mercoledì 29 aprile 2009

Viaggio nel gusto: degustazione di champagne

Pronti i primi dettagli della grande degustazione del 13 maggio al peakbook, in Via Arco dei Banchi 3 (Corso Vittorio, di fronte a Castel S. Angelo) a Roma.
PeakBook in collaborazione con "Gli Acini" Srl presenta: Viaggio nel Gusto: degustazione di champagne!
La degustazione si terrà alle 20.0o di mercoledì 13 maggio 2009.
Champagne in deguistazione:
- Brut Mallol Gantois (100% Chardonnay)
- Extra Brut Marie Noelle le dru ( 85% Pinot Noir)
- Millesimè 2000 Legret ( 80% Chardonnay, 20% Pnot Nero)
- Rose d'Ay Gatinois ( 100% Pinot Nero)
- Demisec 2000 Beaufort (75% Pinot Nero, 25% Chardonnay)


Costo della serata (comprensivo delle degustazioni e del buffet in abbinamento): 30 euro!
I posti sono limitati a 30 persone, quindi affrettatevi.
Stefano

lunedì 27 aprile 2009

Degustazione di champagne - 13 maggio


Che io sia un amante degli spumanti lo sanno ormai anche i sassi. Che ho sempre avuto la fissa di fare una degustazione a base di spumanti di grande classe lo sanno in molti. Che questo si farà a breve lo sanno ancora pochi, ma fra poco lo sapranno tutti!
Grazie ad Anita, agli altri amici del Peakbook e ad Alfonso de Gli Acini il 13 maggio si realizzerà una favolosa degustazione di champagne francesi, selezionati accuratamente da Alfonso (che tra l'altro è reduce da una recente gitarella in quel di Reims e dintorni).


Tutti i dettagli li avrete prossimamente sia sul blog che contattandomi personalmente. Per il momento vi posso anticipare che i posti sono limitati e quindi affrettatevi a pensarci!

Stefano

martedì 14 aprile 2009

Aiutiamo l'Abruzzo...!




Per donazioni tramite: Bonifico Bancario
IBAN: IT41 D030 6909 4006 1521 5320 387
Telefonia fissa o mobile: numero unico 48580

sabato 11 aprile 2009

Buona Pasqua a tutti !


Carissimi amici che ci seguite da vicino e da lontano, nel rinnovarvi i nostri migliori auguri di una serena Pasqua, vi diamo appuntamento a lunedi 4 Maggio.

Il blog si prende qualche giorno di ferie, ma non preoccupatevi che torneremo piu' carichi di prima.

Melmo Staff.

venerdì 10 aprile 2009

Azienda Agricola Foradori - Elisabetta Foradori.


Elisabetta Foradori è una donna del vino molto coriacea, diplomata all'Istituto Agrario di San Michele all'Adige che ha uno scopo dichiarato: quello di fare del Teroldego un grande vino rosso. Cosa non semplice per tanti motivi e per me ancora più difficile perchè non amo il Teroldego, o almeno non ne ho trovato ancora uno che mi faccia appassionare.
Comunque lei è molto amante del suo lavoro e, per quello che ho sentito, è molto rispettata sia per il suo impegno che per la sua passione.

Molto bene si parla anche dell'azienda, divisa tra vigne e cantine visitibili e, sembrerebbe, mirevoli. Si trova nella zona di Mezzolombardo, in pieno trento enologico.
Produce tre vini: due a base teroldego 100% (il Foradori e il Granato) e un bianco (Myrto) blend di sauvignon blanc e altri vitigni bianchi.
Io ho assaggiato i due rossi e, anche se non mi sento in grado di fare una recensione con tutti i crismi, devo comunque affermare che anche questi non mi convincono. Certo, il Granato assume maggiormente i tratti di un vino rosso con una buona struttura e fruttosità, ma nel complesso non sono riuscito ad amarli.
Sono comunque entrambi vini con personalità, e ciò non fa altro che confermare la passione che Elisabetta ci mette.
E per questo mi riprometto di farne un'esame più attento la prossima volta e di sicuro, ove mai capitassi da quelle parti, di prenotare una visita in azienda.

Stefano.

giovedì 9 aprile 2009

Divorzio gambero rosso - slow food.


