sabato 31 maggio 2008

Mondovino - Jonathan Nossiter




Un bel reportage.
Un’inchiesta giornalistica molto interessante sul potere del binomio Parker-Rolland: il primo, critico enologico che fa mercato. Il secondo enologo guru di emergenti aziende vitivinicole, guardacaso apprezzatissime da Parker. Di per se, anche se non c’è nessun commento dell’autore ma solo interviste dirette ai personaggi del mondo del vino, è un film molto politico, direi da nostalgico tradizionalista. Tuttavia da un lato è interessante notare la stratificazione dei migliori vini, o se volete la “vaniglizzazione” per chi ha orecchie per intendere, dall’altro il film ha comunque delle atmosfere estremamente interessanti per chi ama questo mondo. Il viaggio porta lo spettatore tra Sudamerica, Francia (Bordeaux, Borgogna e Languedoc), Italia e Napa Valley. Intervistati, oltre a Parker e Rolland, Mondovì, Rotschild, Antinori (Piero e Lodovico), Frescobaldi, Daumas Gassac, Hubert de Montille, la famiglia Staglin e altri ancora.
Diciamo che spersonalizzandolo e uscendo fuori dal seminato, quello che mi è piaciuto di più è stato sentire alcune opinioni sul vino di quelli che il vino lo fanno (e non tutti i nomi citati sopra le hanno date…): sul prodotto, intendo, non sul mercato.

Chi volesse approfondire, può leggere anche direttamente dal loro sito: CLICCA.

Stefano.

venerdì 30 maggio 2008

La Bucaccia a Cortona.





La Bucaccia è un piccolo ma grazioso ristorantino nel centro storico di Cortona, una bella cittadina toscana sicuramente da visitare. E’ stata l’ultima tappa della due giorni aretina che abbiamo fatto con Roby, il parte-pisano Gennaro e la sua metà Felicia.


Il locale è un po’ buio, ma arredato con cura. Ricavato all’interno di una vecchissimo palazzo con le pareti interamente in pietra, è composto da tre ambienti: una piccola saletta appena si entra, una sala più grande dove ci siamo accomodati e il bancone da bar dove si prende il digestivo e si paga il conto.


Il proprietario è molto gentile ed è coadiuvato da un’altrettanto gentile ma poco sorridente cameriera e da una piccola bimba, la figlia del proprietario, che evidentemente la domenica da una mano a loro. In realtà all’inizio pensavo che facesse solo dei giri per i tavoli per intrattenere gli ospiti, poi le ho visto prendere le ordinazioni dei vini e portarli in tavola e in tutta onestà la cosa non mi è piaciuta affatto. Non aveva l’aria di essere costretta, per carità, ma per principio non mi piace vedere lavorare un bambino.

Detto questo, noi abbiamo preso: l’antipasto “la Bucaccia”, le bruschette miste olio e la tavolozza signorelli. Io personalmente ho assaggiato le bruschette ma non erano un granchè. In realtà lo scopo era quello di far provare differenti olii toscani, ma ho sbagliato io perché non sono i miei preferiti.









Come primi sono arrivati i bringoli alla carbonaia e gli gnudi ricotta e spinaci con ciliegini e formaggi di fossa. Buoni i primi meno i secondi.







Il secondo che ha preso Gennaro è stata la tagliata di cinta senese (ottima) mentre Felicia si è indirizzata verso il rituale sformato di verdura.






I dolci: crema ricotta profumata al limone, tiramisù, gelato fichi e noci. Abbastanza buona la crema di ricotta.










Per il vino abbiamo optato per il Rosso Avignonesi 2005. Diciamo che in questa trasferta avremmo potuto bere meglio, comunque il vino tutto sommato si difende bene, anche se non eccelle.







Conto totale di: 160 euro circa (non ricordiamo bene) Giudizio finale: è buono, ma avevamo aspettative superiori.





Ci sono delle cose che non mi sono piaciute nel servizio, come la già citata bimba-lavoratrice e il fatto che non cambiassero le posate tra i piatti. Inoltre il pranzo è stato disturbato dalla presenza di una decina di babbione americane che si sono ubriacate al terzo bicchiere e hanno fatto macello durante tutto il tempo. Il proprietario, facendo la faccia dispiaciuta a noi (ma secondo me non era dispiaciuto affatto) reggeva loro il gioco, facendole divertire e sostanzialmente dandogli da mangiare quello che diceva lui.







