tipo: finocchi, limoni, carciofi o gelato).
Non guasta nemmeno avere il bicchiere adatto al tipo di vino, il vino adatto al tipo di cibo e al tipo di serata. Faccio un esempio: è estate e fanno 40 gradi con una percentuale di umidità dell’80%? Perché degustare a pranzo tagliatelle al ragu’, brasato al barolo e grandi vini rossi serviti in flute da spumante? Non sarebbe meglio una serata in giardino con vini bianchi abbinati a piatti di pesce? Ops…sembra il Melmo Day n° 4 mi sbaglio?!?!? ;)


20)Dimmi il nome di un personaggio famoso che porteresti a cena , dove e cosa berresti?

Giuseppe Tornatore per parlargli della mia tesi di laurea e poi regalargliela visto che sono stata tanto così dal fargli un’intervista (ho parlato con la sua segretaria personale 2 volte). Alla Madonnina del Pescatore di Senigallia perché non ci sono mai stata e sono curiosissima di provare oppure da Vissani per gli stessi motivi. Ordinerei un Sassicaia perché spero che paghi lui.

21)Se ti proponessero di fare un lavoro che compete al 100% nel settore enogastronomico, accetteresti ?

Dove devo firmare?


22)Cosa ti piace e cosa non ti piace del paese in cui vivi ?

Mi fa imbestialire l’ipocrisia della nostra classe politica ma ancora di più di quelli che votano sempre da una parte per gli ideali sono morti e sepolti insieme a San Francesco (sarebbe utile per i lettori conoscere a questo proposito il famoso detto di mio padre “Il primo vero comunista al mondo è stato Gesù Cristo e l’ultimo San Francesco”).
Mi piace quel no so che che ha permesso che i più grandi geni del mondo appartengano al nostro paese gente tipo Leonardo da Vinci, Michelangelo, Sergio Leone e così via.


23)L’ultima, immancabile, alla Marzullo: meglio vincere o convincere?

VINCERE!!!


Pensiero finale a ruota libera.

Mamma mia che fatica che è stata rispondere…non me lo immaginavo!
Pensiero a carattere enologico…visto che siamo a settembre (quando i fichi e l’uva pende, si dice da noi) consiglio di fare una passeggiata per le campagne coltivate a vigneti nei pressi delle cantine se capita…il profumo che si sente è troppo buono!!

E per finire: buone degustazioni a tutti !!

giovedì 27 settembre 2007

I vini della Valle d'Aosta









Solleticato da un suggerimento del Sig. Nando, mi sono messo a fare una ricerca sull'enologia e sulla produzione vitivinicola della Valle d'Aosta. Un territorio effettivamente non celeberrimo dal punto di vista enologico ma invece ricco di diversi vitigni autoctoni e di tanti vini di qualità. Vi propongo quel che ne è emerso.




Le condizioni climatiche della Valle d'Aosta, unitamente alle caratteristiche dei terreni e alla loro esposizione, giacitura e pendenza, sono i punti di forza di una viticoltura di montagna che, inserita in un ambiente ancora incontaminato, ha saputo evolversi con modernità e oggi rappresenta una realtà di grande valore. I vigneti si snodano lungo tutto il versante esposto a mezzogiorno della Valle, che prende il nome di "adret", su terrazzamenti con pendenze tali da permettere ai raggi del sole di giungere sull'uva con un angolo di inclinazione di 90°, apportando maggiore energia alla vite e di conseguenza migliore qualità del vino. La vite viene coltivata fra i 300-400 metri della Bassa Valle e i 1.225 m sul livello del mare di Morgex, in Alta Valle: i più alti vigneti d'Europa. La scarsità delle piogge, il clima secco e le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte durante il periodo di maturazione accentuano l'intensità dei profumi dei vini valdostani.






In questo scenario i valdostani, con la pazienza e la tenacia che caratterizza i popoli alpini, hanno sviluppato una viticoltura eroica caratterizzata da terrazzamenti e muri a secco per aumentare la superficie disponibile e per smorzare i forti dislivelli, dalla difficoltà di meccanizzazione e dal ricorso alla difesa integrata, per salvaguardare la genuinità e la tipicità dei propri prodotti. Con coraggio e costanza i viticoltori valdostani hanno curato i loro piccoli appezzamenti, sapendosi rinnovare e imboccando la strada della selezione e della qualità. Il reimpianto di vigneti, la tutela dei vitigni autoctoni, gli investimenti in cantine cooperative (caves cooperatives), il ricorso alla difesa integrata fanno della vitivinicoltura regionale la punta di diamante di un sistema agroalimentare che ambisce a distinguersi per la genuinità e la tipicità dei suoi prodotti.



Puntando sulla specificità del vino legata al territorio (circa 600 ettari coltivati a vite) ne è scaturita una produzione qualitativamente rinomata, seppur modesta in termini quantitativi: 47 mila quintali di uva per poco più di un milione di bottiglie, ossia all’incirca 750.000 litri. Una goccia nell’oceano della produzione italiana, 52,6 milioni di ettolitri. Ma come spesso accade, una produzione di nicchia riesce a sfruttare altri fattori, come la qualità e le caratteristiche peculiari del territorio di origine. Ampia e qualificata è la gamma dei vini a Denominazione di Origine Controllata riuniti sotto l’unica DOC Valle d’Aosta - Vallée d’Aoste con un’immagine tale da conferire ai protagonisti la giusta impronta per proporsi sui mercati nazionali e internazionali.

Alcuni vini sono prodotti su tutto il territorio coltivabile regionale, mentre altri sono esclusivi di alcune sotto zone ( i primi accanto alla denominazione regionale prevedono la specifica Bianco, Rosso o Rosato oppure il nome del vitigno, i secondi il nome del territorio specifico di provenienza). Il settore vitivinicolo valdostano ha saputo conquistare la fiducia dei consumatori. I vitigni Sono spesso autoctoni (originari cioè della regione) e con caratteristiche organolettiche raramente riscontrabili in altre regioni italiane.





La Doc Valle d’Aosta si divide in 9 sotto zone:




Valle D'Aosta D.O.C. regionale
Valle D'Aosta D.O.C. a indicazione di vitigno
Valle D'Aosta Arnad-Montjovet in 7 comuni della provincia di Aosta tra cui Arnad e Montjovet.
Valle D'Aosta Blanc de Morgex et de la Salle nei comuni di Morgex e La Salle
Valle D'Aosta Chambave in 15 comuni tra cui Chambave
Valle D'Aosta Donnas in 4 comuni della bassa valle tra cui Donnas
Valle D'Aosta Enfer D'Arvier nel comune d'Arvier
Valle D'Aosta Nus: 5 comuni tra cui Nus e Aosta
Valle D'Aosta Torrette in 10 comuni Aosta compresa

Si può effettuare una panoramica della produzione enologica valdostana suddividendo la valle stessa in bassa, centrale e alta.

BASSA VALLE

Inizia da Point-Saint-Martin e si articola per 25 Km sino a Montjovet, attraverso uno scenario unico lungo l'antica Via delle Gallie, sormontata da stupendi castelli e un fantastico panorama alpino con le pendici dei monti disegnate dai vigneti a terrazze. Per quanto riguarda i vitigni, il principale è il Nebbiolo (detto localmente Picoutener o Picotendro), che è presente in quantità rilevanti nell'uvaggio del Donnas e dell' Arnad-Montjovet. Vi sono pure vitigni autoctoni come il Neyret e Freisa blù, così come nella zona di Montjovet inizia la coltivazione del Vien de Nuse e del Cornallin

I Vini D.O.C.

Valle D'Aosta Arnad-Montjovet
L’inserimento di altre uve nell’uvaggio dell’Arnad-Montjovet è consentito solamente se prodotte nel vigneto di proprietà dell’azienda e non acquistate fuori, ciò fa sì che il consumatore può riscontrare, in base alle annate e ai produttori, sottili ma significative differenze; oltre ad Arnad questo vino è prodotto nei comuni di Issogne, Verrès e Challand. I vigneti sono prevalentemente coltivati a pergola, un tempo sostenuti da pali di castagno selvatico, oggi dal meno elegante cemento precompresso; la produzione annua si aggira intorno a circa 9500 bottiglie.
Uve: Nebbiolo (70 -100%), Gamay e/o Dolcetto e/o Vien de Nus e/o Pinot Nero e/o Neyret e/o Freisa (0-30%).