Da La Stampa:
Nelle separazioni matrimoniali, spesso si discute sulla divisione della cristalleria. Ma se il servizio buono più prezioso è costituito da «Tre bicchieri» non è facile decidere. E così solo ieri, con una nota ufficiale Gambero Rosso e Slow Food hanno deciso di mettere a tacere i rumors e le voci di guerra e dichiarato ufficialmente il divorzio editoriale, siglato dai due presidenti Paolo Cuccia e Roberto Burdese. Due visioni di intendere la critica vinicola sono divenute inconciliabili nelle stesse pagine:massima attenzione al mercato o più spazio all’etica enologica? Dopo 22 anni la guida Vini d’Italia non sarà più un frutto comune.
E i «Tre bicchieri»? Il super-riconoscimento, che alla prima edizione nel 1988 andò a 33 vini e all'ultima del 2009 è stato assegnato a oltre 300 etichette, resterà nella dote della Gambero Rosso Holding. Slow Food si sfila e per quest’anno uscirà solo con una nuova edizione della «Guida del vino» quotidiano riservata alle bottiglie tra gli 8 e i dieci euro. Dal 2010 si vedrà. C’è allo studio una nuova guida. Il gruppo romano, ancora fresco di un altro divorzio clamoroso con il suo fondatore Stefano Bonilli, continuerà dunque ad editare da solo «Vini d’Italia» dalla sede della Città del Gusto, dove ci sono anche gli studi del Gambero Rosso channel, in onda su Raisat. Abbiamo già preso accordi per coprire con nostri assaggiatori le regioni che sono state di competenza di Slow Food e cioè Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Friuli, Emilia e Marche», precisa Daniele Cernilli, 54 anni, storico cofondatore dell’edizione. Le scelte enogeografiche della Guida erano ogni anno al centro di commenti e polemiche con la sfida a colpi di «Tre bicchieri» tra Piemonte e Toscana con Friuli, Sicilia, Trentino Alto Adige e tutte le altre regioni ad inseguire.
La Guida in questi anni è cresciuta in pagine e autorevolezza superando le centomila copie di diffusione con un’edizione in tedesco e una in inglese. Ma quali sono le ragioni più profonde del divorzio tra le due anime storiche della sinistra enogastronomica? A suo tempo la Guida fu definita «il libretto rosso del vino».
Esclusi motivi economici Cernilli è diplomatico. «A Bra lascio tanti amici a cominciare da Gigi Piumatti, che con me firmava la Guida. Direi che nell’azione di Slow Food il vino è diventato meno strategico, rispetto ai discorsi più globali di Terra Madre, per noi invece resta al centro dell’attenzione». A suo tempo nel 1987, quando era appena passata la bufera dello scandalo del metanolo con la sua scia di lutti e danni all’immagine del vino italiano nel mondo, il successo della Guida fu anche di linguaggio: non più fantasiose e un po’ stucchevoli descrizioni dei vini con evocanti retrogusti dall’erba bagnata, alla mammola di bosco, ma incisive descrizioni sui vignaioli, via via aggiornate e arricchite. Conquistare i «Tre bicchieri» per i produttori è diventato negli anni un momento di giusto orgoglio con evidenti e concrete ripercussioni di mercato in tutto il mondo.
La classifica di questo campionato tra cantine vede in testa Angelo Gaja con 43 citazioni top, poi i fratelli Rivetti con 34 e Cà del Bosco con 32. I primi toscani sono i castelli di Fonterutoli e di Ama a quota 24.
Dalla sede di Bra di Slow Food l’altro responsabile dei curatori Gigi Piumatti, che ha sostituito da dieci anni palato e naso di Carlin Petrini, precisa e conferma: «Abbiamo deciso una pausa di riflessione allargando il dibattito a tutti i nostri iscritti. Certamente può cambiare il modo di giudicare un vino, non più solo ciò che c’è nella bottiglia, ma anche la sua sostenibilità ambientale e l’etica della produzione».
La linea è quella tracciata da Vignerons d’Europe.
Dopo l’incontro organizzato da Slow Food a Montpellier i «contadini che fanno vino» torneranno a riunirsi a Firenze in autunno.
Petrini all’ultima festa dei Tre bicchieri al Lingotto di Torino, conclusasi con una leggendaria degustazione sulla rampa che porta alla pista sopraelevata dell’ex stabilimento Fiat, aveva ammonito: «Tornate nelle vigne, meno marketing, meno pubbliche relazioni. Fate il vino non per il gusto dei critici, ma perché piace prima di tutto a voi e non dimenticate che la terra va rispettata, sempre».

mercoledì 8 aprile 2009

Seppioline in salsa su pane tostato.



Ricettina di pesce, carina e semplice (da enotime.it):
Ingredienti (per le solite 4 persone): 1 kg di seppioline; 200 grammi di pisellini primavera sgranati; 1 carota; 1 costa di sedano bianco; qualche foglia di basilico; una grossa pagnotta casereccia; 2 spicchi di aglio; 1/2 bicchiere di vino bianco secco; 400 grammi di polpa di pomodoro; un poco di farina; alcuni cucchiai di olio extravergine di oliva; sale e pepe per insaporire.

Preparazione: Taglia a dadini il sedano e la carota e soffriggili con 3 cucchiai di olio e l'aglio schiacciato e rotto in pezzetti. Pulisci le seppioline, lavale e uniscile al soffritto insieme ai piselli. Sala, pepa, bagna con il vino e lascia completamente evaporare.
Aggiungi la polpa di pomodoro e il basilico, unisci un cucchiaio scarso di farina setacciata e cuoci a fuoco lento, mescolando spesso, per 40 minuti circa. Poco prima della fine della cottura, taglia delle larghe fette di pane casereccio con mollica compatta e abbrustoliscile da entrambi i lati sotto il grill del forno.
Sfregale con uno spicchio di aglio fresco sbucciato e sistemale un paio su ogni piatto.
Versa le seppioline con abbondante sugo e servi.

martedì 7 aprile 2009

Nasce il portale delle strade del vino.


Da IGN:
La tendenza vincente per tutti gli eno-appassionati per le proprie vacanze all'insegna del wine food e' il ''su misura'', che consente ad ognuno di creare itinerari unici e differenziati, in base ai propri interessi, desideri e aspettative, e il web rappresenta lo strumento per eccellenza per organizzare il proprio tour personalizzato, comodamente seduti a casa propria: una volta individuata la meta, Internet - che ormai nel mondo raggiunge piu' di 1,5 miliardi di utenti - rappresenta il modo piu' semplice, economico e veloce per trovare informazioni e cartine, conoscere la storia e le tradizioni di un territorio, le attrattive artistiche e culturali, scovare le migliori strutture ricettive e gli eventi piu' curiosi del variegato mondo del turismo enogastronomico.
http://www.stradedelvinoitalia.it/, il primo e inedito portale italiano dedicato alle Strade del Vino e dei Sapori di tutta Italia firmato Citta' del Vino: la nuova frontiera sul web per il turismo enogastronomico, pensata per tutti gli eno-appassionati, presentata il 20 febbraio a Bit 2009, la Borsa Internazionale del Turismo a FieraMilano (info: http://www.cittadelvino.it/).