Ristorante La Bucaccia

CORTONA (AR)

via Ghibellina, 17

Tel.: 0575 606039



Stefano e Gennaro

giovedì 29 maggio 2008

La Versa Testarossa Principio Brut 2000.



La Versa è una cooperativa attiva fin dai primi del ‘900 che conta oggi su 750 soci, tra cui 480 aziende agricole, e su un territorio esteso su circa 1300 ettari. Si producono circa 6 milioni di bottiglie il 25% delle quali top di gamma, tra cui questo vino.
Nasce nel 2005 per festeggiare il centenario della cooperativa, da uve 100% pinot nero. Dopo la fermentazione e maturazione, che non fanno botte se non ho capito male, la presa di spuma avviene in oltre 5 anni di permanenza sui lieviti.
Il colore è un giallo paglierino con riflessi verdognoli. Perlage finissimo. Il profumo fa emergere note di miele, mela, mandorle e crosta di pane. In bocca ottimo il passaggio dalla freschezza acidica iniziale alla successiva sapidità.
Grande anche la struttura. Il fortissimo impatto iniziale nella bocca tende a scemare solo piano piano.
I gusti in bocca sono tantissimi e molto complessi.
Il prezzo non è bassissimo, circa 36 euro, ma in confronto ai migliori champagne direi abbordabile e consigliabile!

Stefano.

