martedì 30 giugno 2009

La festa dei rosati.



Da Corriere.it

(facciamo seguito a quanto pubblicato ieri):


Lei magari non lo sa, ma ad allietare i brindisi l'altra sera, nella piazza di Moniga, ci ha pensato Mariann Fischer Boel, commissaria europea all'Agricoltura.
Un brindisi che sa quasi di ex voto, di grazia ricevuta. Perché i produttori di vini rosati d'Italia che questo fine settimana, per la seconda volta, si sono dati appuntamento qui sulle rive del Garda a «Italia in rosa», hanno rischiato di ritrovarsi a celebrare un funerale, invece che una festa.
A marzo pareva suonata la campana a morto.

L'annunciato via libera Ue ai rosati prodotti mescolando vini bianchi e rossi (anziché vinificando, con breve contatto con le bucce, uve a bacca rossa) sarebbe stato un colpo mortale per i vignerons italiani e francesi.
Il solito regalo comunitario alla grande industria, a spese di chi ha qualità, terroir e tradizione. La levata di scudi, però, per una volta ha dato frutti: raccolte di firme (1.500 nei soli giorni del Vinitaly), minacce di azioni legali, fronte comune dei ministri all'Agricoltura sui due lati delle Alpi. E, venti giorni fa, la lieta novella: la commissaria danese ci ha ripensato.
I «mischiotti», come qualcuno li aveva ribattezzati, non si faranno. Ma non sorridono solo per lo scampato pericolo, le 210 cantine di 18 regioni, per un totale di 260 vini, dai Lagrein rosati altoatesini a quelli del Salento e ai Cerasuoli di Sicilia, che si dividono gli stand a Villa Bertanzi.


Qui, dove il senatore del Regno Pompeo Molmenti imbottigliò, nel 1896, la prima bottiglia di Chiaretto di Moniga, tira aria di rinascita.
E i rosé, chiaretti e rosati di Lombardia, spumanti o fermi che siano, sembrano i più pimpanti di tutti. Nell'Oltrepò Pavese, per dire, sul rosé, anzi sul Cruasé, hanno deciso di puntare tutto o quasi. «Il nuovo marchio collettivo, che qui a Moniga fa una delle sue prime uscite ma sarà sulle bottiglie dal prossimo autunno — spiega il direttore del Consorzio vini dell'Oltrepò Carlo Alberto Panont — identificherà i nostri spumanti docg metodo classico rosé da uve Pinot nero.
Oggi sono poco meno di 500 mila bottiglie, ma grazie al Cruasé puntiamo a 2 milioni entro il 2012 e portarlo al 50% della produzione di spumante docg dell'Oltrepò». E non è solo questione di seguire la moda (secondo alcuni studi la vendita di rosati crescerà del 17% di qui al 2012). «Il rosé è il modo più naturale di produrre spumante dal Pinot nero, perché quello è il colore normale del mosto — spiega Panont — e in Oltrepò ci sono tremila dei 3.800 ettari di pinot nero d'Italia».


Per i curiosi, Cruasé è la somma di cru (cioè selezione) più rosé, ma richiama anche cruà, termine con cui, dal 600 a metà 800, si designava il miglior vino dell'Oltrepò. Non meno ambiziosi i progetti per il Chiaretto gardesano. «Quarant'anni fa — racconta Sante Bonomo, presidente del Consorzio Garda Classico — il Chiaretto di Moniga, a base Groppello, era l'aperitivo principe in Galleria a Milano. Da allora il declino, ma ora le indagini di mercato dicono che è tempo di invertire la rotta».
Obiettivo: passare in tre-quattro anni dalle 600 mila bottiglie attuali ad almeno un milione. Poche rispetto ai 6 milioni e mezzo dei dirimpettai veronesi del Bardolino Chiaretto, ma abbastanza per far tornare a conoscere questo vino fuori dai confini gardesani. E anche fra gli spumanti di Franciacorta il rosa è sempre più di moda: dal 2004 al 2008 si è passati dal 2 al 6% della produzione (+125% nel 2008), sfiorando le 700 mila bottiglie. Oltre al «Libiam, libiam» vien quasi da intonare la «Vie en rose».

lunedì 29 giugno 2009

Ce la siamo sfangata: niente falsi rosati per fortuna.


(ANSA)- BRUXELLES, 8 GIU- Bruxelles rinuncia alla sua proposta di autorizzare nell'Ue le miscele di vini bianchi e rossi da tavola per produrre il 'finto' rose'. In danno di quello tradizionale. Lo annuncia oggi la commissaria europea all'Agricoltura Mariann Fischer Boel precisando che 'non ci saranno cambiamenti alle regole sulla produzione di vino rose' in Europa'.

Ora voglio dire: ma ci vcoleva un genio per capire sta cosa? Persino noi che siamo capoccioni abbiamo abbandonato questa pratica (almeno ufficialmente) da diversi anni. Certo in Europa ci danno una pista su un sacco di cose, ma su sta roba so scemi forte.

Stefano.

sabato 27 giugno 2009

L'uomo al balcone, di Maj Sjowall e Per Wahloo.



Continua la saga dei crimini svedesi.
Divertenti e mai scontati.
Stoccolma è sconvolta da una serie di omicidi a sfondo sessuale.
Le vittime sono delle bambine innocenti, adescate mentre giocano nei parchi della città. I pochi testimoni le hanno viste intrattenersi amichevolmente con un uomo. Evidentemente l'assassino riesce a guadagnare la loro fiducia. Il commissario capo della polizia di Stoccolma Martin Beck coordina la squadra degli investigatori tra intuizioni e problemi personali dei suoi uomini, e le incertezze e i ricordi suoi propri. Beck, come diceva Maigret di se stesso, "non pensa mai"; segue tenace e pesante le tracce che il lavoro gli porge: il lavoro di strada, sui testimoni fortuiti e distratti, sugli ambienti che si riesce a circoscrivere. E aspetta che qualcosa succeda nell'inchiesta: ed è questo, aspettare, la sua abilità principale; insieme alla memoria.
Magari qualcosa a cui nessuno aveva badato all'inizio che si connette a un nuovo indizio.