In nessun paese come l'Italia, il turismo enogastronomico ha assunto una fisionomia cosi' diffusa e consistente, grazie alle 140 Strade del Vino e dei Sapori dal nord al sud del Belpaese e con 1.300 comuni attraversati da questa rete capillare, che comprende quasi 400 denominazioni territoriali di vini, oltre 4.000 ristoranti, quasi 33.000 prodotti vinicoli e piu' di 3.300 cantine.

Di fronte ad un'offerta cosi' varia e diversificata, le Citta' del Vino - sottolinea il presidente Valentino Valentini - realizzano, per la primissima volta, uno portale di comunicazione diretta dedicato a tutti gli eno-appassionati, uno strumento ancora inesistente sul web, destinato a dare carattere unitario e visibilita' d'insieme al patrimonio del turismo enogastronomico italiano.

Segmentare proposte e tipologie di offerta e' fondamentale perche' ogni singola realta' mantenga la sua identita' e originalita', ma, allo stesso tempo, occorre che ciascun territorio sia facilmente individuabile e fruibile dalla maggioranza dei suoi potenziali visitatori in un contesto di insieme, che permetta di dire addio alla casualita' nella ricerca sul web''.Secondo i dati dell'Istituto di ricerca Nielsen/NetRatings, la meta' degli italiani che naviga sul web visita siti e portali di viaggio, e sono oltre 10 milioni gli eno-appassionati che ''praticano'' il turismo online: settore, quest'ultimo, dove e' maggiore la crescita dell'e-commerce, e per il quale l'Italia rappresenta il terzo paese per numero di naviganti (il 45% e' attratto dai siti ''viaggi e vacanze''), dopo Francia e Regno Unito, seguiti a ruota dalla Spagna.

lunedì 6 aprile 2009

Storie di Langa:Giuliano, il Barolo e il conto aperto coi grandi del vino.

Da "La Stampa.it" del 25/02/09, a firma MASSIMO NUMA, ELISA SCHIFFO.


Nessuno speri che Gigi Rosso, il vignaiolo di Castiglione Falletto, a un passo da Alba, padrone di una delle più prestigiose e antiche cantine della Langa, (con quasi 60 vendemmie alle spalle) racconti l’intricata e sfortunata storia del Barolo Letterario, prodotto con le uve del vigneto - un ettaro e mezzo - del conte Camillo Benso di Cavour, nel castello di Grinzane.
Lui, chiuso nel suo ufficio, nella cascina di famiglia in strada Alba-Barolo 46, tace su tutta la linea.
E’ un uomo che amava il Premio Grinzane; lo ha visto nascere e svilupparsi. Con qualche amarezza, come quando Giuliano Soria, costigliolese (Asti) doc, decise di dirottare eventi culturali ed enogastronomici, e soprattutto soldi pubblici, nel paese natio.
A scapito di Alba, dove restò solo il premio Alba Pompeia. L’ultimo a ritirare il gettone da 6 mila euro, il cantautore Roberto Vecchioni.
Gigi Rosso, come s’è detto, tace e mastica amaro.
Nella sua splendida cascina di Diano d’Alba, i due fratelli Soria, Angelo (dirigente della Regione) e Giuliano organizzavano la Vendemmia Letteraria. Per quattro anni di seguito.

Dunque, nel 2001, Soria riesce ad ottenere la gestione dell’antico vigneto di Cavour. Lo curano gli studenti dell’istituto agrario.
Alle “Vendemmie Letterarie” alla cascina dei Rosso e poi dai Ceretto, la solita compagnia Vip, fotografata mentre staccava qualche grappolo. Tra gli altri, Stefania Sandrelli, Lucia Bosé, Catherine Spaak e Eleonora Giorgi.



La «Gigi Rosso», anche per spirito di servizio, accetta di vinificare le uve del vigneto di Grinzane, in grado di produrre in media dai 3 mila 500 ai 5 mila litri. Nel 2002, il barolo del fu conte Camillo, finì nelle botti dei Rosso. Dove avrebbe riposato, come vuole la norma, per tre anni. Nel 2006, Soria si fa vivo e spedisce nella severa cantina di Castiglione Falletto artisti e grafici. Per disegnare l’etichetta. Poi arrivano le bottiglie: vetro spesso, pesanti, costosissime. Quindi le veline, i pendagli e il libretto. Una parte, circa mille, le ritira il fedelissimo del professore, Davide Agnello, per essere inviate a «ambasciatori, vip, gente importante!». Il resto rimane in cantina.

Qualcuno avrebbe dovuto pagare il conto, ridotto all’osso, sempre per spirito di servizio: 14 mila 500 euro, mentre nelle «barrique» ci sono ancora 8400 litri, pari a 11 mila bottiglie di «Barolo Letterario». Le fatture sono intestate né a Soria, né al «sig. Premio», come è accaduto per altre forniture ma alla società Territori di Cultura, al 95 per cento di proprietà del Premio, il 5 nelle mani di Giuliano. Amministratore unico Carmelo Pezzino, uffici a Torino e Bologna.
Una delibera del Premio, con la firma di Soria, indicava la data del bonifico «autorizzato», settembre 2008, destinato alla Territori di Cultura e, quindi, alla «Gigi Rosso».
Ma ad Alba non è più arrivato nemmeno un cent. Che fine farà il «Letterario»? Forse sequestrato e poi all’asta. Che malinconia.

sabato 4 aprile 2009

Io e Marley, il film.



