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venerdì 13 giugno 2008
Harry's bar fa sconti ai clienti Usa.
Da Corriere.it del 7 marzo:
La «voce amica» anche agli americani che varcano la soglia dell'Harry's Bar di Venezia. Detta così, sembra una boutade. Ma non scherza il patron, Arrigo Cipriani, mentre parla di sconti nella sua trattoria di lusso di calle Vallaresso, a pochi metri da piazza San Marco. «I cittadini che arrivano dagli States sono sempre stati i nostri migliori clienti», attacca. (Citazione obbligatoria: Hernest Hemingway era di casa all'Harry's quando regnava Giuseppe, il fondatore, e il figlio Arrigo aveva ancora i calzoni corti). Aggiunge: «Poiché quest'anno la stagione si prospetta, mettiamola così, un po' tranquilla, e il dollaro Usa sta andando a precipizio, ho pensato bene di favorire temporaneamente quella fascia di persone che ci apprezza e ci segue da tanti anni».
Certo, la moneta debole degli Usa non penalizza soltanto il mitico locale veneziano. Gli americani, infatti, rappresentano il 20 per cento del movimento turistico del centro storico.
Fatto sta che, secondo i pronostici, questo e il prossimo saranno anni magri, soprattutto per gli hotel a 4 e 5 stelle. Ma Cipriani aggredisce la crisi con spirito d'iniziativa. Ed ecco spuntare il cartello, in lingua inglese, sulla porta del suo ristorante.
Liberamente tradotto, l'avviso dice: «L'Harry's Bar, nei confronti degli americani, vittime dei "subprime" (mutui ad alto rischio, ndr), ha deciso di elargire uno sconto speciale del 20 per cento su tutti i menù, augurandosi che il periodo di recupero sia breve». In altre parole, passata la buriana, si torna come prima. Cioè alla tradizione, che nello storico locale di Venezia, funziona così: c'è la lista con i relativi prezzi (piuttosto salati ma qui si respira l'atmosfera d'antan, lasciata da scrittori, attori, principi, nobildonne) dei piatti; classici (uno per tutti, il «carpaccio») e quelli del giorno. Al momento del conto, i comuni avventori pagano la tariffa piena; i veneziani e i volti conosciuti, invece, usufruiscono della cosiddetta «voce amica» — espressamente indicata nella ricevuta — che si traduce nel 20 per cento di sconto.
E l'aggiunta del simpatico contorno di chiacchiere con Arrigo (spesso presente in sala), arguto conversatore. I ricordi, gli aneddoti, le nuove iniziative, la filosofia di Cipriani e perfino le schermaglie polemiche (attorno alla qualità della cucina, alle guide gastronomiche che danno bassi voti all'Harry's, ma, sia chiaro, il patron se ne infischia), fanno lievitare la serata. Con o senza americani. Ammessi, dall'altro ieri, nell'olimpo della «voce amica».
Come stanno andando i ribassi? «L'idea ha molto divertito gli avventori del nostro bar — nota il patron —. E i primi sconti sono già stati applicati, tra la soddisfazione e lo spasso degli amici statunitensi». Per inciso, di solito si tratta di persone danarose, esenti dal complesso dei «subprime».
Ma c'è anche il turista medio che, inseguendo la leggenda («Nel 1936, un giorno — raccontava papà Giuseppe — c'erano quattro re che mangiavano a quattro tavoli diversi») almeno una volta vuole sedersi sul trespolo del bancone, sorseggiando un Bellini, e poi accomodarsi al tavolo, dove il cameriere, sollecito, gli versa il vino e lo tratta come un habitué. Insomma, Arrigo che non è nuovo alle sortite/spettacolo (tempo fa, vestito da cinese, offriva confezioni di pasta artigianale con il suo marchio, invocando i dazi), anche questa volta si è messo sulla cresta dell'onda.
«Mi hanno chiesto — scherza — se chiedo la carta d'identità per distinguere gli americani dagli inglesi. Non esageriamo! Se ci si sbaglia, amen: avranno lo sconto anche i cittadini del Regno Unito».
Stefano.
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