L'uomo al balcone, editore Sellerio, prezzo 12,00 euro

venerdì 26 giugno 2009

Un bel riconoscimento per Piera Martellozzo


Da Newsfood:
Un altro importante riconoscimento per Piera Martellozzo, azienda di San Quirino, nelle Grave del Friuli.
Il Rosè Spumante Dry Cuvée si è infatti aggiudicato un'importantissima medaglia d'argento al Decanter World Wine Awards, il concorso sul vino la cui classifica è una delle più prestigiose al mondo.
Presieduto da Stephen Spurriel, una delle firme più note del settore, il Decanter World Wine Awards può contare sul giudizio di una giuria di esperti provenienti da tutto il mondo. Le valutazioni dei vini si basano sulla provenienza, sulla diversità che li rende unici e sul rapporto qualità-prezzo.
Il Decanter World Wine Awards ha esaminato quest'anno 10.285 vini, provenienti da 2240 aziende, 23% rispetto all'edizione 2008.
"Vincere una medaglia d'argento in questa competizione - commenta Piera Martellozzo - dà una soddisfazione enorme, perchè è una vetrina di assoluto prestigio a livello internazionale. Dopo la premiazione del nostro barricato Milo al Vinitaly, questa è un' ulteriore conferma dell'eccellenza dei nostri vini".
Il Rosé firmato Piera Martellozzo ha conquistato i giudici con il suo gusto brioso e le sue mille bollicine. E' infatti impossibile resistere al suo profumo di fiori, con sentori di rosa, lampone e marasca, e al suo colore accattivante con riflessi brillanti, quasi di ciliegia. Il gusto è pieno, giustamente contrapposto da una sapida acidità.
Ottimo come aperitivo, questo Rosé è perfetto per i party più cool, sorseggiato a bordo piscina o servito accompagnato da gustosi stuzzichini.
Si presta anche come vino da pasto, in abbinamento a risotti di pesce, carni bianche, salmone e grigliate, in particolare di pesce e formaggi.
Il Rosé Piera Martellozzo nasce da uve allevate con metodo Guyot, che vengono raccolte i primi giorni di ottobre e poi pigiate e sottoposte a breve macerazione con le bucce per 12 ore. La preparazione della cuvée avviene con spumantizzazione in autoclave con metodo charmat lungo.

giovedì 25 giugno 2009

Settembrini - Roma: preludio alla rece.

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Sembra un vetusto titolo di una canzone di Bach interpretata da Rostropovich (per chi avesse voglia di sentirsela, e ve lo consiglio caldamente: clicca), ma in realtà è solo un accenno di rece.

Accenno sostanzialmente perché mancano le foto, perché quando sono andato a cena in questo posto ero con altre persone e mi vergognavo un po’ di fare le foto ai piatti: abbiate pietà di un povero blogger in via di estinzione ed evitate ironie, please. In ogni caso siccome ho mangiato e bevuto molto bene, tornerò presto in questo posto, per completare la rece.

Passando al dunque, il ristorante Settembrini si trova, guarda un po’, a Via Settembrini a Roma. Noi abbiamo mangiato di fuori, su un marciapiedi abbastanza ampio da non farti pensare che stai su un … marciapiedi. Sono anche entrato dentro, districandomi tra un centinaio di massoni che avevano prenotato il locale, e devo dire che anche il dentro è molto carino. Le apparecchiature sono sobrie ma eleganti. Una nota veramente di merito va data sia al menù che alla carta dei vini. Al menù perché molto bello: non c’è un affollamento di piatti dai nomi troppo lunghi che ti costringe a immagazzinare complicate combinazioni ma allo stesso tempo una buona scelta di pesce con il necessario per comprendere la ricercatezza della cucina. Inoltre a parte ci sono delle proposte del giorno dette a voce. La carta dei vini è uno spettacolo: accompagnata da frasi o da poesie, con ricarichi che definire onesti è poco e soprattutto fatta con un’intelligenza veramente rara. Se devo fare un appunto è che ci sono pochissimi vini laziali, ma questa non è solo colpa del ristorante: diciamo che è un cane che si morde la coda e basta, perché non è questo il momento di questa discussione.
Ho assaggiato un primo molto molto buono, sostanzialmente dei ravioli ripieni di una purea di fagioli in un "brodèn" di cozze.
Delicatissimo, ma molto buono.
Come secondo è arrivato il pescato del giorno, che consisteva in una versione cotta e cruda dello stesso pesce (una ricciola se non ricordo male) in due salse: una di zucchine e una anche con i fiori. La parte cotta era semplice ma molto buona e saporita. Il crudo era una tartarre semplicemente spettacolare.
Abbiamo concluso con un dolcetto che per me era una torta ai 3 cioccolati.
Molto buona, ma forse un po' pesante.
Capitolo beveraggi: ci siamo ovviamente affidati all'esperienza di Roberto (che prima o poi scriverà per noi...) che ci ha fatto prendere un bel Mersault, di cui non so la casa, arrivato un po' freddo e chiuso ma apertosi in poco tempo in tutta la sua bontà.
E per non farmi mancare nulla non mi sono negato un bicchiere di buon whiskey.
Conto totale, circa 60 euri a cranio, ma considerate che solo la boccia di vino ne costava 55!
In sostanza: bella esperienza, da ripetere il prima possibile (con foto).


Stefano.

martedì 23 giugno 2009

Schidione: le precisazioni di Franco Biondi Santi.


Riceviamo e volentieri pubblichiamo una doverosa precisazione di Franco Biondi Santi a proposito del post di qualche giorno fa sul vino Schidione.

Ho letto l’ articolo di mercoledì 3 giugno 2009 “Schidione anno 1994, cantina Jacopo Biondi Santi” sul vs. sito internet www.melmo-blog.com. Le scrivo a questo proposito in quanto le informazioni che pubblica sono imprecise e tendenziose. Per Sua norma La informo che il vino Schidione è prodotto da mio figlio Jacopo Biondi Santi nella sua azienda Castello di Montepò a Scansano (GR), dove lo realizza in assoluta autonomia.

