sabato 2 giugno 2007

Chi ricorda i ragazzi di piazza Tienammen ?



Domani sarà il diciottesimo anniversario della strage di Piazza Tianammen.
È stato tra la notte del 3 e 4 giugno del 1989 che i carri armati dell’esercito cinese fecero irruzione nella piazza dove da giorni si svolgeva una pacifica manifestazione studentesca che chiedeva più libertà.

I morti e le vittime di quella notte non sono mai stati dichiarati dal governo cinese, come ancora non è dato sapere quante sono state le persone arrestate, e quante di loro si trovano ancora in carcere.
La colpa di quei morti, per lo più giovani universitari, era quella di chiedere piu' libertà e per questo furono massacrati a raffiche di mitragliatrici.
Nella notte irruppero nella piazza addirittura i carri armati con il preciso dovere di sparare sulla folla.
La foto che apre il topic, una delle pochissime che sono riuscito a trovare su internet, ci fa vedere una fila di carri armati che si arrestano davanti ad un uomo che con il corpo protegge chi sta dietro di lui.
In seguito furono arrestati sia l'uomo che il comandante del mezzo, quest'ultimo con l'accusa di non aver fatto proseguire la colonna dei carri.
Ancora il 30 aprile del 2005 un tribunale popolare del sud della Cina ha condannato a 10 anni di prigione il giornalista Shin Tao, colpevole di avere violato la direttiva del governo che vieta di commemorare in alcun modo l’anniversario della strage.
In questi anni la Cina può vantarsi di aver riconquistato una posizione internazionale addirittura senza precedenti nella sua storia, grazie alla crisi asiatica e nucleare.
Senza alcun pentimento nè concessione in tema di diritti umani.
Il governo a Pechino non è cambiato. Né ha mai fatto atto di contrizione per le centinaia, forse un migliaio, di persone morte nella capitale in quella notte di bassa macelleria, sotto il fuoco dei militari dell'"Esercito popolare di liberazione" inviato da Deng Xiaoping per disperdere le più importanti manifestazioni popolari della Cina comunista.
Per il partito, che ha festeggiato già da tempo i 50 anni al potere, la decisione fu «necessaria e corretta».Ha salvato il paese dal caos, e la riprova sarebbe stata la fine dell'Unione sovietica due anni dopo.

Mi auguro di sbagliare e spero di essere smentito, ma non penso che domani sarà dato ampio risalto a questa tragica ricorrenza...

4 commenti:

  1. La cronaca degli accadimenti, a latere della bella riflessione di Marco, secondo Wikipedia:

    La protesta di piazza Tian an men (nota anche come massacro di Piazza Tian an men) iniziò da una dimostrazione studentesca portata in Piazza Tiananmen nella città di Pechino (Beijing in cinese) capitale della Repubblica popolare Cinese tra il 15 aprile e il 4 giugno 1989. La protesta, nata per denunciare l'instabilità economica e la corruzione politica dello stato cinese, fu soppressa con la violenza da parte del governo, sotto il controllo del Partito Comunista Cinese. Il numero dei morti causati dalla repressione è difficile da determinare, ma oscilla tra i 200-300 (dati governativi) e i 2.000-3.000 (dati delle associazioni studentesche e della Croce Rossa cinese).

    La protesta studentesca cominciò nell'aprile del 1989, fu scatenata dalla morte di Hu Yaobang, il vicesegretario generale del partito. Hu era considerato una persona dalle idee liberali e fu obbligato alle dimissioni da parte di Deng Xiaoping: ciò venne giudicato molto negativamente da molte persone, specialmente da parte degli intellettuali.

    La protesta ebbe inizio in modo relativamente pacato, nascendo dal cordoglio nei confronti di Hu Yaobang e richiedendo al partito di prendere una posizione ufficiale nei suoi confronti. La protesta divenne via via più intensa dopo le notizie dei primi scontri tra manifestanti e polizia. Gli studenti si convinsero allora che i mass media cinesi stessero distorcendo la natura delle loro azioni, che erano solamente volte a supportare la figura di Hu Yaobang. In occasione dei funerali di Hu un vasto gruppo di studenti si recò in Piazza Tien an men, chiedendo d'incontrare Li Peng, oppositore politico di Hu, ma questi non volle ascoltare le loro richieste. A quel punto gli studenti proclamarono uno sciopero generale all'università di Pechino. Il 26 aprile, un editoriale del People's Daily, riportando un discorso di Deng Xiaoping, accusò gli studenti di complottare contro lo stato e fomentare agitazioni di piazza. Questa dichiarazione fece infuriare gli studenti e il 27 aprile circa 50.000 studenti scesero nelle strade di Pechino, ignorando il pericolo di repressioni da parte delle autorità e richiedendo nuovamente che il governo ritrattasse le dichiarazioni fatte in precedenza.

