venerdì 3 aprile 2009

The Dark Knight, parte quarta.

“Benvenuti in un mondo senza regole!”


L’esperienza produttiva di “Batman Begins” aveva dato ottimi feedback economici WB e cosa ancora più importante, aveva riportato gli sconsolati fan dell’uomo pipistrello in sala, e adesso ne volevano ancora!

Il finale della pellicola di Nolan comunicava due messaggi fondamentali, il primo, tra le righe, faceva capire l’intenzione di ricostruire il mito dalle sue fondamenta (non a caso la famosa villa del protagonista Bruce Wayne/Batman viene rasa al suolo), il secondo, totale omaggio alla graphic novel “year one”, è comunicato nella battuta conclusiva del commissario Gordon, il quale preannuncia la minaccia di un nuovo villain, il famigerato Joker.


Per circa due anni, grazie a questa voluta citazione, tutti i geeks e nerds del mondo cominciarono a speculare su come sarebbe stato ritratto il cattivo più noto di tutti, secondo per fama, solo a Darth Vader di guerre stellari.
Così la trovata geniale della produzione, fu quella di sfruttare questo fenomeno a vantaggio del lancio commerciale del film, quando ancora questi non era neppure in fase di pre-produzione.
Venne perciò architettata una colossale campagna di viral marketing tale da coinvolgere gli appassionati di tutto il mondo in una caccia al tesoro globale, alla ricerca di indizi per scoprire chi fosse il Joker e quali fossero i suoi piani malefici. Assolutamente geniale!

Su diversi siti, aperti su domini ideati ad-hoc, vennero lasciati indizi in forma di foto, testi, falsi comunicati ansa in un crescendo che avrebbe portato di mese in mese a svelare dettagli sulla trama della pellicola in produzione, dei suoi protagonisti e alla fine lo stesso Joker.

Obiettivo di questa campagna, oltre al mero interesse commerciale era quello di costruire un background per gli eventi che sarebbero stati trattati durante il film e di collocare “The Dark Knight” (questo il titolo scelto per il secondo capitolo del rilancio dell’uomo pipistrello, diretto omaggio all’opera di Frank Miller) all’interno di un contesto attuale e più che mai vicino alla vita di tutti i giorni (estremo è l’esempio dei notiziari periodici, sul sito di Gotham news, che aggiornava real time l’evolversi degli eventi in città, quali avvistamenti di batman, le elezioni amministrative e del nuovo procuratore o trasmissioni à-la david lettermam con ospiti/attori in studio)

Da questa campagna emerse così la figura dell’antagonista, Il Joker, un personaggio che si inseriva nelle pagine internet del virale, senza mai mostrarsi, deviandone i contenuti o utilizzandole per “linkare” documenti con minacce destabilizzanti per l’ordine pubblico o per fare contro informazione a favore del suo criptico messaggio “why so serious?”

Da queste premesse, si poteva comprendere come il progetto per questo nuovo episodio cinematografico del Barman sarebbe stato focalizzato sulla figura del clown sfigurato, folle e imprevedibile, noto come Joker.
E quando fu reso noto che, per il ruolo venne scelto Heath Ledger, la già eccitata curiosità dei fan salì alle stelle, essendo sia il giovane attore molto più simile, per fisicità al personaggio dei comics, che non alla sua impersonificazione precedente, Jack Nickolson (che a quanto pare rimase molto seccato dal non essere stato contattato).
L’ultimo tassello per la definizione di un così importante character venne infine da Nolan, il quale con la sua guida artistica orientata al realismo impose di rimuovere quanto di improbabile fosse presente nel personaggio, come la pelle bianca, i capelli verdi e il ghigno fisso. Al loro posto, senza snaturare ciò che per canone era stato definito, furono introdotti del semplice trucco facciale e una cicatrice “da orecchio a orecchio”. Quest’ultima scelta probabilmente ideata come drammatico espediente per giustificare il noto perenne sorriso del Joker.