mercoledì 28 maggio 2008

Vino e Musica per il micro-credito




Tratto da Enotime Magazine del 11 marzo 2008:
L'azienda Donnafugata ci ha ormai abituati alle iniziative di comunicazione innovative che coniugano il vino alla musica, il tutto legato alla solidarietà. Infatti oltre alla passione per il vino José Rallo, contitolare dell'Azienda, coltiva da anni insieme al marito Vincenzo Favara una grande passione per la musica jazz ed il canto, che l'ha portata a promuovere i vini di Donnafugata in giro per il mondo in una girandola di enodegustazioni canore, esibendosi come voce solista con un gruppo di amici musicisti professionisti, spaziando dal Jazz alla musica brasiliana. Il gruppo è diventato talmente famoso da esibirsi nei templi della musica jazz mondiale, dal Blue Note di New York al Four Seasons di Shanghai.
Nel 2005 il progetto musicale è culminato nella realizzazione di un CD creato con la sua band del quale sono state vendute ben 12.000 copie nelle enoteche e nei ristoranti clienti dell'Azienda in favore del progetto “Donnafugata per il Cuore”, che ha prodotto un ricavato di circa 125.000 euro interamente devoluto al reparto di cardio-chirurgia pediatrica dell’Ospedale Civico di Palermo diretto dal Prof. Carlo Marcelletti; somme che hanno consentito di dotare il reparto di alcune strumentazioni per la diagnostica e il trattamento chirurgico delle cardiopatie nei bambini e consentito il finanziamento di un servizio di ospitalità gratuita dedicato ai genitori dei bambini in trattamento.
Ma da questo progetto ne è derivato un secondo appena lanciato, che superara i limiti della semplice beneficenza perchè si prefigge di avere un ruolo attivo verso quelle persone che, responsabilmente e con coraggio, vogliono uscire dalla condizione di disagio sociale e dalla precarietà, per costruirsi una nuova opportunità di lavoro. Sull’esempio di Muhammad Yunus - Nobel per la Pace 2006 - Donnafugata e i suoi partner lanciano un progetto di microcredito: prestiti di importo limitato (di 10-15.000 Euro ciascuno), a tasso agevolato, concessi a persone normalmente considerate “non bancabili”. Donnafugata per il Futuro è il progetto con cui l’azienda siciliana interpreta in modo innovativo la propria responsabilità sociale, puntando sul microcredito in collaborazione con il volontariato delle organizzazioni no profit. Una formula che ha pochi precedenti in Italia e che mette insieme il vino, la musica e la solidarietà.
Nel febbraio 2007, con la voce solista di José Rallo, è stato registrato il secondo CD “Donnafugata Music&Wine”. Con il nuovo CD il progetto si arricchisce di nuove sonorità frutto della collaborazione con la Fondazione The Brass Group e l’Orchestra Jazz Siciliana. Nel disco anche due grandi nomi del Jazz mondiale: Eliot Zigmund, batterista di Bill Evans e di Michel Petrucciani; Bill Moring contrabbasista nelle orchestre dei leggendari Count Basie e Woody Hermann.
I fondi raccolti con la distribuzione del nuovo CD, saranno destinati interamente alla costituzione del fondo di garanzia che permetterà a Banca Etica il finanziamento di microimprese (70%) e di programmi socio-assistenziali (30%) con un attesa minima di recupero del capitale dell’85%. I progetti saranno selezionati e supportati da una rete sociale con forti radici nel territorio: Consorzio Ulisse, Caritas Palermo e Opera Don Calabria che accompagneranno i beneficiari del prestito nell’avvio delle loro “micro” aziende e faranno di tutto perché il capitale prestato possa essere restituito per nuovi impieghi. L’obiettivo è quello di finanziare nell’arco di pochi anni almeno 100 progetti di lavoro autonomo o micro-imprese, aiutando molte persone a costruire il proprio futuro.
“Lo sviluppo non è misurabile dal successo di una sola azienda - afferma Josè Rallo - ma vive e si rafforza anche con la crescita delle aree più marginali. In qualità di imprenditrice e cittadina del Sud d’Italia, ho maturato nel tempo un crescente scetticismo verso ogni forma di assistenzialismo ed in questo stato d’animo mi sono imbattuta nel libro “Il banchiere dei poveri” di Muhammad Yunus, Nobel per la Pace nel 2006. Ho pensato dunque al microcredito come strumento di sviluppo dalla forte valenza sociale. Ne ho parlato con amici del mondo della finanza ed ho capito che – a differenza dei paesi in via di sviluppo – nelle società occidentali la sostenibilità economica del microcredito dipende esclusivamente dalla presenza sul campo di partner del mondo no-profit, ed ho quindi cercato i partner giusti intorno a me.”
Josè Rallo durante la presentazione alla stampa del nuovo progetto
I partner individuati per la realizzazione del progetto sono:- Banca Etica gestirà il fondo di garanzia, applicando un moltiplicatore che, il primo anno, consentirà di raddoppiare il capitale a garanzia dei prestiti; - il Consorzio Ulisse che riunisce 11 cooperative sociali e di assistenza, si occuperà sia di valutare la fattibilità dei progetti presentati, sia di seguire sul campo l’attività svolta dai beneficiari.- l’Opera Don Calabria che collabora con gli operatori del Dipartimento Giustizia Minorile per il recupero e l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani detenuti ed ex detenuti delle amministrazioni penitenziarie minorili del territorio siciliano si occuperà di selezionare e affiancare i giovani beneficiari sul campo;- la Caritas di Palermo che potrà segnalare casi di emarginazione “titolati” a ricevere il microcredito anche di tipo socio-assistenziale;Come contribuire al progetto e dove trovare il CD dalla fine di Febbraio 2008
Nel progetto Donnafugata per il Futuro viene confermata la scelta innovativa di distribuire il nuovo CD Donnafugata Music&Wine principalmente nei migliori ristoranti, winebar ed enoteche d’Italia. Ma chi volesse ancor di più rafforzare il fondo di garanzia può effettuare libere donazioni sul conto corrente: c/c “Donnafugata per il futuro” IT84 G050 1804 6000 0000 0250 000 c/o Banca Etica.
Un numero, 250.000 (quello del conto corrente), che José Rallo ha fortemente voluto per indicare l’obiettivo in euro da raggiungere tutti insieme.
Un’ulteriore opportunità verrà dalla possibilità di acquistare il CD via internet su un sito specializzato come http://www.cdbaby.com/ una modalità che consentirà, ovunque nel mondo, di sposare il progetto oltre che godere di una musica coinvolgente e appassionata.
Ancora una volta complimenti a Donnafugata che è riuscita a coniugare in modo elegante ed efficace la passione, il marketing e la solidarietà!!


Stefano.

martedì 27 maggio 2008

Zabaione Con gelato alla vaniglia.



Oggi abbiamo asportato da Enotime Magazine una ricetta dolce dolce...