Ieri in anteprima sono stato a vedere questo film, grazie all'amico Marco che mi ha procurato i biglietti. Ovviamente all'arrivo, pletora di giornalisti e fotografi pronti ad immortalare le sgallettate star (tra cui Valeria Marini e Flavia Vento) da sbattere su riviste patinate che fanno la gioia di parrucchieri e casalinghe fancazziste.
Detto questo, che è off thread ma lo volevo dire (se no che cavolo lo tengo a fare un blog se non ci metto un po' di cavoli miei?) vi racconto brevemente il film.
Che sia un film leggero si intuisce subito, anche senza entrare (cast, regista, trailer, etc.). E' molto simpatico e se hai avuto un cane-peste oppure uno o più bimbi ti ci ritrovi subito.
Marley, il cane, è fighissimo, pur non essendoci estremizzazioni tipo Rex o vaccate tipo Lassie. La storia, tra l'altro è tratto da un'autobiografia del giornalista americano John Grogan (intepretato da Owen Wilson) che ha venduto ben 3 milioni di copie.
Anche i due protagonisti sono bravi, Wilson in particolare (a me piace molto). Probabilmente il film è oltremodo lungo (poco più di due ore) ed essendo incentrato sulla vita del cane chiaramente si conclude con la sua morte: solo che la parabola finale della sua vita durerà una ventina di minuti: decisamente troppi e decisamente troppo pesanti.
Il finale, se siete sensibili o giovani donne, è strappalacrime.
Nel complesso comunque è un film carino. Diciamo 6 e 1/2.

Se avete avuto un cane, e lo avete amato come ho amato io il mio Ulisse, vi ci ritroverete molto. E rimpiangerete certi momenti. Se non l'avete avuto, vi potrebbe sembrare un po' smielato. Se l'avete ed è il primo cane della vostra vita, uscite dopo il primo tempo!


Stefano.

venerdì 3 aprile 2009

The Dark Knight, parte quarta.

“Benvenuti in un mondo senza regole!”


L’esperienza produttiva di “Batman Begins” aveva dato ottimi feedback economici WB e cosa ancora più importante, aveva riportato gli sconsolati fan dell’uomo pipistrello in sala, e adesso ne volevano ancora!

Il finale della pellicola di Nolan comunicava due messaggi fondamentali, il primo, tra le righe, faceva capire l’intenzione di ricostruire il mito dalle sue fondamenta (non a caso la famosa villa del protagonista Bruce Wayne/Batman viene rasa al suolo), il secondo, totale omaggio alla graphic novel “year one”, è comunicato nella battuta conclusiva del commissario Gordon, il quale preannuncia la minaccia di un nuovo villain, il famigerato Joker.


Per circa due anni, grazie a questa voluta citazione, tutti i geeks e nerds del mondo cominciarono a speculare su come sarebbe stato ritratto il cattivo più noto di tutti, secondo per fama, solo a Darth Vader di guerre stellari.
Così la trovata geniale della produzione, fu quella di sfruttare questo fenomeno a vantaggio del lancio commerciale del film, quando ancora questi non era neppure in fase di pre-produzione.
Venne perciò architettata una colossale campagna di viral marketing tale da coinvolgere gli appassionati di tutto il mondo in una caccia al tesoro globale, alla ricerca di indizi per scoprire chi fosse il Joker e quali fossero i suoi piani malefici. Assolutamente geniale!

Su diversi siti, aperti su domini ideati ad-hoc, vennero lasciati indizi in forma di foto, testi, falsi comunicati ansa in un crescendo che avrebbe portato di mese in mese a svelare dettagli sulla trama della pellicola in produzione, dei suoi protagonisti e alla fine lo stesso Joker.

Obiettivo di questa campagna, oltre al mero interesse commerciale era quello di costruire un background per gli eventi che sarebbero stati trattati durante il film e di collocare “The Dark Knight” (questo il titolo scelto per il secondo capitolo del rilancio dell’uomo pipistrello, diretto omaggio all’opera di Frank Miller) all’interno di un contesto attuale e più che mai vicino alla vita di tutti i giorni (estremo è l’esempio dei notiziari periodici, sul sito di Gotham news, che aggiornava real time l’evolversi degli eventi in città, quali avvistamenti di batman, le elezioni amministrative e del nuovo procuratore o trasmissioni à-la david lettermam con ospiti/attori in studio)

Da questa campagna emerse così la figura dell’antagonista, Il Joker, un personaggio che si inseriva nelle pagine internet del virale, senza mai mostrarsi, deviandone i contenuti o utilizzandole per “linkare” documenti con minacce destabilizzanti per l’ordine pubblico o per fare contro informazione a favore del suo criptico messaggio “why so serious?”

Da queste premesse, si poteva comprendere come il progetto per questo nuovo episodio cinematografico del Barman sarebbe stato focalizzato sulla figura del clown sfigurato, folle e imprevedibile, noto come Joker.
E quando fu reso noto che, per il ruolo venne scelto Heath Ledger, la già eccitata curiosità dei fan salì alle stelle, essendo sia il giovane attore molto più simile, per fisicità al personaggio dei comics, che non alla sua impersonificazione precedente, Jack Nickolson (che a quanto pare rimase molto seccato dal non essere stato contattato).
L’ultimo tassello per la definizione di un così importante character venne infine da Nolan, il quale con la sua guida artistica orientata al realismo impose di rimuovere quanto di improbabile fosse presente nel personaggio, come la pelle bianca, i capelli verdi e il ghigno fisso. Al loro posto, senza snaturare ciò che per canone era stato definito, furono introdotti del semplice trucco facciale e una cicatrice “da orecchio a orecchio”. Quest’ultima scelta probabilmente ideata come drammatico espediente per giustificare il noto perenne sorriso del Joker.