Nulla però della trama ufficiale del film fu svelato durante i mesi di attività della campagna di viral marketing, se non appunto tutta una serie di preamboli, necessari a creare il contesto introduttivo alla storia, il cui tema principale era quello del ruolo delle persone nella società, e delle scelte da affrontare per trovare le loro identità e quali azioni si devono compiere per rimanervi coerenti.

Se nel capitolo precedente lo sforzo creativo di Chris Nolan era stato quello di costruire le nuove fondamenta per le tematiche del crociato incappucciato, in questa nuova avventura le regole sono sovvertite a favore di un racconto che attinge agli elementi principali delle pagine del fumetto (uno fra tutti The long Halloween) e li ricombina in una nuova forma, all’interno di un soggetto quasi del tutto inedito ed originale.

Il palcoscenico si popola di personaggi netti, come il commissario Gordon, la cui missione di vita, come poliziotto e uomo di legge, lo porta ad affrontare scelte coraggiose e grandi sacrifici o personaggi trasversali come i corrotti o i mafiosi, la cui linea di comportamento varia a seconda delle opportunità.
Ma la trama si evolve soprattutto intorno ai personaggi più complessi, personaggi che escono dalla superficilità tipica della narrazione super-eroistica mettendo in scena caratterizzazioni degne di un dramma shakespeariano.

Il film ci presenta così il dualismo classico e conclamato del protagonista uomo d’affari/giustiziere Bruce Wayne/Batman, il quale diversamente da precedenti soggetti, oltre a dover convivere con una ambiguità doverosa, nata per preservare la sua vera identità, si trova a risolvere la più ardua questione del limite entro il quale le sue azioni come vendicatore dovrebbero spingersi e a quale dominio del bene e del male queste scelte dovrebbero appartenere. L’apice di questa riflessione è forse quella di oltrepassare il limite della propria percezione delle cose, comunque nascosta da una maschera, e lasciare invece che sia la maschera, a definire i propri vincoli divenendo così “altro da sé” in tutto e per tutto, come condotta, come morale, come etica.

Il secondo personaggio, introdotto senza troppi segreti, già nei mesi precedenti al rilascio del film, nella stessa campagna di marketing virale, è il procuratore distrettuale di Gotham City, tristemente noto ai cultori del fumetto come un altro villain d’eccezione, conosciuto come “DueFacce”.
Questa figura, già presentata nell’indegno “Barman Forever”, e allora interpretata da un Tommy Lee Jones assai sopra le righe, rappresenta il dualismo estremo, l’apice della crisi d’identità, la deriva schizofrenica di una mente sofferente.

Ed è grazie alla caratterizzazione di Aaron Heckart, che “The Dark Knight” acquista ulteriore merito nell’affrontare la caduta nella follia omicida dell’integerrimo procuratore Harvey Dent. Se da un lato Bruce Wayne riesce a vincere il proprio trauma personale convogliando il dolore e la sofferenza, della perdita dei genitori, in Batman, dall’altro Harvey Dent subisce drammaticamente la sconfitta morale della lotta al crimine da parte del Joker e la perdita della donna amata, rimanendo per altro orrendamente sfigurato
Ed è così che l’elaborazione psicologica, trova rimedio alla tragicità degli eventi nella follia, nella separazione del giudizio in due entità distinte, un buona e l’altra malvagia, il cui predominio l’una sull’altra è dettato solo dal caso, dal fato probabilistico determinato dall’esito del lancio di una moneta.

Ed è all’opposto dell’ordine duale, del bianco e nero, del vero e falso che prende posto il personaggio che da vero corpo all’intera struttura del film.
Il climax narrativo si completa, viste le due personalità antagoniste di Barman e Duefacce, dibattere all’interno di personalità reciprocamente doppie, con la presenza dell’agente del Chaos, come si definisce nella stessa pellicola il Joker.

Il Joker di Nolan, appartiene solo in parte all’universo narrativo dei fumetti, non ricalca il canone consolidato e digerito dagli appassionati, è invece un personaggio che attraversa la storia principale, giocata dalle contrapposte figure di Wayne/Batman e Dent/DueFacce. Il suo scopo narrativo è dare corpo all’indeterminazione, a tutto ciò che è privo di controllo, quindi una forza della natura distruttiva slegata da una missione criminosa o da un qualche obiettivo personale.