    Il 4 maggio circa 100.000 persone marciarono nelle strade di Pechino, chiedendo più libertà nei media e un dialogo formale tra le autorità del partito e una rappresentanza eletta dagli studenti. Il governo rifiutò la proposta di dialogo, acconsentendo solamente a parlare con i membri designati dall'organizzazione studentesca. Il 13 maggio un folto gruppo di studenti occupò Piazza Tian an men, cominciando uno sciopero della fame, richiedendo al governo di ritrattare l'accusa riportata dall'editoriale del People's Daily e cominciare a parlare con una rappresentanza studentesca. Migliaia di studenti si unirono allo sciopero della fame, supportati da centinaia di migliaia di studenti e di residenti di Pechino. I manifestanti innalzarono al centro della piazza un'enorme statua, alta 10 metri, chiamata Dea della Democrazia, in polistirolo e cartapesta, ispirata alla Statua della Libertà statunitense. Da notare che tra i manifestanti erano presenti anche comunisti dissidenti che cantavano L'Internazionale (inno).

    Il 20 maggio il governo dichiarò la legge marziale, tuttavia la protesta continuò. Dopo questa delibera dei leader del partito, fu ordinato l'uso della forza per risolvere la crisi; Zhao Ziyang fu rimosso dal suo incarico a causa della sua incapacità nel risolvere la situazione senza dover ricorrere all'uso della forza. L'attuale Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Hu Jintao, allora segretario del Partito nella regione autonoma tibetana, prese posizioni molto dure nei confronti della situazione venutasi a creare, mandando un telegramma ai vertici del Partito, ove dichiarava di appoggiare in pieno l'uso della forza contro i manifestanti. Il Partito decise quindi di fermare la situazione prima di assistere ad una ulteriore escalation: nella notte tra il 27 e il 28 fu mandato a riprendere il controllo della città l'Esercito di Liberazione Popolare, con i carri armati. Questi attaccarono gli studenti e i lavoratori nelle strade di Pechino. La repressione portò a morti sia tra i civili che tra i militari.

    Ancora oggi le stime dei morti variano. Il governo cinese parlò inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, ma poi abbassò il numero di militari uccisi ad "alcune dozzine". La CIA stimò invece 400-800 vittime. La Croce Rossa riferì 2600 morti e 30.000 feriti. Le testimonianze di stranieri affermarono invece che 3000 persone vennero uccise. La stessa cifra fu data da un sito inglese di Pechino. Le stime più alte parlarono di 7.000-12.000 morti. Organizzazioni non governative come Amnesty International hanno denunciato che, ai morti per l'intervento, vanno aggiunti i giustiziati per "ribellione", "incendio di veicoli militari", ferimento o uccisione di soldati e reati simili. AI ha stimato che il loro numero è superiore a 400. Il governo condusse moltissimi arresti tra i rimanenti sostenitori della protesta e del movimento. Limitò inoltre l'accesso da parte dei media internazionali, dando la possibilità di coprire l'evento alla sola stampa cinese. La repressione di Piazza Tien an men provocò la ferma condanna da parte di numerosi Paesi occidentali nei confronti del governo comunista cinese. Oggi il clima si è riappacificato e la Cina è stata riaccolta dagli altri paesi nella politica globale, ma gli eventi di Piazza Tien an men sono ancora un argomento sensibile per il governo comunista cinese, che non fornisce versioni ufficiali dell'accaduto ed esercita forme di censura riguardo gli avvenimenti in questione.

    Oltre la citata enorme statua, simbolo della rivolta è considerato il rivoltoso sconosciuto che in totale solitudine e completamente disarmato affronta una colonna di carri armati: le fotografie che lo ritraggono sono popolari nel mondo intero e sono per molti un simbolo di lotta contro la tirannide.

    RispondiElimina
  2. Con il tuo esile corpo hai fermato un carro armato,bastava un ordine e saresti stato schiacciato.

    Ma per un momento è stato come se tutto il mondo fosse fermo lì davanti a te, a un piccolo uomo
    a un grande uomo, a uno come noi.

    Sarebbe facile dire che tu hai sconfitto un'idea,come se odio e violenza avessero solo quel colore.

    Ma sto pensando a tutti quelli che hanno pagato nel silenzio e nel dolore, perché il carro armato
    non s'è fermato, niente ha risparmiato.

    Ti voglio dire che né politica, né religione, danno il diritto di troncare la vita di un uomo.

    Che sogna solo una casa una donna un lavoro, di essere libero e un poco felice in un mondo migliore
    fatto di gente, gente come noi.

    Con il tuo esile corpo hai fermato un carro armato bastava un ordine e saresti stato schiacciato.

    Ma per un momento è stato come se tutto il mondo fosse fermo lì davanti a te, a un piccolo uomo
    a un grande uomo, a uno come noi.



    .....è una canzone dei Nomadi dal titolo "Uno come noi"...credo che esprima bene la "foto storica" di piazza Tienammen.



    Un saluto a tutti gli appartenenti al MELMO.....in particolar modo a Marco e Stefano..

    RispondiElimina
  3. ...solo Hong Kong ha ricordato.

    RispondiElimina
  4. si festeggia l'anniversario della morte di lady D x' fa parte di pettegolezzo e cronaca rosa...non x' possa essere stata uccisa..la società è quetsa e nessuno ha ricordato i ragazzi di tienammen perchè il 90 % degli italiani non sa nemmeno ch esista una piazza con questo nome..e dopo tutto nessuno di loro ha partecipato all'isola dei famosi...sono molto polemica ma io vedo così il mondo dove vivo.

    RispondiElimina