Nulla però della trama ufficiale del film fu svelato durante i mesi di attività della campagna di viral marketing, se non appunto tutta una serie di preamboli, necessari a creare il contesto introduttivo alla storia, il cui tema principale era quello del ruolo delle persone nella società, e delle scelte da affrontare per trovare le loro identità e quali azioni si devono compiere per rimanervi coerenti.

Se nel capitolo precedente lo sforzo creativo di Chris Nolan era stato quello di costruire le nuove fondamenta per le tematiche del crociato incappucciato, in questa nuova avventura le regole sono sovvertite a favore di un racconto che attinge agli elementi principali delle pagine del fumetto (uno fra tutti The long Halloween) e li ricombina in una nuova forma, all’interno di un soggetto quasi del tutto inedito ed originale.

Il palcoscenico si popola di personaggi netti, come il commissario Gordon, la cui missione di vita, come poliziotto e uomo di legge, lo porta ad affrontare scelte coraggiose e grandi sacrifici o personaggi trasversali come i corrotti o i mafiosi, la cui linea di comportamento varia a seconda delle opportunità.
Ma la trama si evolve soprattutto intorno ai personaggi più complessi, personaggi che escono dalla superficilità tipica della narrazione super-eroistica mettendo in scena caratterizzazioni degne di un dramma shakespeariano.

Il film ci presenta così il dualismo classico e conclamato del protagonista uomo d’affari/giustiziere Bruce Wayne/Batman, il quale diversamente da precedenti soggetti, oltre a dover convivere con una ambiguità doverosa, nata per preservare la sua vera identità, si trova a risolvere la più ardua questione del limite entro il quale le sue azioni come vendicatore dovrebbero spingersi e a quale dominio del bene e del male queste scelte dovrebbero appartenere. L’apice di questa riflessione è forse quella di oltrepassare il limite della propria percezione delle cose, comunque nascosta da una maschera, e lasciare invece che sia la maschera, a definire i propri vincoli divenendo così “altro da sé” in tutto e per tutto, come condotta, come morale, come etica.

Il secondo personaggio, introdotto senza troppi segreti, già nei mesi precedenti al rilascio del film, nella stessa campagna di marketing virale, è il procuratore distrettuale di Gotham City, tristemente noto ai cultori del fumetto come un altro villain d’eccezione, conosciuto come “DueFacce”.
Questa figura, già presentata nell’indegno “Barman Forever”, e allora interpretata da un Tommy Lee Jones assai sopra le righe, rappresenta il dualismo estremo, l’apice della crisi d’identità, la deriva schizofrenica di una mente sofferente.

Ed è grazie alla caratterizzazione di Aaron Heckart, che “The Dark Knight” acquista ulteriore merito nell’affrontare la caduta nella follia omicida dell’integerrimo procuratore Harvey Dent. Se da un lato Bruce Wayne riesce a vincere il proprio trauma personale convogliando il dolore e la sofferenza, della perdita dei genitori, in Batman, dall’altro Harvey Dent subisce drammaticamente la sconfitta morale della lotta al crimine da parte del Joker e la perdita della donna amata, rimanendo per altro orrendamente sfigurato
Ed è così che l’elaborazione psicologica, trova rimedio alla tragicità degli eventi nella follia, nella separazione del giudizio in due entità distinte, un buona e l’altra malvagia, il cui predominio l’una sull’altra è dettato solo dal caso, dal fato probabilistico determinato dall’esito del lancio di una moneta.

Ed è all’opposto dell’ordine duale, del bianco e nero, del vero e falso che prende posto il personaggio che da vero corpo all’intera struttura del film.
Il climax narrativo si completa, viste le due personalità antagoniste di Barman e Duefacce, dibattere all’interno di personalità reciprocamente doppie, con la presenza dell’agente del Chaos, come si definisce nella stessa pellicola il Joker.

Il Joker di Nolan, appartiene solo in parte all’universo narrativo dei fumetti, non ricalca il canone consolidato e digerito dagli appassionati, è invece un personaggio che attraversa la storia principale, giocata dalle contrapposte figure di Wayne/Batman e Dent/DueFacce. Il suo scopo narrativo è dare corpo all’indeterminazione, a tutto ciò che è privo di controllo, quindi una forza della natura distruttiva slegata da una missione criminosa o da un qualche obiettivo personale.


Se lo scopo del “cavaliere oscuro” è quello di costruire un ordine civile e salvaguardare la sicurezza della società tramite una crociata contro la criminalità, quello del Joker è per converso dimostrare che ogni individuo è un potenziale “border line”, una mina vagante che con le giuste sollecitazioni può essere condotto a scelte brutali e violenti, in grado di generare drammatiche conseguenze. In modo più semplice il teorema del Joker parte dall’ipotesi che tutte le persone possono precipitare nella follia omicida, con la giusta spinta.

Stupisce infine Chris Nolan, alla fine della pellicola, nel modo in cui raccoglie tutti i tasselli, tutte le varie caratterizzazioni e complesse psicologie per completare la sua opera. La scelta narrativa conclusiva è insolita per il prodotto commerciale cinematografico, ma è molto frequente nelle pagine scritte delle graphic novel più mature ispirate all’uomo pipistrello, ed è quella di sacrificare la purezza dell’eroe, il suo modus operandi etico seppur brutale, e di renderlo l’outsider, un guardiano severo in grado di superare la morale della società e le sue regole pur di far emergere un’ideale più alto.

