Dai tempi più antichi fino ai moderni frattali, esiste una proporzione divina che è stata spesso presa in considerazione per ottenere una dimensione armonica delle cose, essa corrisponde ad un rapporto che è stato definito pari a 1,618...(numero d'oro), al quale, nell’Ottocento è stato dato il nome di “Sezione aurea".
- la piramide egizia di Cheope ha il rapporto base/altezza pari a 1,58 molto vicino a 1,6;
- il Partenone di Atene ha nell'architrave di facciata il rettangolo aureo ripetuto più volte;
- in molte loro opere, artisti del passato come Leonardo da Vinci, Piero della Francesca, Sandro Botticelli, sono ricorsi alla sezione aurea, considerata chiave mistica dell'armonia nelle arti e nelle scienze;
- Beethoven, nelle "33 variazioni sopra un valzer di Dabelli" ha suddiviso la composizione in parti il cui rapporto corrisponde al numero d'oro;
- nella progettazione della Cattedrale di Notre Dame a Parigi e del Palazzo dell'ONU a New York sono state utilizzate le proporzioni del rettangolo aureo;
- negli oggetti quotidiani, possiamo trovare alcuni esempi di sezione aurea: dalle schede telefoniche alle carte di credito e bancomat, dalle carte SIM dei cellulari alle musicassette che sono tutti rettangoli aurei con un rapporto tra base ed altezza pari a 1,618;
- il rapporto aureo è riscontrabile anche in molte dimensioni del corpo umano. Se moltiplichiamo per 1,618 la distanza che in una persona adulta e proporzionata, va dai piedi all'ombelico, otteniamo la sua statura. Così la distanza dal gomito alla mano (con le dita tese), moltiplicata per 1,618, dà la lunghezza totale del braccio. La distanza che va dal ginocchio all'anca, moltiplicata per il numero d'oro, dà la lunghezza della gamba dall'anca al malleolo. Anche nella mano i rapporti tra le falangi delle dita medio e anulare sono aurei, così il volto umano è tutto scomponibile in una griglia i cui rettangoli hanno i lati in rapporto aureo.
Sarà per tutti questi buoni motivi, sarà perché la cantina è posta in una bellissima posizione, sarà perché il titolare è una persona “armonica”, sarà perché un suo vino, un rosso a base di uve di Montepulciano “a tiratura limitata” si chiama “1.618”, …sarà…sarà…sarà… sta di fatto che abbiamo deciso di inoltrarci in quel di San Severino Marche per scoprire, conoscere ed assaggiare i vini della Fattoria Colmone della Marca in un tiepido pomeriggio primaverile!
L’appuntamento era alle 17 con il titolare Giovanni Meschini e con l’enologo Roberto Potentini.
Ci avevano detto che andare per vigneti in questo periodo sarebbe stato interessante poiché la cantina è nuova e non ancora completamente ultimata, mentre i vigneti, 6 ha di vitigni a bacca rossa, sarebbero stati veramente splendidi e così è stato.
Sulla simpatia e la disponibilità di Giovanni non avevano dubbi, su quella di Roberto ci siamo convinti! Lui, che è sempre molto competente, ma un po’ formale, alla fine, a furia di rispondere alle nostre domande curiose, si è lasciato andare dando il meglio di sé!
La passeggiata tra i vigneti di Sangiovese, Montepulciano, Vernaccia nera e Cabernet, Petit Verdot, Merlot in fioritura disposti secondo le pendenze e le esposizioni migliori sul un altipiano situato a circa 450m d’altezza che spazia dal Vettore al San Vicino su uno dei panorami più belli delle Marche, si è protratta piacevolmente fino al tramonto.
Quando l’aria si è rinfrescata ci siamo ritirati nell’agriturismo di proprietà della famiglia Meschini dove abbiamo gustato dei piatti eccezionali abbinati ai due vini rossi della cantina: il Rubino di Valsara e il Ciacco da Colmone, il primo (Sangiovese 60% Montepulciano 40%) più giovane e diretto, il secondo, (Sangiovese 40% Montepulciano 60%) più complesso ed elegante.
Qualcuno di noi, più fortunato, ha potuto assaggiare, in ante prima, anche il “1.618” d.o.c. I Terreni di San Severino - Moro che è già stato messo in commercio sotto forma di certificati di proprietà numerati che danno diritto a ritirare la bottiglia corrispondente al numero di emissione (anche questa una novità!) di questa prima ed irripetibile “vendemmia aurea” di Montepulciano 2006 ricco di tannini e di colore da far invidia e ben più noti nomi.
Ma la vera rivelazione sono stati gli ultimi nati, il Bianco del Moro e il Merlo Bianco che ci hanno letteralmente conquistato.
Il primo è un sangiovese vinificato in bianco e con i suoi 14%, coniuga la delicatezza e l’eleganza di un grande bianco, con la struttura e l’armonia di un rosso. Il secondo, un merlot vinificato in bianco, profumato, fresco di corpo e intrigante.
Le prime bottiglie di Bianco del Moro sono state stappate ad aprile 2008, le prime di Merlo Bianco all’ultimo Vinitaly e subito hanno riscosso l’interesse di grandi ristoranti europei che l’hanno messo in carta senza esitazione.
“Tutto questo mi lusinga come produttore, ma mi fa soprattutto piacere poter esportare e far conoscere la marchigianità anche in un mondo esigente e selettivo come quello del vino” dice il produttore che da anni collabora con una nota azienda di arredamento marchigiana di livello mondiale occupandosi dei contatti con l’extra Europa e che quindi non ha dimenticato l’importanza della qualità e dell’immagine nel proporre un marchio sul mercato!
Lui che è un uomo che ha la passione per il gusto del fare, del meditare, del costruire e dell'amare le cose belle, questa volta è stato conquistato dalla natura e dal vino visto la scelta di dedicarsi all’azienda di famiglia!
Anna Maria.
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