Come già fatto privatamente, rinnovo pubblicamente le scuse al Sig. Biondi Santi e al figlio Jacopo per l'imprecisione riportata, anzi direi senza mezzi termini per l'errore commesso.

Stefano.

lunedì 22 giugno 2009

Solaia anno 2001, cantina Antinori.



Una delle super bottiglie stappate da Andrea nel big-Mattia è proprio questa.
E dalla degustazione alla cieca ne esce quasi con le ossa rotte...
Sulla mia scheda-Melmo prende 88 punti che sono pochi calcolando di quale mostro sacro stiamo parlando.

Tecnicamente diciamo che è un rosso I.G.T. da 13,5 gradi, prodotto con uve Cabernet Sauvignon(75%), Sangiovese (20%) e Cabernet Franc (5%).

Di questa bottiglia non se ne discute il fascino nè l'eleganza, che questo vino sia ormai un nome di un'importanza sconfinata nell'enologia italica e mondiale è fuor di dubbio.
In sintesi parlando del prodotto che abbiamo bevuto devo dire che non tutti i complimenti sono venuti al pettine...
I voti piu' alti li prende nella sezione "visiva", i piu' bassi, ahime', nella sezione olfattiva.
Non so se il motivo puo' essere una cattiva conservazione, ma al naso questo vino era piuttosto scarso: non c'era l'ampio ventaglio olfattivo che era logico aspettarsi da questo prodotto.
Al palato non impressionava.
Si sentiva la vinificazione in tini di rovere, ma appariva scarso e di modesta potenza.
Persistenza insufficente e tannini...così e così, diciamo"blandi".

A chiudere direi che ci ha un po' deluso, ci aspettavamo molto di piu'.
Ma proprio questo assaggio al di sotto delle piu' normali aspettative ci spingerà a bere di nuovo questo autentico monumento e a giudicarlo di nuovo.


Marco.

sabato 20 giugno 2009

Hooligans, il film.

Sono riuscito a vedere il dvd del film uscito nel lontano 2005, soltanto in una delle prime sere di giugno.
L'ho trovato forte, aspro, tagliente, ma molto realistico.
Una volta tanto un film che parla di realtà e non regala facili illusioni.
Anche nei protagonisti, ho trovato volti e personaggi azzeccati, senza fronzoli e con molta voglia di comunicare una dura realtà che per anni ha coinvolto tantissimi giovani in Inghilterra.



A me è piaciuto,per quanto puo' piacere un film di quel genere, e mi ha confermato che pur in situazioni in cui tutto sembra davvero estremo e tutto sembra perduto, si possono rintracciare nicchie di positività da portare ad esempio.



Il film narra la storia di un ragazzo statunitense, Matt Buckner (Elijah Wood),che, espulso da Harvard (dove studiava giornalismo) per colpa del suo compagno di stanza, decide di andare a Londra da sua sorella Shannon (Claire Forlani).
Lì fa amicizia con il fratello di suo cognato, Pete Dunham, che è il leader degli hooligan del West Ham United, la GSE (nella realtà la Inter City Firm).
Inizialmente Matt è un ragazzo di indole debole, insicuro e senza certezze, ma successivamente all'entrata nel gruppo, partecipando attivamente al ritorno alla "vecchia fama" della GSE con scontri violenti con altre tifoserie, diventa molto sicuro di sé e comincia a vedere il mondo sotto un'altra prospettiva.

Per gli amanti del fenomeno ultras, degli stadi e del tifo in generale è un film che consiglio, per gli altri...non so.
Di sicuro il film ha un finale catartico ma non stupido né patetico e nel complesso il film offre un intrattenimento che si mantiene saldo negli intenti sino alla fine.

Marco.

venerdì 19 giugno 2009

Bottega Sarra a Terracina.



Una tiepida e bella serata di primavera e la gentile ospitalità degli amici Vale e Fabio ci offre la scusa per una bella cenetta da Bottega Sarra, a ridosso del centro storico di Terracina.
Vado subito un po' in OT dicendo due cose:
1) cara Vale, il fatto che sia stata citata ufficialmente nel blog e che ormai hai un pc con potenza atomica ti impone di tener fede ai tuoi impegni: aspetto le tue ricette per il blog;
2) se vi capita, un giro per il centro storico di terracina è una bella esperienza: un posto veramente fantastico, per quanto piccolo.

Chiuso l'OT, torniamo a Bottega Sarra.
Per me è un ritorno, c'ero già stato tre anni fa a pranzo (ero fuori per lavoro).
La bontà delle pietanze è stata nuovamente confermata, così come la gradevolezza del posto.
Altro bel plus del locale è la carta dei vini: sufficientemente ampia, belle etichette italiane e soprattutto i ricarichi più bassi che abbia mai visto: onestamente questo è sempre stato uno dei loro punti di forza!

Il servizio di sabato ha però scontato una grandissima lentezza che non ricordavo. Fabio e Vale erano meno stupiti, perché i tempi nei ristoranti di terracina pare che siano molto relativi, ma secondo me questa non è scusante, in particolare per un ristorante di questo livello.

Veniamo alla serata. Il locale è molto carino e disposto su due piani. In basso c'è l'enoteca, un posto più informale dove fare uno spuntino o un dopocena. Al piano superiore c'è il ristorante con arredamenti e apparecchiatura molto eleganti, tutt'altro che da "bottega" insomma.

La carta prevede quasi solo pesce e ci sono 6-7 scelte per portata, oltre che ben 3 menù a degustazione (di cui uno a sorpresa). Purtroppo come sempre succede il menù a degustazione obbliga tutto il tavolo e non avendo gusti comuni facciamo ognuno per se.

Come appetizer (gentilmente offerto), arriva il piatto che vedete sotto. Si tratta di un tris costituito da crema peperoni, frittatina, tortino di riso venere ricotta e uova salmone. La crema di peperoni era fantastica, e lo dice uno che i peperoni li digerisce male (e non sopporta i picchi di acidità che hanno): una delizia molto ben equilibrata. Anche il tortino era molto buono, con una ricotta delicatissima che non sommerge il sapore delle uova di salmone. Un po' più anonima la frittatina.



