martedì 11 dicembre 2007

La Salute vien mangiando




Da Nova 24 - inserto settimanale de Il Sole 24 Ore del 26 luglio 2007


Articolo di Roberto La Pira




L'industria alimentare europea sta riducendo nelle bibite e nei prodotti di consumo la quantità di calorie, grassi, zuccheri e sale. Il nuovo percorso trova una spiegazione più che plausibile nel «Libro bianco della Commissione europea» del maggio 2007. Il documento delinea le strategie da seguire per risolvere i problemi di nutrizione, obesità e sovrappeso dei giovani e rivolge un appello ad aziende e strutture sanitarie coinvolgendo organizzazioni dei consumatori, Ong e altri stakeholder.



In realtà i contatti tra la Dg Sanco (Direzione generale salute e protezione dei consumatori) della Ue e il mondo industriale risalgono a due anni fa, quando sono state decise le iniziative e i percorsi comuni per ridurre la percentuale dei giovani europei in sovrappeso (stimata intorno al 30 per cento). «L'aspetto fondamentale dell'operazione – precisa Paola Testori Coggi, direttore generale aggiunto per la salute e protezione dei consumatori della Commissione Ue – è realizzare una politica condivisa. Un lavoro di gruppo in cui tutti i soggetti portano avanti un progetto che spazia dal cambiamento della composizione dei prodotti alimentari, all'informazione corretta, cercando di limitare l'invasione del marketing e dei prodotti troppo ricchi di sale, grassi e zuccheri».



Le risposte più solerti sono arrivate dalle multinazionali che hanno proposto cibi più equilibrati, con meno calorie per non perdere quote di mercato. I reparti di ricerca e sviluppo delle imprese hanno così abbandonato i prodotti ipercalorici cercando di focalizzarsi su alimenti equilibrati. La rivoluzione culturale ha colpito anche le imprese di junk food, che in diversi casi hanno puntato su bibite a zero calorie e snack a base di cereali frutta e yogurt.





Per capire l'entità del cambiamento di filosofia, bisogna leggere il dossier firmato dalla Confederazione delle industrie alimentari Ue (Ciaa). Il documento elenca le iniziative per fronteggiare l'obesità. Molte aziende hanno ampliato l'assortimento delle bevande light; in diverse scuole sono spariti i distributori di bevande e di snack, e alcune società hanno deciso di non fare pubblicità destinata ai bambini con meno di 11 anni. L'Associazione europea delle aziende produttrici di bevande (Unesda) ha proposto uno schema di etichetta nutrizionale completo per le bibite. Secondo la Ciaa un terzo degli associati ha modificato metà delle ricette negli ultimi due anni. Coca-Cola per esempio ha quadruplicato il numero di bibite in versione light. Non si può ritenere occasionale il recente lancio della famosa bibita nella versione "zero calorie". Unilever dichiara di utilizzare 17mila tonnellate di zucchero in meno l'anno, di avere eliminato dai prodotti 3mila tonnellate di sale e 37mila di acidi grassi trans e/o saturi. La Lu francese negli ultimi dieci anni ha ridotto del 18% la presenza di grassi saturi nei biscotti. La PepsiCo in un anno ha diminuito sino al 70% l'uso di grassi saturi nelle patatine croccanti, mentre Hula Hoops e Skips si sono convertite all'olio di girasole.



Gli acidi grassi trans considerati ingredienti alimentari pericolosi per la salute da almeno due decenni, sono stati finalmente messi al bando da molte imprese. Attualmente anche la quasi totalità dei prodotti Nestlé in Europa non ne contiene. Questi significativi cambiamenti raramente sono spiegati ai consumatori. La comunicazione verso il pubblico è mancata non per distrazione, ma forse per il timore delle imprese di ammettere implicitamente gli errori grossolani fatti utilizzando ingredienti di mediocre qualità. Anche la scelta del 60% delle industrie alimentari di ridurre la quantità di sale comincia a dare qualche risultato. Knorr in Europa ha alleggerito del 10% la presenza di sodio nei dadi. In otto anni i produttori inglesi di cereali per la colazione hanno diminuito del 38% il sodio, e persino le patatine fritte ne contengono il 30% in meno. Anche la Lipton ha diminuito del 10% lo zucchero nel tè solubile. In Inghilterra secondo le ricerche della Food and drink federation, sono stati riformulati alimenti per 16,2 miliardi di euro. I consumatori non sono stati informati ma hanno anche notato poco i cambiamenti perché la sostituzione degli ingredienti è stata fatta mantenendo inalterati sapore, aspetto e packaging.



In Italia le novità più interessanti provengono dall'industria dolciaria: le aziende dell'Aidi (Associazione industrie dolciarie) si sono impegnate a ridurre entro il 31 dicembre 2008 il contenuto di acidi grassi trans derivanti da processi di lavorazione dei grassi. Anche da noi la modifica delle ricette è avvenuta quasi di nascosto. Una delle poche industrie che ha informato i consumatori quando ha eliminato gli acidi grassi trans è stata la Barilla.Il libro bianco della Commissione considera negativo il ruolo della pubblicità perché influenza lo stile alimentare dei giovani e dei bambini. Nonostante ciò la Ue non fissa limiti agli spot destinati ai giovani, non indica regole da seguire e auspica un'autoregolamentazione.



In Italia la situazione è particolarmente critica, come dimostra una ricerca firmata da Coop e realizzata dall'Osservatorio di Pavia. L'indagine evidenzia che i bambini nelle tre ore pomeridiane davanti al piccolo schermo, vedono 32.850 spot di prodotti alimentari l'anno (uno spot ogni 5 minuti) che esalta merendine e snack. In Inghilterra le autorità hanno vietato gli spot dei prodotti alimentari nei programmi tv destinati ai bambini fino a nove anni. In Francia la pubblicità destinata ai bambini deve essere accompagnata da messaggi che invitano a consumare più frutta, meno grassi e a fare più movimento. In Italia i piccoli sono bombardati da una raffica di spot doppia rispetto alla media europea, ma nessuno interviene.



Ndr: Mi è sembrato interessante pubblicare questo articolo, anche se a mio modo di vedere contiene parecchie imperfezioni, sopratutto quando parla di marketing. Scambiare il marketing con la pubblicità è purtroppo prassi comune, dalle aziende al consumatore. Mi fa specie che lo faccia anche un giornalista economico, e sopratutto che non sappia distinguere tra selling e marketing. In ogni caso la buona notizia è che anche per i prodotti commerciali e confezionati si sta andando verso un miglioramento generale della produzione e sopratutto verso un'informazione corretta. Mi fa piacere, sopratutto, che nell'articolo si faccia anche qualche nome.




Stefano

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