mercoledì 18 giugno 2008

Falanghina dei Campi Flegrei 2006, Grotta del Sole.



Non conoscevo la storia della falanghina dei campi flegrei e devo dire che è molto interessante. In sostanza, guai a parlare genericamente di falanghina accomunando questa a quella avellinese e del beneventano. C’è una differenza fondamentale: i campi flegrei, infatti, essendo terreno vulcanico post eruzione sono coltivato con l’antico sistema ossia senza innesto del piede americano.
Il passaggio delle sostanze minerali dalla terra alla vite, quindi, non avviene per il tramite del filtro “americano” ma direttamente. Attenzione: questo non vuol dire, come ha giustamente fatto notare lo stesso produttore, che questa falanghina sia più buona ma semplicemente diversa. Io devo dire che l’ho trovata anche più buona.

Venendo al vino, il suo colore è un giallo paglierino con un accenno di riflessi verdognoli. Al naso a bicchiere fermo si percepiscono una media ampiezza e una media intensità. Mela renetta acerba, pera dolce e ananas su tutto. A bicchiere in movimento il vino si evolve ma la sensazione dell’acerbo rimane. Tra i frutti si avvertono anche la banana e la pesca.
In bocca avviene il meglio: grande freschezza acidica seguita da una corretta sapidità. Buona la struttura e buona la persistenza in bocca con un finale avvertibile sulla lingua leggermente amarognolo, ma con discrezione.

Considerando il prezzo medio di 7,50 euro, direi che è un vino dall’ottimo rapporto qualità/prezzo e comunque, per le caratteristiche di cui sopra, direi che è da provare almeno per completare la gamma delle proprie esperienze.

Aggiungo solo che mi incuriosisce questa azienda che grazie allo straordinario terroir sta portando avanti un interessante progetto di “archeologia enologica” riscoprendo o ridando la giusta attenzione a delle varietà cadute un po’ nel dimenticatoio come il piedirosso (sempre nell’area flegrea), il gragnano e il lettere (nella penisola sorrentina) e il lacryma christi bianco e rosso del vesuvio.

Stefano.

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