Accanto all'appetizer ci viene offerto un Franciacorta Saten, Ricci Curbastro.
Molto buono e ovviamente azzeccato l'accostamento.
Il vino aveva anche un buon rapporto q/p (20 euro) e visto che ci alcuni avevano preso un bel piatto di carne come secondo l'ho scelto come vino anche per il resto del pasto.
Scelta rivedibile con il senno di poi perché la carne aveva un sapore molto forte e forse invece che un saten ci volevano delle bollicine più aggressive.

Come antipasto ho assaggiato da Vale un tortino verza con fiammiferi pecorino e bandiera guanciale croccante . Cotture molto ben realizzate, tra l'altro su materie prime mi pare non semplici.




Il mio antipasto erano invece dei suppli di orzo perlato, purea patate, ragout (che sarebbe la versione francese di ragù) di fragolino su letto ricotta capra. E' stato il piatto migliore della serata, per equilibrio, concentrazione di sapori e ovviamente bontà. Nessun ingrediente fuori posto, tutto si compensava benissimo.




Il primo di Roby erano dei cannelloni la cui modalità di preparazione me la sono scordata, ma mi pare insieme a dei calamaretti. Abbastanza anonimo nel complesso: i sapori erano buoni ma niente affatto decisi (considerando che c'erano anche i pomodorino è un po' strano) e la pasta dei cannelloni non era nulla di indimenticabile. Quel "senza infamia e senza lode" che non ti aspetti.


Il mio primo è stato invece il piatto che mi ha più deluso.
Ho preso un classicissimo vermicelli frutti di mare. Ero tentato anche da altri piatti, ma questo non so perché quella sera mi ispirava. E ho fatto male: a fronte di una porzione stranamente da osteria (una sperlonga piena) i vermicelli erano buonissimi e giustamente al dente. Però c'era troppo olio, le cozze erano sciape mentre le vongole eccessivamente salate. Insomma, un piatto completamente stonato e si che era anche più "semplice" di quelli con un po' più di ricercatezza. O forse il problema stava proprio li. Ero tentato di dirglielo, ma poi ho soprasseduto.



I due secondi li ho assaggiati dagli altri perché io ho passato (mestamente visto il risultato) la mano dopo il primo in attesa del dolce. Uno dei due secondi ha fatto faville: una tasca manzo con bresaola di cinghiale e cime rapa su "rosti" di patate. La carne era in effetti molto buona e tenera, e il complesso veramente interessante. Forse la bresaola di cinghiale era leggermente affossata nel suo sapore ma comunque il risultato è stato molto gradevole.



Molto buono anche il secondo di Roby, che erano sfoglie carciofi fritti e pesce bianco cotte a bassa temperatura. Ho assaggiato solo il pesce (come sapete e se non lo sapete prendete nota: ODIO I CARCIOFI) che non ho riconosciuto e che era veramente eccellente: cottura perfetta, e carne niente affatto stancante come può accadere per i pesci bianchi.



Arrivato ai dolci avevo un po' di timore per i tempi, tanto più che le "gentili" si sono incaponite nel prendere un fagottino con mele renette e pere spadellate calvados (foto sotto) che richiedeva venti minuti di cottura. Ma per fortuna sono stati puntuali, forse perché il locale si stava svuotando, e tutto è arrivato nei tempi annunciati. Il fagottino, a detta delle gentili, era molto buono.



Fabio si è sparato una specie di meringa che si chiamava biancomangiare, tra i cui ingredienti c'era anche (non so come) la mozzarella. Risultato interessante ma troppo dolce per i miei gusti.


Io sono andato sul classico prendendo una crema marsala, scaglie pastafrolla e cioccolato, una sorta di rivisitazione del millefoglie, ma molto buona (specie le scaglie di cioccolato).



I dolci comunque sono stati molto apprezzati nel complesso.
Il conto totale è stato di € 196 in 4 comprensivo di 2 acque e di due whisketti presi alla fine per allietare noi uomini!
Tra l'altro a causa soprattutto di Bob, il whisky mi sta cominciando a piacere e questa nuova deriva alcolica mi preoccupa un po'.....

Insomma, nel complesso devo dire che Bottega Sarra ha avuto più alti che bassi, anche se qualche basso c'è stato (i due primi e la lentezza del servizio).
Il rapporto q/p c'è comunque tutto e quindi direi che vale la pena di consigliarlo, poi ognuno si fa il giudizio da sé.

Stefano.

giovedì 18 giugno 2009

Continua la tendenza verso la denominazione.



da "vini e sapori"

Promuovere conoscenza a scuola per fermare abusi a partire dai giovani. Il consumo familiare di vino si è ridotto complessivamente del 2 per cento, ma è aumentato dell'1,8 per cento l'acquisto di bottiglie di vini a denominazione di origine confezionati (DOC/DOCG) che ha praticamente raggiunto in valore quella per i vini da tavola, sulla base dei dati Ismea/AcNielsen relativi al 2008.


E' quanto ha affermato la Coldiretti, in occasione della divulgazione dei dati Istat sul consumo di alcol in Italia, nel sottolineare che occorre investire nella prevenzione promuovendo la conoscenza del vino a partire dalle giovani generazioni per fermare gli abusi che negli adolescenti sono spesso provocati dal consumo di bevande alcoliche mascherate da bibite alla frutta.

L'esperienza dimostra l'efficacia della formazione poiché tra molti giovani si sta anche affermando un consumo responsabile di vino che è divenuto l'espressione di uno stile di vita "lento" attento all'equilibrio psico-fisico che aiuta a "stare bene con se stessi". E il fatto che si stima che almeno il 40 per cento degli oltre 30mila sommelier italiani sono giovani, dimostra - sottolinea la Coldiretti - che cresce tra le nuove generazioni la cultura della degustazione consapevole del vino, da contrapporre al consumo sregolato di alcol.

