mercoledì 11 febbraio 2009

Da agosto scatta il dop sul vino


Da Il sole 24 ore:
Novità in vista sulle bottiglie di vino.
Dal primo agosto è entrato in vigore il regolamento comunitario applicativo sull'etichettatura legato alla nuova organizzazione comune di mercato (Ocm vino), che avrà implicazioni e ricadute importanti sull'intero settore. La bozza, che continua a essere modificata sulla spinta delle richieste dei vari Stati membri, sta suscitando una vivace polemica e un grande fermento.
La principale innovazione è la possibilità di riportare il nome del vitigno e l'annata di raccolta anche sull'etichetta dei vini da tavola, ma senza fare riferimento alle aree geografiche.
Impossibile sarà trovare al supermercato o in enoteca un vino da tavola definito «Barbera d'Asti» o «Sangiovese di Romagna»: tutti i vini dove la varietà della vite è parte integrante di una Doc o Igt non potranno essere venduti come vino da tavola.
Secondo quanto è stato anticipato dal Mipaaf, si prevede che in Italia la possibilità di liberalizzare l'uso del vitigno sarà limitata solo a poche varietà internazionali (Merlot, Cabernet, Chardonnay, Pinot o Sauvignon) mentre resteranno blindate quelle più importanti per la viticoltura nazionale, come il Brunello. Non tutti i Paesi comunitari sono intenzionati a seguire questa politica. Suscita infatti preoccupazione l'eventualità che sul mercato vengano immessi prodotti europei con nomi di vitigni concorrenziali nei confronti delle nostre Dop e Igp, come ad esempio la Barbera di Bulgaria.
Un'altra novità introdotta dalla nuova Ocm riguarda i vini a Igt (Indicazione geografica tipica) per i quali gli Stati membri potranno consentire l'indicazione di una sottozona, ossia di un'area geografica più ristretta rispetto a quella evidenziata in etichetta. Sta facendo molto discutere anche la nuova dizione «vino della Comunità europea», che si applica ai blend di vini provenienti da più Paesi comunitari.
In pratica è la versione semplificata della precedente «melange di vini di diversi Paesi della Comunità europea», già prevista dalla vecchia Ocm, e da sempre poco amata perché ritenuta complessa e poco accattivante.
Ma il tema che ha suscitato maggiormente l'interesse dei mass media, anche sull'onda di informazioni poco precise o distorte, è l'estensione anche ai vini delle denominazioni d'origine finora usate solo nel mondo dei prodotti alimentari: ossia la Dop (Denominazione di origine protetta) e la Igp (Indicazione geografica protetta).
Questi due "bollini" e i loro loghi comunitari potranno essere inseriti nelle etichette al posto, rispettivamente, della Doc (Denominazione origine controllata) e della Igt (Indicazione geografica tipica).Potranno essere classificati come Dop i vini in cui il 100% delle uve proviene dall'area di produzione indicata nel disciplinare e Igp quelli realizzati con almeno l'85% di uve provenienti dalla zona geografica di riferimento. E in entrambi i casi, come avviene per tutti i prodotti alimentari che hanno ottenuto queste denominazioni, il sistema dei controlli sarà demandato a un organismo terzo, esterno alla filiera vitivinicola. Ciò non significa che le vecchie sigle che siamo abituati a leggere sulle etichette delle bottiglie di vino spariranno dal mercato.
L'Unione europea ha di fatto previsto la possibilità per gli Stati membri di mantenere le menzioni tradizionali, quelle che esistono da decenni nel mondo del vino.
Dunque, continueremo a leggere in etichetta le sigle Docg, Doc, Igt per i vini italiani, ma anche Aoc o Vin de Pays per quelli francesi e Landwein per quelli tedeschi. Saranno piuttosto i produttori a decidere quale sigla usare in etichetta: e c'è da scommettere che pochi, perlomeno in Italia, abbandoneranno le vecchie denominazioni.

Ribadisco: la trovo un'inutile e assurda complicazione che tende a favorire tutti, tranne quelli che tradizionalmente producono vino!

Stefano.

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