Valle D'Aosta Donnas
Questo vino si distacca notevolmente da tutti gli altri vini valdostani, in quanto come caratteristiche, essendo più austero, più tannico e meno fruttato, è più simile ai vini piemontesi in particolare al vicino Carema sia per ragioni climatiche, per il terreno e soprattutto per il tipo di vitigno: il nebbiolo. Un altro fattore che caratterizza questo tipo di vino, rispetto agli altri della valle, è il periodo di invecchiamento in legno, che, per il disciplinare, non può essere inferiore ai 24 mesi. Come il Carema e altri vini a base di nebbiolo provenienti da vini freddi (es: vini della Valtellina), il Donnas ha una struttura acida decisa, e solo raramente è compensata da un corpo pieno e potente. Il Donnas infine è il primo vino della Valle d’Aosta ad aver ottenuto la DOC nel 1971 seguito l’anno dopo dall’ Enfer d’Arvier.
Uve: Nebbiolo o Picoutener o Picotendro (85 -100%), Neyret e/o Freisa (0-15%).









VALLE CENTRALE

E' il tratto compreso tra Saint Vincent e tra abitati di Arvier e Saint Nicolas con Aosta più o meno al centro, questi 45 km offrono un condensato delle caratteristiche tipiche della valle: l'ambiente quasi mediterraneo del bacino di Chantillon e la piana di Aosta incorniciata dai pendii collinari ricoperti di vigneti fino alle terrazze in quota di Arvier che fanno da preambolo a quelle ancor più vertiginose di Morgex. Il vitigno più caratteristico è l'autoctono Petit Rouge, coltivato anche nell'Enveres, versante a settentrione, le sue uve entrano nella D.O.C. Torrette (molto in auge nel 1600) e nell'Enfer D'Arvier,vino di eccellente qualità. Altri vitigni autoctoni sono il Vien de Nus, il Fumin e Neyet mentre importati sono Gamay, Pinot nero, Dolcetto e Freisa. I vitigni ad uve bianche non sono di grande rilievo, citiamo Pinot bianco, Pinot grigio, Petit Arvine ( importato dal vallese e che da interessanti risultati ), Muller Thurgau, Chardonnay e Moscato bianco.

I Vini D.O.C.

Valle D'Aosta Chambave Rosso (o rouge)
E’ uno dei rossi valdostani prodotti nei tipici terrazzamenti ben esposti prodotti nella zona di Chambave e dintorni,
Uve: Petit Rouge (60 -75%), Dolcetto e/o Gamay e/o Pinot Nero (25-40%) , altre (0-15%) Petit Rouge (60 -75%), Dolcetto e/o Gamay e/o Pinot Nero (25-40%) , altre (0-15%)




Valle D'Aosta Chambave Moscato (Muscat)
Il moscato bianco appartiene alla grande famiglia dei moscati introdotti in Italia in età greco-romanica. In Valle D’Aosta il suo habitat ideale è lungo il versante sinistro della Dora Baltea ed è prodotto in una piccola zona vitata di Chambave e altri comuni vicini tra cui Saint Vincent, le uve provengono da vigneti esposti a sud-est a quote comprese tra i 480 e i 650 mt. La vendemmia avviene tra fine settembre ed inizio ottobre , sebbene prodotto in limitate quantità questo prodotto può essere considerato il vino valdostano più significativo.
Uve: Uve: Moscato bianco (100%)

Valle D'Aosta Chambave Moscato Passito (Muscat Fletrì)
Le uve e la zona di produzione sono le medesime del precedente, mentre la tecnica di vinificazione è differente in quanto il vino vine prodotto da uve passite.
Uve: Moscato bianco (100%) sottoposto ad appassimento su appositi graticci in ambienti asciutti e bui.

Valle D'Aosta Nus Rosso ( Rouge )
Si produce nel borgo di Nus dove è stata fondata la 1^ associazione di vignaioli valdostani
Uve:Vien de Nus ( 50-80%), Petit Rouge e/o Pinot Nero ( 30-50%), altri (0-20%)

Valle D'Aosta Nus Malvoise
Si produce nei territori vitati posti sulla riva sinistra della Dora Baltea, Nus, Verrayes, Quart, Saint Christophe e Aosta.
Uve: Pinot Grigio di Malvoise ( 100% )

Valle D'Aosta Malvoise
Passito La produzione avviene nei medesimi territori della versione normale.
Uve: Pinot Grigio di Malvoise ( 100% )

Valle D'Aosta Torrette
Si produce ad Aosta e in una cerchia di comuni vicini al capoluogo come Sarre, Aymavilles e Villeneuve.
Uve: Petit Rouge ( 70-100% ) , Vien de Nus e/o Fumin e/o Mayolet e/o Pinot Nero e/o Gamay e/o Premetta ( 0-30%)

Valle D'Aosta Enfer D'Arvier
Prodotto nei vigneti terrazzati che sovrastano Arvier fino a 800-1.000 mt. di altitudine , in cui il sole scalda a tal punto le pietre in certe giornate d’estate che è quasi impossibile toccarle (da qui il nome d’inferno che si da al vino).La produzione annua di questo vino è di circa 27000 bottiglie, infatti la resa molto bassa (60 quintali per ettaro) non consente una grossa produzione, in compenso però si ottiene un eccellente qualità.
Uve: Petit rouge ( 85 -100%), Vien du Nus e/o Neyret e/o Dolcetto e/o Pinot Nero e/o Gamay ( 0 -15% )

ALTA VALLE

L'Alta Valle inizia con la stretta di Pierre Taillèe poco prima di Avise, enologicamente è molto interessante la parte compresa tra Morgex e La Valle, in cui riesce a prosperare un solo vitigno: Il Blanc de Morgex, dal punto di vista turistico spettacolari sono i resti antichi della comunità montana di Courmayer, i bellissimi pascoli incorniciati dai boschi e gli splendidi ghiacciai del Monte Bianco.




I Vni DOC

Valle D'Aosta Blanc de Morgex et de La Salle
La storia del Blanc de Morgex è incerta e misteriosa: secondo una credenza locale sarebbe stato portato da alcuni coloni del vallese, chiamati nel 1630 a ripopolare la Valle D’Aosta, decimata da un epidemia di peste; c’è però chi pensa si tratti di un vitigno autoctono, frutto di selezioni fatte attraverso i secoli. Posti a quote variabili tra i 900 e i 1300 mt. sul mare, nel territorio di Morgex e La Salle, i vigneti, da cui si ricava questo grande bianco, sono fra i più alti d’Europa, la buona esposizione al sole favorisce la coltura della vite permettendo a questo particolare bianco di ottenere ottimi risultati. Esiste anche in versione spumante (extra brut, brut e demisec ) .
Uve: Blanc de Morgex (100%).





Tra le curiosità dell’enologia valdostana, infine, va ricordato che la Cave di Donnas, cooperativa agricola della bassa Valle d'Aosta, apre un nuovo mercato per l'enologia valdostana avendo proposto nel 2007 il primo vino aromatizzato valdostano: un nebbiolo aromatizzato con erbe di montagna, spezie e scorze d'arancia, dal nome di 'Donatium'. Pur ispirandosi al 'Barolo chinato', il più nobile dei nebbioli aromatizzati, si propone di essere un unicum nel panorama enologico nazionale. Considerato il grado alcolico (circa 15°) si può gustare accompagnato con la cioccolata ma anche come digestivo.


Stefano

mercoledì 26 settembre 2007

Cioccoterapia



Anche oggi un contributo per la serie "nuove leve del Melmo Blog". Si parla di cioccolato (e a me già è venuta una discreta voglia) e colui che vi parla è un'esperto di forma fisica e di alimentazione, che scrive anche su riviste specializzate. Siamo perciò lieti che abbia voluto condividere con noi le sue conoscenze. Per chi volesse conoscerlo, lo trovate nella sua palestra Body Scorpion, via di Boccea 319 (pubblicità occulta, ma meritata)!





Solo la magia del cioccolato
può mettere d’accordo
i più golosi
e gli eterni
seguaci
della forma fisica.


Che il cioccolato fosse un potente antidepressivo è cosa nota a tutti, chi non ha mai passato tristi serate cercando di farsi consolare da un barattolone di Nutella?
Sappiamo infatti che il cacao facilita la produzione di endorfine stimolando le sensazioni di euforia ed attenuando il dolore. Tantissimi altri sono i pregi di questo antico alimento. Al di là dell’impareggiabile gusto anche sotto il profilo nutrizionale il cioccolato è un alimento validissimo: contiene più ferro di uova e carne rossa, più fosforo del merluzzo, più magnesio di qualunque altro alimento. Studi sperimentali affermano che il cioccolato fondente, grazie al suo alto contenuto di polifenolo (la stessa sostanza contenuta nel vino rosso) , alle giuste dosi, combatte l’ipertensione e può ridurre del 10% il tasso di colesterolo.
Magari, senza scendere nei dettagli, si potrebbe attribuire al cioccolato anche un forte potere afrodisiaco, ricordate il film Chocolat?