Bisogna invece fermare - conclude la Coldiretti - la diffusione di cocktail, superalcolici e "alcolpops", bibite che contengono spesso vodka e rum mascherate da innocui analcolici "ready to drink" che si presentano con una immagine accattivante di divertimento e socializzazione che favoriscono gli eccessi e il bere fino ad ubriacarsi.

mercoledì 17 giugno 2009

Cosimo Maria Masini.



Cosimo Maria Masini è un simpaticissimo produttore toscano biodinamico. Un ragazzo che mi ha fatto conoscere Riccardo del Corriere del Vino. Fa ottimi bianchi e rossi più che discreti. In particolare vi consiglio di visitare anche il suo bel sito.
Ho bevuto:
- Annick: ottimo assemblaggio di chardonnay e sauvignon blanc.
Grandi profumi (del resto dalle due uve non ci si poteva aspettare di meno) ma anche struttura di rilievo, dovuta al processo enologico.

- Un trebbiano di cui non ho capito il nome (forse daphne).
Gran bel vino, potente al naso ma non invadente, al palato veramente uno spettacolo.

- Nicole: sangiovese e cabernet.
Fruttato e succoso. Struttura interessante, forse tannino un po' eccessivo e profumi poco ampi.

- Nicolò: cabernet sauvignon e franc.
A me il cabernet franc piace molto, e quindi sono senza dubbio in "conflitto di interessi". Sicuramente più interessante del Nicolò: complesso al naso, ampio il giusto e molto ma molto elegante ed equilibrato.


Stefano.

martedì 16 giugno 2009

Rosso di Montefalco, cantina Ruggieri.



Questo rosso lo incontro durante un'invernale cena dal buon Stefano.
La passione ed il tempo mi hanno fatto fare una classifica di Sagrantini da bere, ma sui rossi di montefalco brancolo ancora nel buio, se non proprio pesto, almeno fitto, fitto.
Nello specifico ricordo un vino con decisa componente di uve Sangiovese accanto alla classica di Sagrantino.
Ricordo una buona alcolicità non accompagnata da un olfatto degno di nota.
Il colore era rubino poco consistente, poco intenso.
Al palato era vagamente piacevole con poca sapidità ed una speziatura forse eccessiva e per me fastidiosa.
Non ne conosco la maturazione e non so se dovesse essere atteso ancora un po'.
Nel dubbio, se dovessi riprovarlo, lo accosterei alle classiche braciolette di maiale.

Marco.

lunedì 15 giugno 2009

Contrordine, esportazioni in calo.




Fonte Reuters.
Le esportazioni di vino dall'Italia, uno dei principali produttori europei, sono diminuite l'anno scorso a causa della forte concorrenza dei mercati europei tradizionali. Lo ha reso noto l'Unione Italiana Vini (Uiv).
Il volume delle esportazioni di vino è scesa del 7% a 17,8 milioni di ettolitri nel 2008, anche se il valore è cresciuto del 2% a 3,6 miliardi di euro, ha detto l'Uiv in una nota.
"Chiudiamo un anno difficile in cui comunque il nostro prodotto ha tenuto le posizioni guadagnate in passato", ha sottolineato Andrea Sartori, presidente di Uiv.
Sartori ha detto che la concorrenza crescente da parte di Stati Uniti, Argentina, Cile e Sudafrica ha colpito non soltanto i produttori di vino italiani, ma anche i rivali francesi e gli altri produttori europei.
"La sfida per quest'anno e per i prossimi sarà... di essere sempre più competitivi, alzando la qualità media dei nostri prodotti e soprattutto comunicando di più e meglio le valenze del vino italiano'', ha detto Sartori.
Le esportazioni verso la Germania, maggior consumatore di vino italiano in termini di volumi, sono diminuite del 10% a 5,6 milioni di ettolitri, mentre quelle verso Francia e Austria sono crollate rispettivamente del 27% e del 26%, ha detto l'Uiv.
Le vendite di vino italiano sul mercato Usa, prima destinazione per le esportazioni italiane in termini di valore e terza in termini di volume, sono diminuite del 4% a 800 milioni di euro, mentre il volume delle vendite ha ceduto il 2%.
La reputazione del vino italiano negli Stati Uniti, uno dei maggiori mercati mondiali del vino, è stata colpita l'anno scorso dalle inchieste sull'autenticità di alcuni vini rossi pregiati prodotti da aziende di Montalcino e Montepulciano.
Al contrario, le vendite di vino italiano in Russia sono cresciute del 36% in volume e del 12% in valore l'anno scorso, facendo salire il Paese al 12esimo posto dei mercati del vino italiano.
Le esportazioni a Hong Kong, visto come la porta principale per la Cina, sono cresciute del 29% e le vendite negli Emirati Arabi Uniti hanno visto una crescita esplosiva del 50% nei volumi e sono più che raddoppiate in termini di valore, ha detto l'Uiv.



Mah, durante l'anno scorso pareva che andasse tutto a gonfie vele....



Stefano

sabato 13 giugno 2009

Il Sonaglio, di Andrea Camilleri.



Il terzo, ed ultimo, capitolo delle metamorfosi "Camilleriane".
L'ho trovato come al solito molto fantastico e allo stesso tempo realistico.
Rispetto ai primi due è sicuramente piu' semplice da leggere e il libricino si "brucia" piu' in fretta.
Il protagonista questa volta è un uomo, o meglio un giovane, che seguiamo nelle sue faccende lavorative...

Dialetto siciliano sempre molto intenso quello di Camilleri, lascia spazio per vocaboli nuovi e per battute spiazzanti che ti fanno fare quattro risate.

Dei tre racconti ispirati alle metamorfosi, questo è quello che mi è piaciuto di piu'.
Se vi piace Camilleri ve lo consiglio, se invece non avete mai letto niente di questo autore direi che non è con quest'opera che potete cominciare.


Il sonaglio, editore Sellerio, prezzo 12.00 euro.

Marco.

venerdì 12 giugno 2009

Amarone della Valpolicella anno 1999, cantina Allegrini.