Chirs Nolan ci presenta quindi un’opera matura e consapevole, ma ancora di più racconta una storia che relegata al mero mondo dei “supereroi in calzamaglia, piuttosto un thriller adrenalinico, che strizza l’occhio ai classici gangster movie di DePalma o Scorsese, utilizzando una tecnica iper-realistica al pari di Michael Mann ( Heat, Miami Vice, Collateral…).

Questa lunga parentesi sul cinema “dei fumetti”, nata allo scopo di presentare l’ultimo nato di questa genealogia, ci ha fatto ripercorrere la storia e l’evoluzione dei progetti legati a questo genere narrativo e ci ha permesso di approfondire questioni legate alle dinamiche produttive e commerciali che per quasi mezzo secolo (!) hanno più volte fatto cambiare il risultato della messa in scena delgi “eroi in calzamaglia”.

Batman, più di ogni altro è stato un soggetto abusato e si è trasformato con gli anni secondo i costumi e i gusti della società consumistica, che lo ha visto nascere come cupo super eroe senza macchia, evolversi poi in macchietta comica e paradossale, e ritrovarsi infine come oscuro vigilante della notte.

Quest’ultimo capitolo cinematografico che lo ha visto protagonista, e che è stato in grado di riportarlo alla ribalta della stampa (e non solo per i tragici eventi legati alla scomparsa dell’attore Heath Ledger) ha segnato una nuova linea di demarcazione del genere.
Chirs Nolan, come per Donner con il SUO Superman, dimostra che per rispettare i personaggi della pagine a fumetti, non è necessario essere didascalici o eccessivamente fedeli al materiale originale, ma è sufficiente abbracciare l’unico elemento che caratterizza un buon film da uno che non lo è: la storia.

The Dark Knight, non è un film “di Batman” in senso stretto, è soprattutto una storia di criminalità e tensione, di sentimenti, di frustrazioni e di riscatto.
Potrebbe essere stata raccontata altri protagonisti, e non avrebbe perso nulla del suo spessore e solidità.



Questo ci dimostra forse che il cinema ispirato al mondo dei fumetti nel nuovo millennio, può essere ancora vincente e di soddisfazione per il pubblico (ormai un’audience eterogenea e disincantata) se solo continuerà ad avere il coraggio di raccontare storie che spezzino i vincoli della bidimensionalità della carta stampata, portando i vari Barman, Superman, Spiderman e compagnia, a confrontarsi con la durezza del mondo di oggi e a partecipare ad un conflitto tra “bene e male” meno naif, ma più confuso tra foschi toni di grigio.

Forse dopo tante parole scritte, la prossima volta che vedrete un buffo personaggio con indosso una tuta in gomma, o che salta da un palazzo all’altro saprete quali elementi guardare, per meglio dare il vostro giudizio.

E adesso, come direbbe Ratman…”Fletto i muscoli, e sono nel vuoto!”

giovedì 2 aprile 2009

Ristorante Cala Luna a Roma.

Venerdi 13 febbraio 2009, ore 21.00.
La serata è freddissima, forse la piu’ fredda dell’inverno, ma festeggiare in anticipo il compleanno di Simo diventa un’esigenza fondamentale visto la concomitanza del San Valentino che cade, quest’anno, di sabato.
Il locale ce l’avevano consigliato Bob e signora, era vicino quanto bastava e con una discreta fama.
Si tratta del ristorante Cala Luna a Via Taranto.
Ci mettiamo un po’ per trovare il parcheggio, ma direi un tempo tutto sommato ragionevole, anche grazie alle piccole dimensioni della C1.
Quando entriamo il localino è già affollato in ogni ordine e posto(c’è crisi? bah…).
Si tratta in tutto di due salette, una piu’ grande ed una piu’ piccola, approssimativamente per un totale di 50 coperti.
Il nostro tavolo è all’angolo a destra e nient ‘altro non è che un tavolo da sei con i due posti centrali lasciati vacanti e all’altro lato altri due coperti che verranno occupati da li a cinque minuti.
In sintesi non conosco i nomi degli occupanti di quella sera, ma potrei raccontarvi i loro progetti futuri…
Comunque l’ambiente è carino, simpatico e giovanile.
Molto sobrio e poco elegante, il vociare di tutti i tavoli occupati è un massacro per i timpani e quando arriva il ragazzo-cameriere non potendo ricorrere alle lettere del “paroliamo” deve gridare per farci capire le possibili pietanze.
Alla scelta del vino mi fa quasi tenerezza,gli chiedo la lista, mi risponde che: “..si,c’è la lista, ma glieli dico io i vini ed i prezzi…che si fa prima!”
E comincia, quasi fosse “la cavalla storna” di scolastica memoria.
Al quinto vino che mi urla da distanza ravvicinata, con accento sardo, opto per far finire la tortura con un perentorio:” Ok, va bene questo…”
Per poi scoprire di aver ordinato un Vermentino di Sardegna Argiolas, annata 2008, dal costo di 15 euro.
Diciamocelo…poteva andar peggio !
Ad attenderci sul piccolo tavolo per noi preparato c’è un piattino con il tipico pane sardo, croccante e condito con olio e sale.
Lo mangiamo di gusto mentre attendiamo gli antipasti che ci erano stati proposti.
E che con un ottimo tempo di attesa arrivano.
I primi sono abbastanza classici: insalata di mare, salmone a fettine e gamberetti in salsa rosa con mais.