Ma la vera novità, frutto delle ricerche più innovative ed esclusive nell’impiego del Cacao e del Cioccolato, è l’utilizzo di tale sostanza per la bellezza ed il benessere della pelle. E’ la CIOCCOTERAPIA. Profumati bagni e fanghi in vasche di cioccolata aromatica, dolci trattamenti esfolianti con cioccolato alle nocciole, morbide e soffici mouse per impacchi idratanti di cioccolato fondente, caldi massaggi tonificanti con olio al cioccolato... il tutto, naturalmente, inframmezzato da attente e variate degustazioni magari accompagnate da un passito di Pantelleria o un Barolo chinato.
Forse qualcuno potrebbe essere un poco scettico ma……bisogna provarlo!!!!
E’ una esperienza da non perdere, una incredibile cascata di emozioni in grado di coinvolgere ed affascinare magicamente tutti e cinque i sensi.


Marco A.



martedì 25 settembre 2007

Fraschetta del Mare - Anzio





Descrivere la Fraschetta del Mare non è cosa semplice se non si fa un preambolo, che loro stessi in realtà fanno dinanzi all'ingresso. Alla fraschetta si mangia pesce, diversi antipasti e un primo, a prezzo fisso: 15 € (escluse bevande). La prima impressione che si avrebbe, a due metri da Romolo e Alceste e a quattro da Pierino, è quella di un posto scadente. Tutt'altro.


In effetti la cucina è ottima e il prezzo è giustificato da due condizioni: il menù fisso e una cucina di pesce povero. Intendiamoci: tutto il pesce è povero perché finisce in padella (ah ah ah...), ma tra di loro esistono pesci più ricercati che sono considerati ricchi (astice, rombo, etc.) e pesci meno ricercati considerati poveri in senso stretto (scorfano, sgombro, bianchetti, etc.). Il pesce che una volta i pescatori si portavano a casa per cucinarsi piatti tipo la Zuppa di Pesce, oggi estremamente considerata, ma che nasce come piatto appunto povero.


La differenza ricco-povero non la fa, tra l'altro, la connotazione soggettiva e storica di chi cucina, ma il mercato. Dato infatti che Anzio è celeberrima per il mercato del pesce, tanto che vengono in diversi a comprarlo persino da Roma, al ritorno in porto dei pescherecci le cassette con il pesce ricco in parte vanno ai mercati e ai grandi distributori, quel che rimane viene venduto sul molo. Il pesce povero viene invece messo da subito in altre cassette e a volte mischiato per tipologie. E' questo tipo di pesce che viene acquistato, logicamente a prezzi più bassi e cucinato, anche in maniera ricercata. Oggi la Fraschetta è molto conosciuta anche dai pescatori e questo, se da un lato fa si che se non prenoti prima il posto non lo vedi neanche col binocolo, dall'altro ha permesso alla proprietà di incrementare anche la qualità della cucina perché ora i pescatori fanno a gara per servirla.


Ho cercato di riassumere in poche righe quel che troverete scritto all'ingresso dal loro. Perché qualcuno (compreso il sottoscritto la prima volta) il dubbio legittimo che possa mangiare male o peggio ancora non di qualità se lo fa venire considerando il prezzo. Dubbio che si affievolisce quando leggi il cartello (segno che il problema è percepito) e che sparisce quando arrivano le pietanze.


Visto che ho perso un po' di tempo con il preambolo, passo alla sintetica descrizione di quel che abbiamo mangiato, anticipando che era tutto molto buono:


- bruschette con mozzarella e alici
- panzanella con pomodoro e sgombro
- bianchetti fritti
- baccalà in pastella
- pesce locale gratinato
- pescatrice alla cacciatora
- pesce spada olive e capperi
- scorfano alla livornese
- spaghetti con scampetti

Unica nota negativa per il sottoscritto è stata la rana pescatrice alla cacciatora ma solo perché a me non fa impazzire la cacciatora in se (delusione accentuata dal fatto che la pescatrice è il mio pesce preferito...).


Due parole sulla carta dei vini: ci sono un discreto numero etichette, ovviamente tutte di bianco, divise per regioni, con qualche sconfinamento in altri lidi vinaioli (Francia, Cile, etc.). I ricarichi non sono bassi ma neanche vergognosi (ho visto ben di peggio ad Anzio). Noi abbiamo optato per un Moscato Secco di Terracina "Oppidum", un Igt della Cantina Sant'Andrea. Se lo dovrebbero ricordare anche gli Jesini perché è uno dei vini che avevamo scelto con Roby di portare loro. Un vino che ha goduto di diversi riconoscimenti (che troverete sul sito linkato) tra cui il premio regionale del "Berebene Gambero Rosso" 2007. Il costo? 8 €!


LA FRASCHETTA DEL MARE
Corso del popolo, 38
Anzio - Tel 06 6228851


Stefano

lunedì 24 settembre 2007

Itinerari gastronomici.

Da Panorama.it del 17\09\07,
di Elisa Canetti.

Ad Appiano, sulla strada del vino di Bolzano, le chiamano “pecore rosse”. Sono gli assaggiatori di vino novello che, il 10 novembre, girano di cantina in cantina ad assaggiare il nettare dei tini, il Nuie. Rosse come il colore che in autunno riveste le Dolomiti d’un colore spettacolare. È questa, infatti, la stagione più bella per visitare l’Alto Adige. Tanto più che la regione è ricca di iniziative di ogni genere, da quelle gastronomiche a quelle sportive, che anche nel resto dell’anno richiamano escursionisti e scalatori da ogni dove.



Quest’anno poi c’è un motivo in più: lo storico trenino del Renon calcherà la vecchia ferrovia che collega Soprabolzano a Collalbo. Sei chilometri tra boschi e caprioli (il suo primo viaggio risale al 1907). Una bella occasione per visitare anche i dintorni a fermarsi a fare il Törggelen, l’antica pressatura dell’uva oggi diventata un percorso di degustazione (qui gli indirizzi) di delizie stagionali nei masi (krapfen al papavero o al mirtillo rosso, straubn alla marmellata, caldarroste…).
Chi è nei dintorni tra il 16 settembre e il 28 ottobre può godersi anche lo Schupfenfest di San Genesio (passeggiate e degustazioni di malga in malga), la Cavalcata del vino (un viaggio in minibus tra musei e cantine), gli assaggi del celebre Gewürztraminer (l’aromatico vino bianco che ha reso famosa in tutto il mondo la regione), la festa della zucca a Bolzano (un tripudio di arte per mano di cuochi, giardinieri e fioristi), la Tramine weingassl di Termeno (un percorso per gli stretti vicoli del paese, tra cantine e ristoranti). E ancora tantissimi eventi sportivi, dalla Südtirol marathon del 7 ottobre alle escursioni naturalistiche guidate. Servono altri motivi?



Questo splendido pezzo che copio-incollo da Panorama mi da modo di chiedervi:quanti di Voi fanno itinerari enogastronomici ?
L'avete mai fatto ? Vi state organizzando per farne qualcuno ?
Quanti di Voi pur di bere nettare prelibato in anteprima calcolano le loro vacanze in determinati giorni ?
Penso che sia sempre molto bello unire il relax della vacanza, anche quand'essa è mini tipo un week end, con dei sapori buoni o dei vini prestigiosi.
Non vi nego che talvolta la dislocazione della capitale è troppo lontana da alcune zone dove mi "fionderei" di corsa pur di partecipare a fiere, mostre o semplici degustazioni...




Marco

domenica 23 settembre 2007

Il centravanti è stato assassinato verso sera, di Manuel Vazquez Montalban.


"...Perché avete usurpato il ruolo degli dèi che in altri tempi guidarono la condotta degli uomini, senza arrecare conforti soprannaturali, ma soltanto la terapia dell'irrazionale.
Perché il vostro centravanti vi fa gestire vittorie e sconfitte dalla comoda poltrona di cesari minori: il centravanti verrà ucciso all'imbrunire."
E' una lettera anonima indirizzata alla squadra di calcio più ricca del mondo, ma in momentaneo ribasso.

Per questo si è comprata il miglior centravanti inglese.
E per tutelare l'incolumità della star calcistica dal delirio di un folle, il presidente della società chiama in suo aiuto il nostro Pepe Carvalho, che si vede così costretto in una nuova avventura barcellonese, in una città sconvolta dai lavori e dalle speculazioni per i Giochi Olimpici del 1992.
In verità il centravanti in pericolo è un altro...e sarà il prezzo di un'assurda speculazione edilizia.
Un thriller per giallisti-sportivi e sportivi-giallisti.