Difficile parlare di questa bottiglia, se non per dire che anch'essa ha fatto parte per pochi secondi della serata dedicata a Mattia.
La bottiglia non conteneva piu' l'amarone che doveva contenere, ma qualcosa di molto simile alla marsala...ed ho detto tutto !

Inutile star qui a soffermarsi su colore, consistenza, olfatto e tutto il resto.
Era imbevibile.
Mi dispiace molto perchè ho delle referenze sulla casa a dir poco spaziali e su quell'annata avevo letto recenzioni molto, molto buone.
Però si sa che queste cose possono capitare...uno spera che capitino sempre agli altri ed invece stavolta è toccato a noi...

Personalmente questa disavventura mi spingerà a provare al piu' presto la casa ed il prodotto in questione, sperando di poter raccontare un'esperienza diversa.


Marco.

giovedì 11 giugno 2009

Tanti auguri, cara Pizza Margherita


L’11 giugno del 1889 Raffaele Esposito partì dalla sua pizzeria di Sant’Anna di Palazzo ai piedi dei Quartieri Spagnoli per offrire la migliore pizza della città alla regina Margherita di Savoia, incuriosita dalla pietanza tanto amata dal popolo. Tre furono le varietà preparate dal miglior pizzaiolo di Napoli, una con olio, formaggio e basilico; una con i “cecenielli” (bianchetti) e una con mozzarella e pomodoro a cui la moglie Maria Giovanna Brandi aggiunse una foglia di basilico, ispirata dal colore della bandiera italiana. Quando, l’indomani, il gran capo dei Servizi da tavola si presentò da Raffaele “o’ pizzaiuolo” e gli chiese come si chiamava quella pizza che la regina aveva tanto gustato, lui rispose “Margherita”. Non è d’accordo con questa ricostruzione il comitato “Insorgenza civile” che sostiene che la pizza sia stata inventata molto prima. Già nel 1830 un certo Riccio nel libro "Napoli, contorni e dintorni" parla di una varietà simile, Francesco De Bouchard nel 1866 indica una pizza margherita già esistente dal 1849, così chiamata per la sua forma di fiore con i pezzi di mozzarella fusi a forma di petali. Margherita di Savoia, aggiunge il comitato, diventò regina d'Italia il 9 gennaio del 1878 sposando Umberto I, figlio di Vittorio Emanuele II, ben 29 anni dopo la documentata nascita della pizza condita con mozzarella, olio, pomodoro e basilico.

Tanti auguri, da parte del melmo blog!

L'Enoteca Italiana spinge il Biologico.




Da Enotime:





Un censimento per disegnare una mappa del settore in Italia e dare vita ad un pool di aziende nazionali che producono vino ed olio biologico; un “portale” in Internet, dedicato al mondo dei vini e dell’extravergine “bio”; la creazione di un “corner” nelle antiche cantine del ‘500 nella Fortezza Medicea a Siena, destinato in esclusiva a bottiglie di nettari prodotti con uve coltivate mediante tecniche naturali e biologiche. E’ quanto ha in cantiere l’Enoteca Italiana (Siena), storico ente di diritto pubblico al quale fanno capo 600 aziende associate di tutta la Penisola, con il progetto “360°Bio®”, in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, il cui avvio ufficiale è previsto nell’ambito del 42° Vinitaly, dove verrà allestito un corner informativo sul progetto. Altre iniziative sono poi in programma a maggio nell’ambito della Settimana Nazionale dei Vini 2008.
L’obiettivo di “360°Bio®” è quello di diffondere la cultura del biologico, in particolare per quanto riguarda vino ed olio di qualità, per ampliarne conoscenze e consumi oltre la semplice moda o tendenza. E con un occhio rivolto alle prospettive del mercato nazionale ed internazionale. Un mercato quello dei prodotti biologici che secondo l’Ifoam ha raggiunto nel mondo un volume di vendite nel 2007 pari a 40 miliardi di dollari (31 miliardi di euro), che entro il 2010 potrebbe sfiorare i 60 miliardi di dollari e che vede l’Europa tuttora leader del settore ma anche evidenti espansioni a oriente di Cina e India. I dati, emersi in occasione del “BioFach 2008”, il Salone mondiale del biologico di Norimberga, confermano il ruolo di punta delle aziende italiane produttrici di vini biologici (42) che oltre al successo di partecipazione all’evento - sono risultate seconde per numero solo alla Germania (52) -, hanno conquistato il primato della superficie coltivata a uva biologica in Europa, con 34mila ettari, il doppio di Francia e Spagna, a fronte di oltre 30.4 milioni di ettari coltivati in totale a biologico nel mondo, mentre la quota di viticoltori “bio” è valutata pari a poco più del 4% della produzione del Vecchio Continente.
Significativo inoltre è che al BioFach per l’International Organic Wine Award 2008, l’Italia abbia fatto incetta di “menzioni”; tra i vini premiati figurano tra l’altro un Brunello di Montalcino, un Nobile di Montepulciano e ad alcuni Chianti.
Per quanto riguarda il mercato interno, in Italia, secondo il rapporto Ismea-Ac Nielsen per il 2007, le bevande alcoliche incidono per lo 0,6% sul totale dei consumi domestici dei prodotti biologici. Tuttavia il vino “bio” rappresenta il 60% del comparto, con un incremento quasi del 50% nel 2006 e un volume delle vendite nello stesso anno, presso i canali non specializzati, di oltre 1.2 milioni di euro, per una quantità complessiva consumata pari a 245mila litri. Valutazione, quest’ultima, che assume particolare importanza alla luce del fatto che la spesa domestica per l’acquisto di prodotti biologici ha registrato un aumento del 10% nel 2007 rispetto all’anno precedente, nonostante una frenata dei consumi alimentari in generale. Segnali di crescita economica che rendono necessari adeguamenti legislativi, come ad esempio quelli previsti dal progetto “Orwine” attraverso il quale l’Unione Europea mira a definire un disciplinare sul vino biologico condiviso a livello comunitario, visto che oggi ufficilamente il vino biologico sulla carta non esiste!!


Stefano.

mercoledì 10 giugno 2009

Brunello di Montalcino anno 2001, cantina Biondi Santi.