In sostanza molto buono il primo, da banchetto gli altri due.
A seguire arrivano delle polpettine broccoli e aringhe(sul broccolo son sicuro, sulle aringhe no) caldi e buoni, poi un piattino di moscardini fritti, a mio parere troppo secchi e troppo salati, e il mitico piattone di cozze con sughetto.
Quest’ultimo ottimo per quantità, qualità e temperatura di servizio.
La scelta dei primi è problematica almeno quanto la scelta del vino per gli stessi motivi.
Alla fine di una discreta lotta audio…Simo sceglierà le linguine alle aragostelle ed io le linguine(siamo marito e moglie mica per caso…!) all’astice.

Quelle di Simo erano buonissime.Le ho assaggiate quanto basta per poterlo dire senza il minimo dubbio.
Poi anche lei, che è sempre una discreta forchetta, è rimasta entusiasta di questo piatto.
Una ottima quantità ben condita e servita alla giusta temperatura con un piattone adatto alle esigenze della pietanza e dell’occhio.
Di tutt’altra consistenza e qualità le mie.


Pur presentandosi bene all'occhio, questo primo piatto risulterà condito con troppo sale e forse anche un pizzico di peperoncino di troppo.
Il risultato sarà un sottofondo buono di pesce schiacciato tra il troppo saporito ed il troppo piccante.
Nota di merito alla materia prima, veramente buona.
Sia le aragostelle di Simo che l'interno del mio astice, che ovviamente risentiva di meno del condimento, dimostrano freschezza ed ottima qualità.

Decidiamo di saltare il secondo perchè un po' satolli ed un po' stanchi del baccano e optiamo per il dolce.
I coniugi Bob e Dona ci avevano consigliato un suffle' di formaggio servito in maniera particolare, ma al momento dell'ordinazione il cameriere, dispiaciuto, ci dice che il prodotto è terminato.
Ci accontentiamo di due seadas servite con il trittico dei super alcolici a disposizione(mirto, limoncello e grappa).


Sulle seadas dico solo poche parole: molto commerciali e assolutamente niente di che.
Sul trittico mi dilungo di piu' nella speranza di trovare gli aggettivi negativi appropriati.
Diciamo che il mirto era imbevibile, la grappa troppo alcolica ed il limoncello di Bolzano...
E le tre bottigliette non venivano lavate all'esterno da almeno una settimana...
Sconsolati chiediamo il conto verso le 23.15 proprio quando i tavolini che cominciavano a liberarsi vengono nuovamente ri-apparecchiati per il sesto turno.
Almeno il conto ci fa sorridere un po'.
Per tutto cio' che vi ho raccontato ed in piu' un acqua leggermente frizzante(che come al solito rimane quasi piena...), ci viene richiesta la cifra di 80 euro.
Prezzo in media con la corrente .
Ma a farci sorridere è il modo...un post.it giallo microscopico con su scritto il prezzo a matita.
Per un attimo mi viene voglia di...poi penso che il giorno dopo è San Valentino e concludo alla volemose bene:
"Arrivederci(non penso...) e grazie!"

Marco.

mercoledì 1 aprile 2009

Cheese 2007: Il chiosco di degustazione della Puglia.

Marco ed io a settembre del 2007 siamo andati a Cheese! ovvero la Manifestazione Internazionale organizzata da Slow Food interamente dedicata ai formaggi che si tiene a Bra, in provincia di Cuneo.
La cronaca dell'uscita ho già avuto modo di raccontarla(articolo di lunedi), ma un post specifico merita la parte conclusiva della giornata, quella che ci è capitata, quella che non avevamo programmato, quella che ci ha davvero piacevolmente sorpreso.
Ok, alle 16 del pomeriggio il tasso alcolico che avevamo in corpo ci aveva reso molto rilassati e tranquilli e ben predisposti verso praticamente tutti e forse questo ha inciso nel clima che si è creato, ma questo laboratorio di degustazione gratuito che la regione Puglia ha organizzato per promuovere i suoi prodotti, almeno con noi, ha avuto i suoi risultati perché alla fine del laboratorio avevamo deciso che saremmo andati – prima o poi – a passare una vacanza da quelle parti.

Inoltre gli organizzatori erano davvero molto preparati, gentili e ben disposti verso il pubblico cosa che dovrebbe sembrare scontata, ma molto spesso non lo è.