Non c'è calciofilo nè giallista che possa fare a meno di leggere questo libricino, davvero molto bello, intrigante e sorprendente.

Il Centravanti è stato assassinato verso sera, Universale Economica Feltrinelli, prezzo Euro 6,50.

sabato 22 settembre 2007

Tanti Auguri al fortissimo Stefano !!!




Oggi quest'uomo invecchia di un anno...
Non si direbbe, ma nonostante l'eta avanzata è ancora una buona forchetta e soprattutto un buon trinchetto !!
Amici vicini e lontani, simpatici ed antipatici, creditori e debitori...insieme gli fanno TANTI AUGURI DI BUON COMPLEANNO !!!

Il Melmo Staff.

venerdì 21 settembre 2007

IX Fiera Enologica Taurasi




Oggi, per la serie "nuove leve del Melmo Blog" siamo orgogliosi di
presentare il contributo di Max, che da tempo ci segue e da un po' aveva
promesso di collaborare. Con questo pezzo il ghiaccio è rotto, ed ora non gli
resta altro che scrivere quanto più possibile.
Stefano

Finalmente, con l’occasione della mia partecipazione “per caso” a questa fiera, collaboro con il Melmo Blog!

Dicevo partecipazione per caso in quanto non ero andato in quei luoghi per la Fiera, ma semplicemente per trascorrere qualche giorno in campagna, ospitato dai nonni della mia fidanzata.

Iniziamo dal luogo, che da il nome anche al celeberrimo vino, Taurasi: piccolo comune adagiato sulle colline dell’Irpinia, si trova a circa 400 mt. di altezza in un’area prettamente agricola dove i vitigni, in particolare l’Aglianico, la fanno da padrone (per chi volesse info tecniche sull’aglianico, mi sembrano esaurienti quelle che ho trovato al http://www.tigulliovino.it/vitigni/vitigni_lista_aglianico.htm). Al turista “per caso” (o anche di proposito), offre relax (a pochi chilometri ci sono anche delle terme naturali), gente cordiale e simpatica (perlomeno le persone che ho avuto modo di conoscere io!), una posizione strategica per fare eventuali gite tra Campania, Puglia e Basilicata senza stare in automobile più di 2 ore (80 Km da Salerno e dalla Costiera Amalfitana, 85 km da Foggia, 115 dal Gargano…) ma soprattutto offre un vino eccellente in grado di ammaliare anche i palati più raffinati. Unica “nota dolente” per un eventuale turista (ma forse è un bene, soprattutto per gli abitanti del luogo…) è la presenza nel suo territorio di una sola struttura ricettiva, un bed & breakfast, con pochissimi posti letto. Nonostante ciò, devo dire che alla Fiera Enologica erano presenti grandi quantità di forestieri, come il sottoscritto.




La kermesse enogastro(sboro)nomica si è svolta nel centro storico del paese,offrendo 3 tipi di stand: stand eno-gastronomici approntati dalla ProLoco, stand di aziende locali (cibo, vino e cianfrusaglie "da fiera"), stand di privati cittadini che offrivano specialità veramente fatte in casa. Quelli del primo tipo, dislocati nella piazza centrale, permettevano di degustare fusilli al pomodoro, spiedini e salsicce, vini locali di tutte le cantine da 3 a 50 euro, il tutto ovviamente dopo aver atteso in una interminabile coda di persone affamate e assetate...(sempre che non conosci qualcuno che lavora agli stand…).

Devo dire ottima la carta dei vini, ce ne era per tutti i gusti e per tutti i portafogli. L'unica pecca era pero' sui “low-cost”: scegliendo il vino da tavola base, la cantina veniva scelta dallo staff dello stand, per cui era possibile scegliere solo spendendo almeno 8-9 € per una bottiglia. Molto più divertente era pero il girovagare tra gli stand di aziende e di privati, dislocati nella piazza ma anche nei vicoli del centro storico (molto carino, tipico borgo medioevale) dentro locali che in realtà sono i saloni, i cortiletti o gli ingressi di casa di qualcuno e non sono negozi ufficiali, presso i quali si potevano degustare formaggi locali, di pecora, di capra, di bufala (e non bufale…) freschi e stagionati, tra i quali ricordo in particolare una caciotta di pecora al vino rosso (un piattino tra i 2 e i 5 € a seconda dello stand), salumi locali, dolci, pizzilli fritti (pasta per la pizza fritta con sopra pomodoro, mozzarella e basilico), vini, oli e liquori (tra cui ricordo i vini della Tenuta Pepe, una nuova cantina la cui offerta non era presente nello stand del vino della ProLoco ma di cui vale la pena assaggiare i vini), dolci di tutti i tipi, tra cui ricordo in particolare le zeppole di patate (ciambelle fritte) fatte veramente in casa di un piccolo stand situato proprio sotto il palco dove si esibivano musicisti e intrattenitori. Certo, perché ovviamente come ogni “sagra” che si rispetti c'erano anche qui cantautori diversi a esibirsi ogni sera. Su quest'aspetto un plauso va agli organizzatori, che hanno saputo attenersi alle tradizioni e non sono caduti nella tentazione di chiamare personaggi famosi (o che erano tali qualche annetto fa...),ex sanremesi “desaparecidos” o simili, come in genere fanno ad agosto nelle sagre di paese.
Si esibivano infatti tutti gruppi e cantanti legati in qualche modo alla musica tradizionale del sud dell'Italia, con tarante e tammuriate varie (tra i vari, ricordo Folkabbestia, James Senese e i Napoli Centrale e i I Tammurriarè, il cui nome è tutto un programma (per chi volesse sapere altro, tutte le informazioni sulla fiera enologica sono reperibili sui siti http://www.comune.taurasi.av.it/, sito ufficiale del Comune di Taurasi e http://www.prolocotaurasi.it/ , sito della ProLoco).


Tutto, ma dico proprio tutto, inclusi i vestiti…innaffiato con ottimo vino.
Per i più sofisticati, si poteva anche scegliere al prezzo di 10 € la degustazione a tema presso il Castello di Taurasi, gioiello medioevale recentemente ristrutturato, in cui ogni sera si sono tenuti eventi degustativi di vario tipo (rossi locali ovviamente, ma anche bianchi, spumanti, insomma per tutti i gusti!).

Mentre se ci si accontentava del tavolaccio in piazza preso dopo liti furibonde coi vassoi pieni in mano, ma con il calore, la musica e la giocosità tipici di una festa, beh allora si poteva semplicemente scegliere un ottimo vino allo stand!

Personalmente, ho bevuto vari Taurasi d.o.c.g., ma devo dire che quelli che mi hanno colpito di più (escludendo il più famoso Mastroberardino che puoi comprare anche all’Ipercoop, buono ma non eccezionale), sono stati il Taurasi Vigna Macchia dei Goti 2003 Antonio Caggiano (semplicemente divino, link alla scheda tecnica per i più sofisticati http://www.cantinecaggiano.it/aglianico_taurasi_docg.php ) e il Taurasi 2003 dell’Antica Hirpinia (sul sito www.anticahirpinia.it/, in flash, trovate la scheda), buono a detta del mio palato e del mio olfatto (non esperti).





Il primo costa un pochino di più del secondo, ma avendo avuto modo di visitare (purtroppo senza macchina fotografica!) le cantine Caggiano, ora so che la scelta di prezzo non è di puro marketing, anzi è ben più che giustificata dai metodi artigianali di produzione adottati (botti di rovere francese di diverso tipo, assenza di pompe per il travaso effettuato a caduta, ecc.).

2 vini bianchi che ho assaggiato e che ritengo ottimi, invece, sono il Greco di Tufo Devon sempre Antonio Caggiano (scheda http://www.cantinecaggiano.it/greco_di_tufo.php e Il Greco di Tufo delle Tenuta Cavalier Pepe (scheda al http://www.tenutapepe.it/bianco2.html), ma ce ne erano anche altri di buoni, sarà che io prediligo il greco di tufo.

Insomma, tanti buoni motivi per passare il Ferragosto da quelle parti! Io credo che oramai per diventerà un appuntamento immancabile. Certo, basta non aspettarsi divertimenti folli per ferragosto come Rimini e Riccione! Anche se forse il tasso alcolico medio è lo stesso, se non più alto…

Chiudendo, un particolare ringraziamento per le informazioni e per le visite va al mio amico Luca, e un altro a Mirko per aver “guidato” me e Rosa appena arrivati lì!