INGREDIENTI (per 4 persone):
Ingredienti per persona.1 tuorlo1/2 guscio
d'uovo (da usarsi come misurino) di marsala1/2 guscio di vino bianco secco1
cucchiaio di zucchero semolatoScorza di mezza arancia grattugiata1 pallina di
gelato alla vanigliaAlcune foglie di menta


PREPARAZIONE:
Metti in un pentolino stretto e alto il tuorlo, il marsala, il vino bianco, lo zucchero e la scorza grattugiata. Comincia a lavorare gli ingredienti con una frusta sbattendo leggermente, quindi metti il recipiente a bagno maria continuando a frustare il composto fino a che sia montato, soffice e spumoso. In ogni bicchiere metti una pallina di gelato alla vaniglia, quindi versa sopra lo zabaione caldo e servi guarnendo con foglioline di menta


Stefano.

lunedì 26 maggio 2008

Si, lo ammetto: l'ho fatto...

Si dice sempre che la paura fa novanta.
Non per me, o forse è meglio dire che non stavolta.
La paura ha fatto sessanta, più' precisamente dall'ottavo del primo tempo al goal dell'uno a zero di Ibra.
Mi sono passate e ripassate davanti immagini "atroci" di muri imbrattati , della mia città in mano a colori antiestetici, di festeggiamenti provinciali durati per mesi, di premiazioni ripetute e tutto il resto a cui ho già avuto la disgrazia di assistere.
Ed invece no, stavolta dopo più' di un'ora di paura...è arrivata la gioia !
Resa più' dolce dal fatto che a scippare lo scudo alla riomma sia stata proprio l'Inter, mia seconda squadra da sempre e con i tifosi gemellati da un'eternità'.
Incapace di restare a coccolare mia figlia, anch'ella molto nervosa fino al primo goal dell'Inter, pensavo tra me e me che avrei dovuto fare qualcosa d'importante se le cose fossero cambiate e si fossero messe come volevo io...
Pensa e ripensa, mentre scorreva veloce il quarto d'ora d'intervallo e fumavo una sigaretta in maniera nervosissima, ho deciso che se gli dei del calcio avessero fatto vincere lo scudo all'Inter avrei stappato una bottiglia speciale della mia cantina.
La bottiglia con piu' bianco e azzurro sull'etichetta: un Sassicaia 2000.


E così ho fatto.
La sera di lunedì, ad animo sopito, con Sofia e Simona a letto che dormivano, da solo in cucina, mentre fuori pioveva a dirotto, l'ho stappata e me la sono bevuta.
Anno 2000, non un anno a caso. L'anno che ci ha dato molte soddisfazioni a Noi scozzesi in terra inglese.
E mentre tuoni e lampi squarciavano il cielo, io seduto davanti alla mia "penitenza" ne assaporavo tutto il sapore, il colore ed il fine tannino.
Ma vediamo la parte "tecnica".
Uvaggio: Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.
Poi...dunque, il colore era un bel rosso granata, abbastanza fitto e con alcuni riflessi brillanti.
Il naso non è stato ampio come me l'aspettavo.Di Sassicaia non ne ho bevuti molti( l'ultimo addirittura sapeva di tappo...), ma il mio punto di riferimento è l'annata 2001 e questo 2000 mi è sembrato molto distante.
Non sto qui a menarvela dicendo di aver sentito chissà che cosa, io bevo e non sono un poeta, ma oltre la ciliegia non mi ha garbato una noce moscata invadente.
Occhio che nel complesso rimane un gran vino...non vorrei far pensare al contrario.
Certo è che quando ci si avvicina ad un mostro di tal portata dell'enologia italica, fargli le pulci è quasi d'obbligo.
Struttura ottima nell'insieme.

Che aggiungere di più'?
Due cose.
La prima:grazie Inter!
La seconda:non mi era mai successo di bere da solo una bottiglia importante ed è una cosa assai strana.
Non penso che la ripeterò di nuovo.
Con un Sassi poi, è proprio fuori discussione...

Marco.

sabato 24 maggio 2008

Il Re di Girgenti, di Andrea Camilleri.