Insomma sono le 16 del pomeriggio e Marco ed io passeggiamo allegramente tra i vari stand dei presidi Slow Food del mondo quando butto un occhio alla piantina e noto che ci manca di vedere una zona.
Ci avviamo e troviamo un cortile molto carino e accogliente, ma con pochissime persone a passeggio.
Ci fermiamo al primo stand – una specie di camper – e scopriamo che ci sono dei laboratori di degustazione di un qualche super alcolico con sigari e formaggio.
Abbinamento tanto strano quanto curioso al punto che decidiamo di iscriverci. Purtroppo ci sono dei posti solamente alle 10 di sera, troppo tardi per noi.
Ci spostiamo un po' più avanti e vediamo lo stand della Puglia che presenta il laboratorio intitolato “All'arma bianca”.
Mi avvicino, chiedo informazioni, mi viene spiegato in cosa consiste la degustazione e mi dicono che proprio alcuni minuti prima si sono liberati due posti. Ci iscriviamo, ma dobbiamo aspettare un'ora.
Comunico la cosa al mio consorte – che quando è un po' “allegretto” è preso dalla frenesia – e non faccio in tempo ad aprire la piantina per controllare cosa potevamo fare nel mentre che Marco mi si presenta con i tagliandi per una degustazione di vini della zona dell'Oltrepò pavese.
“Ma santa miseria Marco, possibile che non mi posso distrarre nemmeno un momento?!?!” - faccio io - “eh tanto che facevamo?” - fa lui - “ho capito, ma stiamo per degustare 8 formaggi e 4 calici di vino, è da stamattina che mangiamo, e nel frattempo ci facciamo altri 3 calici??”.
Non mi ascoltava più, era già allo stand a farsi affettare il salame e consigliare i vini. Faccio buon viso a cattivo gioco e piloto la scelta in 1 vino per ciascuna tipologia proposta, mi armo di penna e assaggiamo:
- Oltrepò Pavese Bonarda dei fratelli Guerci 2006;
- Oltrepò Pavese Riesling Cascina Gnocco Ambrogina 2006;
- Oltepò Pavese Pinot Nero Isimbarda Vigna del Cardinale 2003.
Dai commenti che trovo appuntati nel foglietto deduco che il Riesling ci è piaciuto mentre gli altri due no.
Ci spostiamo allo stand della Puglia che si presenta apparecchiato così:


Per capire lo spirito con il quale Marco ha partecipato a questo laboratorio notatelo in basso a sinistra della foto mentre compila il questionario che ci hanno dato prima di iniziare.
Notate anche gli occhiali da sole che aveva deciso di non togliere perché “così ci vedo meglio” e probabilmente non vi sembrerà strana la risposta alla domanda 9 del questionario


Io ridevo come una matta nel mentre che una coppia di signori inglesi molto distinti vengono fatti sedere al nostro tavolo e mi chiedono se sono in grado di tradurre i concetti che a loro potevano sfuggire!

Dopo un po' inizia il laboratorio “All'arma bianca” così


Iniziando in basso a sinistra abbiamo:
- una ricotta fresca
- una giuncata che si chiama così perché è un formaggio freschissimo che viene mantenuto nei giunchi ed è tipico della zona di Brindisi
- una pampanella di Torre Guaceto altro formaggio freschissimo e vegetale perché fatto con il caglio di fico - che si trova nelle zone di Brindisi e Taranto
- una burratina di Andria che è una mozzarella al cui interno c'è la stracciatella
- della stacciatella, ovvero quello che affiora dal latte appena munto (panna) versato negli sfilacci di mozzarella
Accompagniamo questo piatto con una DOC prodotta dalla Cantina Sociale di Lecce che si chiama Leverano – Vecchia Torre – 2006 – 12° composto da Malvasia bianca di Lecce (80%) e Chardonnay (20%) seguito da un Sauvignon Corte Valerio Salento IGT 2006 di Agricole Vallone.
I vini senza infamia e senza lode – anche se Marco fa delle facce schifate nel secondo vino che nemmeno lo avessero costretto a bere un cucchiaio di olio di ricino – mentre il primo piattino di formaggi decisamente notevole.
Inoltre i relatori sono veramente preparati e appassionati e ci descrivono i processi produttivi dei ciascun prodotto in maniera sintetica e puntuale.

Passiamo al secondo piattino di assaggi, anche se eravamo veramente tutti sazi


dove abbiamo, partendo sempre dal basso a sinistra:
- una mozzarella di vacca
- una mozzarella di bufala campana di Foggia (sì, ho scritto proprio così!)
- un pezzetto di scamorza
- un pezzetto di cacio ricotta
Al centro del piatto hanno messo un tarallo – tipico pane salentino fatto con farina di orzo – condito con del Pomodoro Fiaschetta che l'anno scorso (2008) è diventato presidio Slow Food.


Il signore che è con Marco è uno dei produttori di questo pomodoro e, oltre alle spiegazioni sui formaggi, ha aperto una veramente appassionata parentesi sul recupero della coltivazione di questo piccolo dolce pomodoro e sul come Slow Food abbia aiutato i coltivatori con il discorso del presidio.
Il “problema” è stato che questo discorso lo ha fatto in piedi vicino a Marco il quale alle parole “questo pomodoro è talmente dolce che può essere mangiato anche così, colto dalla pianta senza condimento” fa “posso assaggiare?”


Apriti cielo! L'omino - al commento di Marco “buono, proprio come quando ero piccolo e stavo in campagna da nonno” - si commuove e scatta l'applauso dei presenti.

La degustazione continua con i restanti due vini, uno Chardonnay Salice Salentino – Cantalupi Conti Zecca del 2006 (14°) sul quale Marco commenta con un “molto buono, da bere in compagnia” e un Negroamaro rosato Salento IGT Massaro Rosa.

Sarà stata la gentilezza degli standisti, saranno state le degustazioni della giornata, saranno stati i formaggi bianchi che ci sono piaciuti molto, ma il laboratorio della Puglia è stato il momento migliore della giornata e, finalmente, dopo due anni, questa estate ci facciamo una settimana di vacanza proprio un Puglia. Dato che noi non ci siamo mai stati e la zona non la conosciamo, vi chiedo, cari internauti pugliesi o vacanzieri affezionati di quei luoghi, se potete darci qualche dritta su cosa bere, cosa mangiare e ovviamente dove tenendo conto che la nostra base è Marina di Pescoluse.
Grazie a tutti in anticipo.



P.S. Dietro a noi nella foto potete vedere il cestino espositivo dei Pomodorini Fiaschetta che Marco, con il consenso dell'omino, ha continuato a mangiare per tutta la durata del laboratorio!





Emanuela.