Max

giovedì 20 settembre 2007

Un omaggio al Re dei vini...


"I primi ricordi che ho del Barolo sono legati, negli anni della puerizia, a dei pacchi che arrivavano in prossimità delle feste.
Un omaccione sempre diverso suonava il citofono e mio Babbo, contento come un bambino, faceva le scale 4 a 4 per scendere il piu’ in fretta possibile.
E così che fosse Natale, Pasqua o qualche altra festa, per un po’ di tempo la mia attenzione non erano più le palle rosse dell’albero di Natale oppure la possibile sorpresa che risiedeva nell’uovo di Pasqua, ma bensì i contenuti di quei pacchi.
Tra un po’ di polistirolo, che sembrava neve, e tanta carta uscivano queste bottiglie.
Mio padre, col sorriso a cinquantaquattro denti, “ne cantava le gesta”…ed io, prima di spargere il polistirolo per tutta casa, rimanevo a vedere come dovevano essere sistemate, come venivano catalogate.
Papà mi sembrava matto, ma proprio impazzito del tutto…Mai avrei immaginato che a distanza di vent’anni la sua pazzia mi avrebbe contagiato in maniera irreversibile
. "

Il Barolo è un vino prodotto dalla fermentazione di uve Nebbiolo nelle tre varietà: Michet, Rosè e Lampia. Il Rosè da vini abbastanza scarichi ed è quasi del tutto scomparso. Il Michet, raro anch’esso, è considerato, a torto o a ragione non so, il prodotto della virosi sulla sottovarietà ampia con bassissime rese, ma elevata qualità. Il Lampia è il più presente nei vigneti di Langa.

E’un D.O.C.G. che invecchia minimo tre anni a decorrere dal primo gennaio dell’anno successivo alla vendemmia, di cui almeno due in botti di rovere o castagno. La scelta del rovere e della dimensione della botte è lasciata all’esperienza del vinificatore, per cui la maturazione si può sia avere nelle grandi botti tradizionali che nelle botti di medie dimensioni .
Se il periodo d’invecchiamento si prolunga fino a cinque anni può parlarsi di Riserva.
E’ consentita l’aggiunta , a scopo migliorativo, di vino più giovane ad identico Barolo più vecchio e viceversa nella misura massima del 15%.
In etichetta deve figurare il millesimo relativo al vino che concorre in misura preponderante a riempire la “boccia”.
Alla produzione del Barolo sono considerati idonei unicamente i vitigni posti in terreni collinari di natura argillosa-calcarea ben esposti al sole e la resa di uva per ettaro è rigidamente regolamentata da apposito Disciplinare.
Le zone di produzione sono tutte piemontesi e si trovano in prevalenza nella provincia di Cuneo, nello specifico nell’omonimo comune Barolo, a Castiglione Falletto, a Serralunga d’Alba, a La Morra (circa il 30% della produzione globale), a Manforte d’Alba, a Roddi, a Verduno, a Cherasco, a Diano d’Alba, a Novello e Grinzane Cavour.
Gli ettari coltivati complessivamente sono circa 1.250 per arrivare a circa 7 milioni e mezzo di bottiglie all’anno.
Il colore del Barolo è un rosso granato che assume riflessi arancioni percepibili nell’anello esterno della superficie del vino nel bicchiere, a contatto col vetro.
Il profumo intenso e netto, con sentori floreali, con l’invecchiamento prevalgono sentori di frutta poi sensazioni di sottobosco e terre bagnate.
Il sapore è sempre asciutto, pieno robusto e austero, ma allo stesso tempo morbido, armonico ed avvolgente.
La sua gradazione alcolica minima è tra i 12,5 e i 13 gradi.
E’ un vino d’invecchiamento, per ciò è praticamente impossibile dire quanti anni può rimanere in bottiglia. Sulla maturazione della “boccia” incidono almeno tre fattori:l’annata, il cru e la conservazione.

Il Nebbiolo deve il suo nome alla nebbia, sia perché l’uva matura tardi, sia perché gli acini presentano sulla superficie esterna un’intensa pruina che conferisce una tonalità grigio-argentata al naturale colore viola, quasi annebbiandolo.

Cenni di storia.

Il Barolo ha una storia molto antica e sono molti i personaggi storici che lo hanno gustato e da esso sono rimasti stregati.
Le prime notizie certe di cui si ha riscontro ci riportano al 1200, quando i Marchesi Folletti acquistano il Feudo ed il Castello di Barolo, iniziando la coltivazione dei vigneti.
Nell’Ottocento il Barolo ha il periodo di massimo splendore. Gran parte dei personaggi che verranno ricordati nel Risorgimento Italiano sono soliti degustare Barolo quando e dove possono.
Ancora si narra la storia dell’offerta, da parte della marchesa Falletta, al re Carlo Alberto di 300 e più carrà di Barolo, in seguito all’espresso desiderio del Re di assaggiare quel vino nuovo.
L’omaggio passò alla storia per via del modo: le carrà erano infatti delle enormi botti della capacità di circa 500 litri che occupavano,all’epoca , un intero carro.
Ci vuole poco ad immaginarsi lo stupore e la curiosità della gente che soleva passeggiare già allora sotto i portici nel veder passare per via Roma, con direzione Palazzo Reale,tutti quei carri…
Carlo Alberto fu così entusiasta che in seguito comprò tutto il podere, tutte le tenute, Castello compreso.
Anche Camillo Benso conte di Cavour ha la sua parte di merito nell’evoluzione di questo vino.
Lui, con l’aiuto dell’enologo Oudart, vinificò per la prima volta un Nebbiolo più secco, secondo quelle che erano le tendenze dell’epoca. E questa tipologia di Nebbiolo conquisterà prima Torino e poi L’Italia intera prima di diventare un vino mondiale.
Si pensi che già alla fine del secolo scorso il Barolo era considerato il più grande dei vini italiani, anche all’estero, dove cominciava la sua esportazione.



Abbinamenti e istruzioni per l’uso.

L’eccezionale corposità di questo splendido e nobile vino insieme all’ottima gradazione alcolica rendono il Re dei Vini adatto all’abbinamento con arrosti di carni rosse e selvaggina di primo pelo.
In generale un buon bicchiere di Barolo va sempre giù bene con i brasati, la cacciagione, i cibi tartufati, i formaggi di montagna a pasta dura molto stagionati e i bolliti misti.
Se si vuole provare a fine pasto diventa obbligatoria la pasticceria secca.
Molto importante è la temperatura di servizio,intorno ai 20-22 gradi C, che deve essere raggiunta gradualmente senza esporre la “boccia” a shock termici o a sbalzi di temperatura repentini che porterebbero un profondo squilibrio senza possibilità di ripresa.
Il bicchiere dove bere il Barolo deve essere capiente, “panzuto” a forma di tulipano, con stelo piuttosto lungo, di cristallo se possibile e ovviamente incolore.
Da alcuni anni è in commercio un bicchiere appositamente creato per la degustazione del Nostro che si chiama “Piemonte”, appunto…
Di solito il barolo si beve molto invecchiato per cui, quasi sempre, si pone il problema dello scaraffamento-si o scaraffamento-no.
Personalmente, dopo colloqui illuminanti con persone dottissime dell’argomento, rimango molto reticente a scaraffare un signor vino che ha molti anni sulle spalle, ma se si tratta di un Barolo molto invecchiato, che abbia lasciato un certo sedimento sul fondo della bottiglia o la cosiddetta camicia sulle pareti, è indispensabile la decantazione in caraffa di cristallo.
Tutto ciò per favorire una giusta ossigenazione del liquido liberandolo da “puzzette varie” e per gustare i più reconditi profumi.




Marco.

mercoledì 19 settembre 2007

Enoteca Del Gatto - Anzio





Mi sembra doveroso, da frequentatore ormai pluriennale di quell'amena località di villeggiatura che è Anzio, citare e soprattuto enfatizzare quel meraviglioso posto che è l'Enoteca Del Gatto. In pieno centro, a due passi dal porto offre parecchie prelibatezze enogastronomiche. Anzitutto una discreta scelta di vini, bianchi, rossi, dolci, spumanti e champagne: pur non avendo degli spazi enormi a disposizione si rimane impressionati dalla saggezza delle scelte (tutte case di rilievo), dall'assortimento e soprattuto dai ricarichi onesti (non omogenei, però). Prevalenza per l'Italia, ovviamente, ma deciso sconfinamento in Francia, specie per quel che riguarda le bollicine. Tra gli scaffali ho avuto l'occasione di adocchiare anche due mitiche bocce da 1/2 litro: un Sassicaia 2003 e un Ornellaia 1999 (quest'ultimo quotato 50 €). E poi passiti vari di pantelleria e special guest il mio champagne preferito: il Philipponnat.