Primo vino assaggiato e "bocciato" praticamente in coro.
Con il senno di poi mi rendo conto che probabilmente era troppo giovane. Intendiamoci, non voglio trovare scuse e giustificazioni, ma i caratteri spigolosi che mi ha lasciato mi danno questa sensazione.
Insomma, lo riproverei volentieri per conferma o smentita.

Colore, rosso rubino intenso (primo indizio). Al naso, evidente e direi invadente cuoio (secondo indizio), alcol ancora persistente (terzo indizio) anche roteando insistentemente il bicchiere: "nun evapora", avrebbe detto il trasteverino reso famoso dal film di Verdone "un sacco bello".
Un vino nel complesso poco .... complesso (pardonez moi il gioco di parole).
In bocca il quarto e secondo me decisivo indizio: acidità troppo alta.
Si sente eleganza e raffinatezza, e anche un certo spessore fruttoso. Però nel complesso non è molto gradevole perché le varie componenti non sono affatto in equilibrio.

Rimandato.


Stefano.

martedì 9 giugno 2009

Consumatore di vino e gruppi d'acquisto.



da "pronto consumatore":
Secondo una studio condotto dalla BocconiTrovato&Partners, promosso dal Centro Studi Veronafiere-Vinitaly su 1.000 italiani (uomini e donne) dai 18 anni in su, il vino è sempre più apprezzato: sette intervistati su dieci (76,3%), infatti, dicono di apprezzare il vino, che per il 42,7% risulta essere anche un’abitudine quotidiana. Ad essere veramente conosciuti sono i vini del proprio territorio (36,3%), non a caso il primo luogo di acquisto è rappresentato dalle cantine vicine a casa (40,2%), seguite naturalmente dalla grande distribuzione.

Il costo della bottiglia influisce sulla scelta del 24% degli intervistati. Lo studio ha rivelato il prezzo che il 53,1% dei consumatori è disposto a spendere per una bottiglia di vino: tra i 2 e i 4 € (addirittura il 20,7% starebbe volentieri sotto i 2 €), mentre solo il 17,3% si dichiara disposto a spendere tra i 4,5 e i 6 €. Proprio per risparmiare (oltre alla propensione per acquistare soprattutto vini del proprio territorio), il 40,2% sceglie di acquistare il vino in “cantina” o nella grande distrbuzione (il 39,1%).

In mezzo a questa ampia analisi sulle abitudini degli italiani e sul loro rapporto con il vino, emerge il dato nuovo, ovvero l’aggregarsi di persone che hanno come scopo comune quello di acquistare vini direttamente in azienda, proprio come fanno i gruppi di acquisto solidale. L’obiettivo non è solo quello di spendere meno, ma anche quello di trovare esattamente il tipo di vino che si preferisce.

Il sito http://www.winenews.it/, uno dei siti più letti del mondo del vino, ha registrato la crescita di questa categoria di consumatori, definendoli clienti appassionati che preferiscono il “fai da te” alla mediazione rappresentata dal punto vendita. Sono spesso i consumatori più esigenti, infatti, che si riuniscono in un GAV, cioè in un gruppo di acquisto vino, che grazie a questa modalità di acquisto possono permettersi di assaggiare vini ottimi, ma troppo costosi se acquistati in altro modo.

Secondo Winenews, i GAV possiedono caratteristiche peculiari e ogni gruppo d'acquisto nasce con motivazioni proprie: più diffusi al Nord ed al Centro Italia, la loro lista di acquisti rispecchia sempre preferenze enologiche ben precise. Sono composti sia da uomini che da donne, di età tra i 35 e i 55 anni, di reddito medio, che hanno trovato in questa pratica il modo di far “fruttare” al massimo anche un piccolo budget destinato al vino. Se la costituzione di un gruppo di acquisto vino conviene ai consumatori, lo stesso si può dire per i produttori vinicoli, che hanno cominciato a promuovere questa pratica: sono in crescita, infatti, le aziende che organizzano i clienti interessati per spingerli a conoscere le meraviglie di particolari tipi di vino, ospitando gruppi di acquisto o promuovendone di nuovi, nella convinzione che solo l’esperienza diretta possa aiutare ad allargare la diffusione del buon bere, specialmente tra coloro che vorrebbero, ma non possono permetterselo.

Creare un gruppo di acquisto vino è piuttosto semplice: basta riunire 5-10 persone amanti del vino, mettere in condivisione le proprie conoscenze e le proprie preferenze, scegliere il produttore che fornisce il prodotto migliore (in termini di qualità, di gusto personale o di prezzo) e mandare uno dei partecipanti ad acquistare le bottiglie direttamente in azienda, in modo simile a quanto succede per i gruppi di acquisto solidale.

È possibile anche appoggiarsi a GAS già attivi: per avere informazioni sui gruppi già costituiti nella propria zona, un valido strumento è costituito da http://www.retegas.org/, il portale che funge da Rete nazionale di collegamento dei GAS italiani, sul quale si possono reperire informazioni preziose anche sul modo di organizzarsi.


Stefano.

lunedì 8 giugno 2009

Barolo Cannubi Boschis anno 1993, cantina Sandrone.



Mi ci vorrebbe molto, moltissimo, troppo per decantare le lodi di questa superba bottiglia che ho avuto la fortuna, il piacere, l'immenso godimento di bere durante il già citato Big-Mattia.

Da uve 100% Nebbiolo, 14 gradi e un colore scuro, ma avvolgente come solo il Cannubi Boschis sa fare.
Contorni granati nel bicchiere in leggero movimento.
Per il naso è un'orchestra di frutti e spezie con un tabacco di sottofondo che non stona, ma che fa innamorare ancora di piu'.
Limpida è la liquirizia così come la ciliegia e la fragola.
In bocca è assolutamente fantastico: succoso morbido e ricco di sostanza.
Equilibrato, rotondo con un tannino dolce se pur non arrivato,secondo me, alla maturazione finale.
Persistenza ottima, finale lunghissimo.
Un Barolo eccezionale sotto tutti i punti di vista.
Straordinaria la forza che vi ho rintracciato, ma anche notevole la classe con cui si lascia apprezzare senza stancare.
Un Barolo d'altri tempi, un vino che da solo vale la serata.

