venerdì 30 gennaio 2009

Cucina musulmana, prima parte.




Dopo la trattazione della cucina ebraica, possiamo passare a quella musulmana, indicandone le varie regole che la caratterizzano.
Anche in questo caso faremo un doppio appuntamento, per evitare di fare un singolo post eccessivamente lungo.
Nell'Islam, come descriverò più dettagliatamente in seguito, gli alimenti si suddividono in:


  • halâl: (permessi, leciti);

  • harâm: (proibiti, illeciti);

  • mushbûb: (dubbi, sospetti; il loro consumo è quindi affidato alla coscienza del musulmano);

  • makrûh: (abominevoli).

Nel Corano, si legge (Vª5):


Oggi è reso lecito a voi il buon cibo [âlTayyibât, letteralmente: i
gradevoli,le cose sane]; gli alimenti di quelli che hanno ricevuto le [sacre]
Scritture sono leciti per voi, e i vostri alimenti sono leciti per loro.
E del pari le donne oneste fra le musulmane e quelle oneste fra quelli cui sono
state date le Sacre Scritture prima di voi; purché diate loro la loro dote,
vivendo con rispetto, non commettendo fornicazione e non prendendo amanti.
Chi rinnegherà il buon comportamento, vanificherà il suo operato e nella
vita futura sarà fra i perdenti.

In linea di massima quindi sono permessi ai Musulmani i cibi sani; e sono specificatamente proibiti il maiale e gli alcoolici.


Alimentazione degli Arabi prima dell'Îslâm.
Animali da allevamento, prevalentemente il montone, anche il grasso del cammello e della coda di montone; ma l'uso abituale di carne era comunque raro.
Principale alimento base era il latte, di cammella, di capra, di pecora, e da questi il burro e i formaggi.
Nel Sud della penisola arabaprimeggiavano i datteri, in grandi varietà; nel Nord, pane (di orzo e di frumento), zuppe, legumi, e poca selvaggina di ogni tipo. Soprattutto i popoli agricoltori avevano zuppe e piatti di carne molto grassi. Molto apprezzato anche per le sue qualità altamente salutari il miele, che verrà poi lodato anche nel Corano.
Vino soprattutto di palma, ma anche di uva, e a volte importato. Il quadro religioso preislamico era molto vario, quindi anche per ciò che riguardava gli alimenti sussistevano molte varietà di regole.
Le più note eran quelle delle comunità ebraiche, una cui eco si sente nel Corano là dove rende lecito a tutti i Musulmani ogni tipo di pesce.

Regole alimentari del primo Îslâm.
Il mondo islamico inglobò paesi conquistatori e paesi conquistati, ciascuno con una sua tradizione alimentare.
Tuttavia già dal terzo secolo dell'Égira gli interscambi e l'unità del dogma creano una vasta area relativamente omogenea in cui emergono soprattutto gli usi di tre cucine tipiche: la romana, la bizantina, la turca.
Anche grazie all'organizzazione e all'estensione dei commerci, si diffondono i prodotti base; ne sono esempi maggiori il riso e lo zucchero di canna, venuti dall'Asia centrale.
Il riso, dall'India giunge sino in Spagna. Ma anche altri prodotti ignoti all'impero romano giungono ora anche all'Europa cristiana. Lo zucchero, dall'India, soppianta l'utilizzo romano del miele, ma vi si affianca anche il giulebbe di uva, di carruba, e di altri frutti dolci.
Di grande commercio universale è il grano.
Particolarmente apprezzate le spezie, importate dalla Cina e dall'India, già note in periodo preislamico e anzi veicolate nel Bacino mediterraneo dalla Grande carovaniera dell'incenso, essendo essenziali per la conservazione degli alimenti e per problemi di disinfezione intestinale.
In definitiva i principali apporti islamici all'Occidente furono: il riso, gli spinaci, i limoni, le arance, le pesche, i carciofi, le albicocche, lo zucchero, il caffè.
Con i prodotti furono veicolati anche gli insegnamenti per coltivarli ed elaborarli.
I paesi islamici importavano a loro volta derrate alimentari anche da paesi non musulmani: dalla Russia e dai paesi slavi pesce secco, miele e nocciole; dalla Toscana olio d'oliva; dalla Francia e dalla Sicilia formaggi particolari.


Conservazione.

I precedenti metodi romani e bizantini erano ben conosciuti nel mondo islamico. Cibi seccati con vari metodi (anche carni e pesci) erano presenti dovunque, così come i cibi affumicati e salati. Meloni della Transoxiana erano portati a Baghdad in ceste con ghiaccio, chiuse in casse di piombo.
Erano comuni i cibi conservati sott'olio, nell'aceto, nel miele, chiusi in boccali sigillati, anche posti sottoterra. Gli aromi venivano soprattutto dall'India. Ma va considerato che la farmacopea musulmana - in quei tempi all'avanguardia in tutto il mondo antico - aveva già fatto conoscere la conservazione mediante antisettici.
In generale i venditori di cibi conservati costituivano vere e proprie corporazioni per le "conserve alimentari". Avevano una considerevole rete commerciale, e importavano perfino dall'Italia salsicce (non di maiale) conservate con metodi romani, che venivano principalmente dalla Lucania, come dimostra il loro nome arabo laqâniq o naqâniq.

Preparazione.
La giurisprudenza malikita e la giurisprudenza abadita prescrivono che la moglie non può essere obbligata a macinare; dilatando questo assunto si andò ben presto stabilendo nel mondo islamico l'uso di far preparare una parte dei cibi da negozianti specializzati.
Invalse in seguito l'uso, ad esempio, che le paste venissero portate a cuocere dal fornaio, e alla fine furono molti i piatti venduti già pronti. I viaggiatori europei che visitarono il Cairo nel Medioevo parlavano di circa 12.000 rosticcerie.
La preparazione dell'olio era assicurata da vere e proprie industrie.
Per i cristiani e gli ebrei e per qualche musulmano che non seguiva il divieto coranico era comunque presente l'industria del vino, con variazioni da paese a paese. Ve ne erano importanti centri in Siria, ma non in Egitto; in tutto l'impero Ottomano, ma non in Istànbul. Industria di considerevole portata fu quella dello zucchero di canna, apprezzato in tutto il mondo.
Nell'antico Cairo producevano zucchero 58 stabilimenti, e sotto i Mamelucchi ciò divenne un monopolio di stato. Molto apprezzate furono anche le industrie delle marmellate, dei dolci, della bottarga.

Stefano.

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