Come se non bastasse, la scelta si allarga su altri orizzonti: superalcolici (in particolare parecchi brandy), cioccolata, the, spezie, pasta e altro ancora, tutte rigorosamente ricercate in termini di qualità.



Da un paio di anni a questa parte poi, le sere estive, l'enoteca predispone dei tavolini all'aperto dove consumare un aperitivo, un appetizer o un dopocena. A disposizione, oltre alle bottiglie, anche dei bicchieri a degustazione degli alcolici, drink e cocktail vari. Io e Roby ci siamo capitati - o meglio ci siamo andati di proposito dopo una piacevole esperienza lo scorso anno - per un aperitivo nell'attesa di andare alla Fraschetta del Mare. Abbiamo optato per un classico Cà del Bosco Franciacorta e per un mai sentito Dubl Rosè di Feudi San Gregorio. Io personalmente sono un grande amante delle bollicine rosate e devo dire che questo Feudi mi ha sorpreso piacevolmente. Direi che per certi versi è il contrario del Franciacorta poiché arriva al dolce quasi alla fine e persiste a lungo. Meno entusiasti ci ha lasciati il prezzo, 23 € la bottiglia, che forse è un po' elevato. Sul Cà del Bosco.... chevvelodicoaffà? Buonissimo.






Abbiamo pagato 5 € il bicchiere di Cà del Bosco e 6,5 € quello di Dubl. Gentilmente offerti dei grissini bassi e ciccioni di cui non ricordo il nome ma che la mia dolce consorte conosce e se vorrà lo aggiungerà lei. Volendo si possono avere anche degli stuzzichini più particolari e variegati (ne ho visto in vetrina anche uno a base di cous cous).



A degustazione quella sera (varia tutti i giorni) c'era in carta anche il trebbiano di Marina Cvetic, che qualcuno dello Staff ricorderà. Tutti i prezzi oscillavano tra i 3,5 € e gli 8 € al bicchiere.



Enoteca del Gatto

Via Mazzini, 20

00042 Anzio (Roma)

Tel. 06 9846269 - FAX 06 9848211





Stefano

martedì 18 settembre 2007

Donne e Vino



Sono sempre più le donne che amano il vino e che, per soddisfare questa loro passione, si concedono vacanze alla scoperta di nuovi sapori e nuovi profumi: è quanto emerso dalla ricerca Vino e turismo al femminile presentata a Siena dalla fondatrice del Movimento turismo del vino, Donatella Cinelli Colombini, presso il Bastione San Filippo della Fortezza Medicea.




“L’identikit è piuttosto definito: se è giovane è colta e beve poco ma bene, mentre con l’innalzarsi dell’età cresce la sua attenzione al prezzo”, ha precisato la Cinelli Colombini. Al centro del dibattito, anche i consumi al femminile: "le giovani donne, fortemente scolarizzate, nella scelta del vino non guardano al grande nome o alla bottiglia importante, ma a come impiegarlo nei rapporti interpersonali", ha sottolineato Donatella Cinelli Colombini.




"L'identikit della consumatrice di vino e' piuttosto definito: se è giovane è colta e beve poco ma bene, mentre con l'innalzarsi dell'età cresce la sua attenzione al prezzo", ha evidenziato la Cinelli Colombini. Rispetto ai maschi, che rimangono i principali consumatori, sono più coinvolte emotivamente nelle scelte e più motivate dal desiderio di conoscere, mentre meno degli uomini sono condizionate dall'abitudine. "Se guadiamo gli stili di consumo", ha evidenzato ancora la Cinelli Colombini, "il 32% delle donne italiane si dichiara pronta a bere una bottiglia di vino con le amiche.




Per le donne, infatti, il vino è un complemento della socializzazione e uno strumento di relazione interpersonale. Le wine lovers nostrane iniziano a gustare il vino intorno ai 20 anni e poi cercano di acculturarsi, da qui la crescita esponenziale della frequenza femminile nei corsi per sommelier". "La donna è, dunque, il nuovo protagonista del mercato del vino", ha concluso Donatella Cinelli Colombini, "ma anche nel turismo è ormai una grande opinion leader. Crescono le donne fra i turisti del vino e c’è persino un’agenzia Women & Wine che organizza viaggi, incontri e degustazioni riservate alle donne appassionate di grandi bottiglie’‘.

lunedì 17 settembre 2007

Vendemmia 2007





Quella del 2007 è una vendemmia tra le più scarse degli ultimi 50 anni, denuncia l'Assoenologi, l'Associazione enologi enotecnici italiani, che divulga le tradizionali prime stime di inizio settembre. Si produrranno 43 milioni e 200 mila ettolitri di vino, il 13% in meno rispetto al 2006 (quando si registrarono 49.631.000 ettolitri), mentre le contrattazioni saranno caratterizzate da aumenti dei prezzi all'ingrosso compresi tra il 5 e il 20%. Per trovare una vendemmia inferiore a quella attuale bisogna tornare al 1957, quando si produssero circa 43 milioni di ettolitri.

Colpa del clima: la vendemmia 2007 sarà ricordata, infatti, anche per essere una delle più anticipate degli ultimi 70 anni. Le operazioni di raccolta, in alcune zone, sono iniziate nella prima decade di agosto, con un anticipo che va dai 10 ai 20 giorni rispetto alla media pluriennale. Questa situazione è stata determinata dalle condizioni climatiche, come sottolinea Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi: «L'inverno 2006/2007 è stato fra i più miti e meno piovosi degli ultimi decenni, il mese di aprile il più caldo degli ultimi 50 anni, mentre quello di luglio, in particolar modo nel Centro Sud, il più afoso degli ultimi cinque lustri; agosto ha fatto registrare temperature torride al Sud e nella media al Nord, dove alcune precipitazioni sono state alquanto benefiche per la vite».




Proprio la situazione climatica ha determinato una segmentazione della produzione che comunque, secondo Assoenologi, consentirà di ottenere una qualità eterogenea, in alcuni casi eccellente. Il decremento produttivo ha le sue massime punte nel Sud Italia ed in particolare in Sicilia dove, in certe zone, si raggiungono punte anche di -50% rispetto allo scorso anno. Dai negativi anche per l'Abruzzo, che denuncia un -20% nella produzione. Nei giorni scorsi il 90% della produzione dell'Amarone della Valpolicella - che vale decine di milioni di euro - è stato dichiarato perduto dai coltivatori della zona, a causa delle forti grandinate. In decisa controtendenza le stime di altre regioni, come il Friuli Venezia Giulia, dove si prevede una produzione superiore del 10% rispetto al 2006 e un'ottima qualità dell'uva.



«Ci aspettiamo vini di grande struttura ed eleganza - spiega Lamberto Frescobaldi, responsabile produzione della Marchesi de’ Frescobaldi Spa - Perché eccellente è la qualità delle uve che abbiamo vendemmiato e di quelle che vendemmieremo, visto che le viti non sono state sottoposte né a stress idrici né a eccessivi sbalzi di temperatura». Gli fa eco Enrico Viglierchio, direttore generale di Castello Banfi, azienda leader che ha rilanciato Montalcino nel mondo: «Se il clima resta stabile ci aspettiamo una vendemmia molto buona. Per adesso, abbiamo finito la raccolta dei vitigni a bacca bianca, con risultati qualitativi convincenti e stiamo iniziando a vendemmiare i rossi precoci, merlot e syrah, dalle eccellenti caratteristiche qualitative». Più cauto Filippo Chia, giovane patron dell’azienda Castello Romitorio (creata e gestita con il padre Sandro, uno dei più quotati pittori della Transavanguardia) di cui è da poco consulente l’enologo Carlo Ferrini: «La vendemmia 2007 è molto bella per quanto riguarda le uve provenienti dalle zone più fresche dell’azienda, ma per adesso - conclude Chia - non mi sento di dare giudizi definitivi». E Filippo Mazzei del Castello di Fonterutoli nel Chianti: «Per ora abbiamo vendemmiato soltanto il merlot, procederemo con il sangiovese soltanto a metà della prossima settimana. Siamo ottimisti». Vendemmia anticipata a Montepulciano: «Abbiamo cominciato venerdì a raccogliere il merlot - spiega Miriam Caporali, a capo della Tenuta Valdipiatta, una delle piccole-grandi aziende che stanno rilanciando il territorio del Poliziano - e non cominceremo la vendemmia del sangiovese prima di domani, 10 giorni tondi in anticipo rispetto all’anno scorso. Le uve sono molto sane e, tempo permettendo, ci aspettiamo una bella vendemmia». A sud, nella zona del Morellino, è sostanzialmente rientrato l’anticipo della vendemmia. «Tra maggio e giugno eravamo veramente preoccupati - spiega Jacopo Biondi Santi, uno dei nomi più famosi nel mondo dell’Italia del vino e proprietario del Castello di Montepò, storica fortezza medioevale di Scansano - ma le ondate di caldo specie a luglio hanno riportato indietro l’orologio della vendemmia. Abbiamo, per ora, raccolto il merlot, e non cominceremo che nella prossima settimana con i sangiovese più giovani. Se il tempo rimane stabile dovrebbe essere una bellissima vendemmia».