Marco.

P.s.sulla mia Melmo-scheda prende 96/97 punti...FANTASTICO !

sabato 6 giugno 2009

Roseanna, di Maj Sjowall e Per Wahloo.



Arriva per terzo o per quarto, il primo della saga di Maj e Per.
E' bello, intricato, ma scorrevole.
Intenso, un po' sorprendente, dinamico e ti lascia di buon'umore.
L'ho letto di corsa in qualche dopocena pensieroso in cui ero troppo stanco per studiare e l'immeggermi nella Stoccolma fredda ed invernale del romanzo è stato sempre un buon viatico per una notte di buon sonno.
Comincio ad aver un debole per la serie e non vedo l'ora di leggere gli altri...

Lo consiglio a chi i gialli classici piacciono, in special modo a chi non ama un eroe pigliatutto come il nostro Beck e a chi piace ritrovarsi dentro un'indagine vecchio stile, senza cellulare e computer.

Roseanna, editore Sellerio, prezzo 12,00 euro.

Marco.

venerdì 5 giugno 2009

Barbaresco Asili anno 2001, cantina Prod. di Barbaresco.



Faccio la debita premessa: a me questa cantina piace molto.
Quando ho avuto tra le mie mani la lista dei supervini da bere nel Big-Mattia non ho esitato a far togliere un toscano di troppo e a consigliare al neo-babbo Bob questa splendida bottiglia.
Bottiglia che si è resa protagonista di un'ottima performance.
Cento per certo nebbiolo, e non poteva essere altrimenti, 13,5 gradi ed un rosso granato di media intensità.
Al naso ha dato subito una forte sensazione di frutta con forti sentori di nespola(non ridete, pupini vi vedo...)amarena e soprattutto lampone.
Il tannino era, non sorprendentemente, giovanissimo ed ancora in fase di affinamento, la persistenza era buona.
Se ben ricordo il vigneto Asili è lunico con l'esposizione a sud pienamente ed è uno di quelli che piu' mi piace proprio perchè ricalca alcune delle suddette caratteristiche.

All'epoca la bottiglia girava intorno ai 30 euro, con uno strepitoso rapporto q/p.

Marco.

P.s. sulla mia Melmo-scheda si è fermato a 89/90 punti.

giovedì 4 giugno 2009

Niente scuse se è grasso !!



Da IGN:

Non ci sono scuse per chi si concede peccati di gola fingendo di ignorare il 'peso' delle calorie.
Il cervello umano, infatti, è in grado di stimare il contenuto di energia e di grassi presente negli alimenti semplicemente osservandoli e in meno di 200 millesimi di secondo.
Lo dimostra uno studio, recentemente pubblicato su Neuroimage, frutto della collaborazione del Centre Hospitalier Universitaire Vaudois (Chuv), dell'Università di Losanna, del Centre d'Imagerie Biomédicale (Cibm) e del Nestlé Research Centre di Losanna.

I Ricercatori, per capire le reazioni del cervello di fronte ai cibi, hanno chiesto ad un campione di adulti sani di distinguere le immagini raffiguranti alimenti da quelle raffiguranti soggetti di altra natura, mentre la loro attività cerebrale veniva misurata con un elettroencefalogramma.
Senza che le persone sottoposte al test ne fossero informate, le immagini degli alimenti erano state in precedenza suddivise in 2 categorie: da una parte le raffigurazioni di alimenti ad alto contenuto di grassi e dall'altra le immagini di alimenti light. Si è scoperto così che in meno di 200 millesimi di secondo, dopo la visualizzazione delle immagini, il cervello distingueva i cibi grassi da quelli light.
I risultati dell'elettroencefalogramma, infatti, dimostrano che le regioni cerebrali tipicamente associate al processo decisionale e al senso di ricompensa rispondono più prontamente agli alimenti ad alto contenuto di grassi, piuttosto che a quelli a basso contenuto.

Gli elementi percepiti come 'appaganti', (come l'energia e i grassi contenuti nei cibi), sono trattati rapidamente e in parallelo con le regioni del cervello coinvolte nella categorizzazione e nel processo decisionale. Le conoscenze acquisite attraverso questo studio condurranno ad una migliore comprensione del processo decisionale umano rispetto alla valutazione e alla scelta del cibo.
"Per la prima volta, grazie a questo studio, è stato possibile indagare questi processi sull'uomo e comprendere quando e in quali regioni del cervello si prendono le decisioni legate al cibo", sostiene Micah M. Murray, neuroscienziato del CHUV a capo del progetto.



Stefano.

mercoledì 3 giugno 2009

Schidione anno 1994, cantina Jacopo Biondi Santi.


Premetto subito: era imbevibile, una vera zozzeria.
Quindi chi fosse interessato ad una vera e propria rece mi deve scusare ma non la posso fare.

Tra l'altro forse avremo le ire del Sig. Biondi Santi perchè anche il brunello( 2001) non ha avuto apprezzamenti.
Ma noi che ci possiamo fare?

Il vino è un blend di sangiovese (40%) cabernet s. (40%) e merlot (20%) con il quale la famiglia Biondi Santi anni addietro si è lanciata nel mondo dei supertuscans.
Tra l'altro oltre alla selezione rigida delle uve (che fa si che il vino si produca solo in alcune annate), ho scoperto che c'è un intenso lavoro in cantina, con selezione di botti e di legni diversi, e passaggi mirati e complessi nei vari recipienti.

Mi pare di aver capito due cose facendo qualche ricerca:

1) questo vino non si produce più da qualche anno (non so se per scelta o perchè gli anni non lo consentono);

2) la vendemmia 1997 è passata alla storia, perchè a famiglia ne ha prodotte pochissime bottiglie (circa 1.300) che ha messo solo in magnum che vendeva su prenotazione (alla cifra dell'epoca di 1.500.000 lire...), con una etichetta bordata di oro 23k.



Stefano.