Se lo scopo del “cavaliere oscuro” è quello di costruire un ordine civile e salvaguardare la sicurezza della società tramite una crociata contro la criminalità, quello del Joker è per converso dimostrare che ogni individuo è un potenziale “border line”, una mina vagante che con le giuste sollecitazioni può essere condotto a scelte brutali e violenti, in grado di generare drammatiche conseguenze. In modo più semplice il teorema del Joker parte dall’ipotesi che tutte le persone possono precipitare nella follia omicida, con la giusta spinta.

Stupisce infine Chris Nolan, alla fine della pellicola, nel modo in cui raccoglie tutti i tasselli, tutte le varie caratterizzazioni e complesse psicologie per completare la sua opera. La scelta narrativa conclusiva è insolita per il prodotto commerciale cinematografico, ma è molto frequente nelle pagine scritte delle graphic novel più mature ispirate all’uomo pipistrello, ed è quella di sacrificare la purezza dell’eroe, il suo modus operandi etico seppur brutale, e di renderlo l’outsider, un guardiano severo in grado di superare la morale della società e le sue regole pur di far emergere un’ideale più alto.

Chirs Nolan ci presenta quindi un’opera matura e consapevole, ma ancora di più racconta una storia che relegata al mero mondo dei “supereroi in calzamaglia, piuttosto un thriller adrenalinico, che strizza l’occhio ai classici gangster movie di DePalma o Scorsese, utilizzando una tecnica iper-realistica al pari di Michael Mann ( Heat, Miami Vice, Collateral…).

Questa lunga parentesi sul cinema “dei fumetti”, nata allo scopo di presentare l’ultimo nato di questa genealogia, ci ha fatto ripercorrere la storia e l’evoluzione dei progetti legati a questo genere narrativo e ci ha permesso di approfondire questioni legate alle dinamiche produttive e commerciali che per quasi mezzo secolo (!) hanno più volte fatto cambiare il risultato della messa in scena delgi “eroi in calzamaglia”.

Batman, più di ogni altro è stato un soggetto abusato e si è trasformato con gli anni secondo i costumi e i gusti della società consumistica, che lo ha visto nascere come cupo super eroe senza macchia, evolversi poi in macchietta comica e paradossale, e ritrovarsi infine come oscuro vigilante della notte.

Quest’ultimo capitolo cinematografico che lo ha visto protagonista, e che è stato in grado di riportarlo alla ribalta della stampa (e non solo per i tragici eventi legati alla scomparsa dell’attore Heath Ledger) ha segnato una nuova linea di demarcazione del genere.
Chirs Nolan, come per Donner con il SUO Superman, dimostra che per rispettare i personaggi della pagine a fumetti, non è necessario essere didascalici o eccessivamente fedeli al materiale originale, ma è sufficiente abbracciare l’unico elemento che caratterizza un buon film da uno che non lo è: la storia.

The Dark Knight, non è un film “di Batman” in senso stretto, è soprattutto una storia di criminalità e tensione, di sentimenti, di frustrazioni e di riscatto.
Potrebbe essere stata raccontata altri protagonisti, e non avrebbe perso nulla del suo spessore e solidità.



Questo ci dimostra forse che il cinema ispirato al mondo dei fumetti nel nuovo millennio, può essere ancora vincente e di soddisfazione per il pubblico (ormai un’audience eterogenea e disincantata) se solo continuerà ad avere il coraggio di raccontare storie che spezzino i vincoli della bidimensionalità della carta stampata, portando i vari Barman, Superman, Spiderman e compagnia, a confrontarsi con la durezza del mondo di oggi e a partecipare ad un conflitto tra “bene e male” meno naif, ma più confuso tra foschi toni di grigio.

Forse dopo tante parole scritte, la prossima volta che vedrete un buffo personaggio con indosso una tuta in gomma, o che salta da un palazzo all’altro saprete quali elementi guardare, per meglio dare il vostro giudizio.

E adesso, come direbbe Ratman…”Fletto i muscoli, e sono nel vuoto!”

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