I vigneti francesi della Champagne hanno tratto beneficio da un clima incredibilmente mite, il più mite dal 1950. In particolare, è nella parte nord – orientale della regione champenoise che le temperature medie invernali hanno superato il dato storico normale di circa 3 gradi, con solo pochi giorni di gelate fino a oggi. Queste condizioni climatiche hanno permesso alla vegetazione di conservare i suoi colori naturali, e hanno consentito ai prati della Champagne di restare verdi durante tutto l’inverno. Già l’autunno scorso era stato piuttosto clemente, e i ceppi avevano potuto mantenere fino a tardi le loro foglie: tutte condizioni favorevoli, queste, affinché i vigneti mettessero da parte le loro riserve necessarie a una futura, promettente vendemmia.
E se la vendemmia 2006 era stata generosa sia nella quantità sia nella qualità, i vigneron della Champagne ora trattengono il respiro in attesa degli esiti della vendemmia 2007. Le operazioni di potatura si sono svolte con grande regolarità durante l’inverno. Nessuna gelata significativa è sopraggiunta ad alterare lo sviluppo delle gemme. Le vigne sono state potate e sistemate; i germogli si sono inturgiditi molto rapidamente nel mese di marzo, all’apparire di un tempo decisamente primaverile. Un abbassamento repentino delle temperature a fine marzo / primi aprile – fortunatamente senza conseguenze successive – ha fatto per un attimo temere l’attacco alle viti da parte di differenti tipologie di parassiti. Grazie al sopraggiungere di giornate quasi estive, che nella valle della Marna hanno fatto toccare anche i 30 gradi, nel mese di aprile la vegetazione ha preso un grande slancio, e ha fatto registrare un anticipo vegetativo di 2 – 3 settimane sulla media delle annate precedenti. Questo è il motivo, comunque, per cui i vigneron della Champagne incrociano trepidi le dita, a scongiurare un deprecabile peggioramento delle temperature che potrebbe danneggiare la giovane e fragile vegetazione dei vigneti.



Stefano

sabato 15 settembre 2007

Azienda Vinicola I Pampini - Nettuno






L’azienda vitivinicola I Pàmpini (con l’accento sulla “a”) si trova vicino Nettuno, nella zona di Torre Astura o meglio, per chi è pratico, nella zona denominata “Acciarella”. L’ingresso si trova sulla strada che collega Nettuno stessa con gli innumerevoli borghetti che si frappongono verso Latina (e tra i quali c’è anche Borgo Montello dove si trova Casale Del Giglio). Venendo da entrambe le direzioni sulla strada in oggetto, si trovano ben visibili le indicazioni per raggiungere l’azienda. Ci accolgono i proprietari, la signora Carmen e il signor Enzo che gentilmente ci accolgono in casa per far assaggiare i loro prodotti. La signora è, tra l’altro, sommelier diplomata Ais.

L’azienda si estende su sette ettari ed è nata nel 1999, quindi relativamente giovane, ma ancor più giovane è la prima produzione datata, se non ricordo male, 2004. All’interno della zona di produzione si trova la casa dei proprietari (che curano direttamente anche la produzione) e la cantina, piccolina ma dotata di tutto.



I vitigni coltivati sono il bellone (più noto come cacchione, che è tipico della zona), la malvasia puntinata, il syrah, il cabernet sauvignon e il merlot. Il risultato sono tutti vini in purezza, alcuni con nomi particolari, dei quali mi sono scordato di chiedere l’origine: il Bellone (le uve sono le omonime), il Maroso, dalle stesse uve ma con la fermentazione del mosto in barrique ed affinamento in bottiglia, il Coboldo, da uve merlot, il Syrah e il Cabernet Sauvignon, e il Kubizzo, sempre da uve merlot ma con parziale affinamento in tonneau e il restante in bottiglia.

I vini sono tutti molto buoni e hanno ottenuto anche diversi riconoscimenti (tra cui quello di Luca Maroni, curatore di senso on line). Due in particolare spiccano, a mio giudizio: il Maroso e il Kubizzo. Probabilmente per via della fermentazione e dell’affinamento più particolari. I prezzi da loro vanno dai cinque agli otto euro a seconda della bottiglia. Non è facilissimo reperirli perché la produzione è ancora limitata, ma secondo me se le premesse delle prime vendemmie sono queste la qualità, curatissima, è destinata a crescere e l’azienda a strutturarsi. Tra l’altro degno di nota è il Maroso 2004: al naso ha i sentori di un vino dolce ma in bocca è secco. Un vino stupendo.



Auguro ogni bene ai proprietari, persone deliziose che ci hanno accolto benissimo, con grande ospitalità e gentilezza, spiegandoci tutto sulla loro attività. Tra l'altro la signora Carmen ci ha fatto degustare i vini accompagnandoli con diversi stuzzichini preparati in casa da lei e ciò mi fa supporre che oltre a essere una competente sommelier sia anche una grande cuoca.


Colgo l’occasione per annunciare che Domenica 23 Settembre si svolgerà presso di loro la festa per la vendemmia. Chi fosse interessato può informarsi ai contatti che lascio sotto.


Azienda Agricola I Pàmpini
Strada Foglino, 1126
Acciarella 04010 Borgo Sabotino (Lt) Italia
Tel e fax: 0773.643144
www.ipampini.it
e-mail: info@ipampini.it

venerdì 14 settembre 2007

Spiedini con alici e mozzarella







Altra ricetta preparata per il Melmo IV, questa volta da me, anch’essa trovata sulla rivista del Gambero Rosso, per la precisione quella di Luglio 2007. Chiaramente è stata rivisitata in base alle nostre esigenze. La ricetta è semplicissima e velocissima (a parte il forno) ma non per questo meno gustosa.


Ingredienti per dieci persone: 2 sfoglie di mozzarella fresca, 10-12 filetti di
alici sott’olio, 50 gr di pinoli, peperoncino tritato, pangrattato, olio,
stuzzicadenti (non è un ingrediente ma serve….).

Mettete a scaldare il forno a 180°. Tostare i pinoli in padella senz’olio, girandoli per non farli bruciare, per circa 4-5 minuti. Stendere la sfoglia di mozzarella (piano piano, perché si rompe con facilità e se si rompe è un problema), sistemare sul lato lungo la metà dei filetti di alici, i pinoli e spolverare con il peperoncino. Arrotolare stringendo bene la sfoglia, sempre piano piano, e tagliarla con un coltello ben affilato ottenendo dei rotolini regolari. Fissare l’estremità con uno stuzzicadenti di legno precedentemente bagnato (per evitare che si bruci in forno) e passare ogni rotolino nel pangrattato. Sistemarlo in un recipiente di alluminio da forno e bagnare il tutto con un filo d’olio. Ripetere la stessa procedura per l’altra sfoglia. Infornare fino a che il pangrattato non sarà dorato.



Qualche considerazione finale: attenzione alla sfoglia di mozzarella. Per me non è stato facile trovarla al supermercato. Alla fine ne ho preso una della Santa Lucia che non mi ha entusiasmato, non tanto come sapore quanto nella fase della preparazione. Per la cottura, la ricetta originale la prevederebbe sul barbecue, ma in forno è andata più che bene. Avendo dei bocconcini di mozzarella, si possono accompagnare i rotolini con essi e con altre alici (fissandole ai bocconcini con degli stuzzicadenti bagnati) e pepando un po’. Attenzione solo al fatto che i bocconcini siano asciutti se no fanno un lago (e un incendio sulla griglia…). Al limite è meglio della mozzarella del giorno prima.


PS se come noi avete la fortuna di essere invitati a casa altrui, incartate bene il tutto e portatelo ai gentili ospitini che sprecheranno l'energia o il gas per il forno e suderanno loro..... :)

Stefano

giovedì 13 settembre 2007

Taverna del Capitano - Marina del Cantone (Na)


Arrivare a Marina del Cantone per chiunque non è semplice, perché la strada non è un granché (stretta e con molte curve) venendo sia da Napoli che da Salerno. Il consiglio è quindi se si viene di sera di pernottare almeno una notte alla Locanda annessa. Il posto è stupendo: di fronte al mare con una sala bellissima e accogliente, oltre che molto elegante.







Il servizio di prim’ordine è gestito dalla famiglia Caputo: lo chef è Alfonso che si fa coadiuvare dalla mamma, mentre in sala ci sono Claudio e Mariella, marito e moglie, lei sommelier diplomata Ais (nel 1986 a 17 anni!!) e lui grande narratore di quel che arriva in tavola. Padrone di casa il Capitano, il pater familia che supervisione tutto e che ha cominciato la bella storia della ristorazione di questa taverna. Il localo è pluristellato, pluriforchettato e in generale plurisegnalato dalle guide. La sorpresa negativa sono i prezzi leggermente più alti di quelli scritti sulle guide, non so se per l’estate o per la recente seconda stella Michelin.




La carta è amplissima e offre anche tre menù a degustazione: uno a sorpresa (100 €), uno più ampio con piatti più elaborati da 85 € e uno più tradizionale da 65 €. Oltre a questi, la scelta tra antipasti, primi, secondi e dolci è notevole.




Noi ci abbiamo cenato due volte, la prima alla carta la seconda con il menù da 85 €. In entrambe le occasioni abbiamo mangiato benissimo, ma si vede che nel menù c’è un qualcosa in più nella scelta e nell’armonia dei piatti. Faccio solo una breve presentazione di quel che abbiamo mangiato più che altro la prima sera, perché la seconda non ho avuto occasione di segnare il nome dei piatti né di fotografarli.


ANTIPASTI




-Fiorone di zucchina ripieno di ricotta e fiordilatte (offerto): delicatissimo, non sembrava neanche fritto.
-Sinfonia di pesci e piccoli crostacei agli aromi mediterranei: questo è il piatto, può sembrare strano, che mi è piaciuto di meno. Tutto buono e freschissimo, ci mancherebbe, ma non ci ho trovato niente di elaborato e quindi mi ha lasciato tutto sommato indifferente.





-Cartoccio di seppia e polpo con cipolla caramellata e pancetta nostrana: decisamente eccezionale.










-Gambero rosso con alga fritta, bottarga e un sughetto di pomodoro: non ricordo bene la dizione del piatto ma era strepitoso, probabilmente il piatto più buono di tutti.


PRIMI




-Tagliolini bianchi e neri con calamaretti e zucchine: eccellente anche se un po’ saporito. Solo per fare quei tagliolini fatti a mano esattamente divisi in due chissà quanto tempo ci vuole




-Vermicelli artigianali ai frutti di mare, pomodorini di corbara e prezzemolo: molto buoni anche se avendoli assaggiati dopo l’altro primo erano meno saporiti.







-Risotto alla pescatora: molto buono, anzi eccellente, ma troppo classico per i miei gusti.


SECONDI


-Filetto di manzo alla pizzaiola: la dizione era un’altra comunque un piatto eccezionale alla vista e al gusto.



DOLCI



-Predessert di melone a maraschino: buono;
-Piccola pasticceria: molto buona.
-Melanzane al cioccolato: un piatto tradizionale dei vecchi tempi, a quanto abbiamo capito. Non riuscivamo a pensare ad una melanzana fatta in quel modo ma il risultato è decisamente riuscito.





-Delizia al cioccolato: piatto composito con diverse preparazioni a base di cioccolato tutte eccellenti.







-Chupa-chups di torroncino: veramente buono e in più arriva con due palloncini gonfiati, che servono per andare poi al pontile sul mare a liberarli dopo aver espresso un desiderio. Quest’ultima l’ho trovata un’idea grandiosa e sdrammatizzante di quanto accade nell’alta ristorazione dove spesso, come lo stesso Claudio ci dicevamo, ci si preoccupa più della forma che della sostanza.

La carta dei vini è molto grande, con un occhio particolare al territorio (e ci mancherebbe) e tante altre etichette italiane (anche se non tutte le regioni sono presenti) ed estere. Interessanti anche le bollicine. Ricarichi in linea con i prezzi del locale (cioè alti…). Noi abbiamo assaggiato un Greco di Tufo di Benito Ferrara 2005 (fantastico) e un vino di Termeno: Sauvignon, Chardonnay e Gewurztraminer, che invece non ci è piaciuto.

In generale un gran bel posto dove mangiare e soggiornare, che può ulteriormente crescere ma che ha le tutte le premesse per entrare nell’olimpo della grande ristorazione italiana, pur avendo a breve distanza due mostri sacri come la Torre del Saracino e il Don Alfonso.




Di rilievo la cantina, se avete la possibilità di visitarla: è la replica di una goletta costruita dai maestri d’ascia della zona, che accoglie ben 12.000 bottiglie di grandi vini.






Taverna del Capitano

Piazza delle Sirene 10/11

80068 Nerano - Marina del Cantone (Na)

Tel 081 808 1028



PS Piccola nota di colore: abbiamo capito perchè nei dintorni la Taverna del capitano non ha rivali. La foto sotto ritrae l'insegna del ristorante accanto. Non invogliante......








Stefano

mercoledì 12 settembre 2007

Una passione in comune...il Poker !



Tra i vari vizi nobili che accomunano tutti i maschietti del Melmo blog c'è quello di ritrovarsi intorno ad un tavolo verde.

Il più' accanito è senza dubbio Bob, il più' reticente (non si sa mai se per voler suo o della gentil consorte...) è Igor, Stefano ed il sottoscritto non si tirano mai indietro...


Badate bene che per noi una serata passata a "smazzare" è soprattutto una serata di risate, di assaggi di vini nuovi, di "raccontami quella cazzata che è tanto che non me la racconti..." e così via.E ribadate che, tra un cavoletto ed un altro, durante l'anno si riesce a giocare si e no quattro volte.

Inutile dire che non si viene ammessi al tavolo, nemmeno in sostituzione di un assente, se non si è super raccomandati da uno degli Storici e inutile parlare di avvocati mangia-patate-lesse tra noi...





In mezzo alla serata, che di solito comincia verso le 22 per finire a notte fonda, non è inusuale trovare una bella boccia di Viparo (amaro ternano fattoci riscoprire da Stefano), un whyskaccio bello tosto , qualche scatola di "prelibatissimi" sigarelli (Davidoff o Havana...non si scappa!!) e i soliti due mazzi di carte da rovinare.


E' bello ritrovarsi, infumicare la casa di turno e giocare a viso aperto per quelle ore che sembrano sempre minuti perché vanno via veloci e non sono mai pallose.



Quasi sempre con noi in queste occasioni c'è Andrea, mio amico di Monte Compatri da sempre e grande amante anche lui di queste serate di carte, battute e cioccolatini inzuppati nel succo di frutta.



Alcune volte ha giocato con noi anche un altro grande amico di vecchia data: Diego per tutti "Lo Zio", ma ultimamente , causa impegni di vario genere, ci da sempre buca...

Se potessimo riprenderci durante queste partite, sarebbe bello rivedere lo sguardo di ghiaccio di Bob che bluffa oppure l'orecchia tremolante di Stefano che rilancia.


Per non parlare degli sproloqui a cui sono solito lasciarmi andare quando qualcuno mi ruba una "mano" che sento già mia, oppure le battute ripetute dell'Andrea Monticiano.


Sembriamo attori che s'incontrano per girare sempre lo stesso film, ma ogni volta lo fanno diverso.Qualche battuta è sempre uguale, ma d'altronde cosa vi verrebbe in mente di diverso, dopo 120 minuti di brutte carte se non il mitico motto:"...Che Dio vi salvi l'ultima mezz'ora!" ?


Ma ogni sera che giochiamo è diversa: la passione nel cercare di mettere insieme quei quattro assi è la stessa, ma i tentativi cambiano e gli umori dei giocatori pure.


Di solito io "frego" spesso Stefano, che è solito "bruciare" Andrea, che nei punti "clou" sfonna Bob, che può' raccontare di avermi dato certe mazzate...


Le mani di Teresina con cui chiudiamo infiammano le sorti del gioco e spesso ridistribuscono fortuna e sfortuna in parti uguali...

Insomma alla fine della sera, stanchi e con gli occhi rossi nessuno ha perso il sorriso, qualche sfotto si fa più' pressante, ma l'unica cosa che ci rattrista è il non sapere quando ci risiederemo intorno al tavolo verde...per l'immancabile rivincita agli sconfitti.

Marco.