Il libro di Camilleri, Montalbano a parte, piu' lungo che abbia letto fin'ora: piu' di 400 pagine.
Ed anche quello che mi è piaciuto di piu'.
“Il re di Girgenti” è spesso ironico e paradossale, talvolta anche drammatico e, nelle sue lunghe pagine, ci racconta dei vizi e delle virtù, dei caratteri, delle furberie e delle furfanterie dei nobili, del clero, dei governanti siano essi spagnoli o piemontesi, e dei poveri “viddrani”.
E poi, naturalmente, bisogna menzionare la lingua, questo italo-siciliano musicale e genuino che mi appare come l’ingrediente fondamentale dell’opera di Camilleri perché la sua lingua vera lo rende credibile, perché la sua lingua popolare lo rende divertente, perché quella sua lingua schietta lo rende spesso smaliziato e graffiante, sempre sincero.

Fortemente consigliato.

Il Re di Girgenti, Sellerio editore, prezzo Euro 13.00.

Marco.

venerdì 23 maggio 2008

Il consorzio brunello costituisce un comitato strategico.

Da Agi del 14 maggio:

Piena conferma del "Disciplinare", di produzione.
Annuncio, in relazione all'inchiesta della magistratura senese della nomina di Paolo Capretti ex Capo dell'Ispettorato di Firenze per il controllo della qualita' dei prodotti agroalimentari e docente di legislazione vinicola presso l'Universita' di Pisa, nel ruolo di responsabile dell'area dei controlli del Consorzio. Creazione di un Comitato strategico merito alle richieste di informazione dell'ATTB per la distribuzione del Brunello sul mercato Usa. Queste le decisioni emerse dalla assemblea di oggi del Consorzio del Brunello svoltasi a Montalcino. Riguardo i temi contingenti, parlando ai produttori presenti all'assemblea, il Presidente Francesco Marone Cinzano - che informa una nota dello stesso Consorzio, ha peraltro rimesso e riottenuto con l'intero Consiglio, la "fiducia" sul proprio operato - ha affermato come "si debba recepire in toto lo spirito della direttiva europea che indica le stesse associazioni di produttori quali organismi di autogoverno e controllo delle proprie produzioni. In pratica - ha aggiunto Marone Cinzano - dobbiamo assumerci la responsabilita' della nostra denominazione D.O.C.G. e garantire al mondo intero e alla prestigiosa clientela che ci apprezza, la qualita' ed il controllo del prodotto che esce dalle nostre cantine". Nel corso dell'assemblea il Consiglio del consorzio ha inoltre comunicato che, nell'ottica di una sempre maggiore tutela della denominazione del prodotto, il marchio d'impresa "Brunello di Montalcino" e' stato depositato presso 59 paesi nel mondo. Tra questi l'Australia, continente con il quale vi sono state storiche difficolta' burocratiche nella procedura di registrazione marchi.

giovedì 22 maggio 2008

Il nostro Primo Maggio...

Il Primo maggio è sempre il Primo maggio.
Quando poi s’incontrano nell’ordine:le previsioni di una bella giornata, tutto il Melmo Group al completo che non parte per la gita fuori porta, un giardino dove “sbraciare” allegramente…il piu’ è fatto !
Mancavano un paio di scuse, ove ne occorressero realmente, per organizzare…ed allora ho buttato in caciara che due di noi sarebbero stati assenti per un bel po’ e che il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno.
Detto…fatto !
Ai nastri di partenza di un giovedì perfettamente riscaldato dal sole, con la brace che riscaldava la mitica bruschetta e cuoceva la carne saggiamente scelta per l’occasione, il Melmo Group si appassionava a confrontare tre Sagrantini e tre grandi toscani.
Lo sappiamo che non si deve fare..lo sappiamo.
Tutte quelle menate: quelli fanno botta grande, gli altri solo barrique.
I toscani tradizionali peccano di concentrazione, i sagrantini hanno un estratto secco da far impallidire tutti gli altri vini…
Sappiamo tutto, o almeno ci vantiamo di sapere qualcosina, ma il Melmo Group è soprattutto gogliardia, “spirito d’avventura” e voglia di confronti “estremi” e non giustificabili sulla carta.
In altre parole:
“Lo sappiamo, siamo bischeri, ma a noi piace così !”
Chi riconosce il film di questa battuta, vince una partecipazione al prossimo Melmo-Day pagata da Stefano…

I tre Sagrantini erano il Colpetrone anno 2001, il Terrae Sacratum anno 2001 ed il Collepiano Arnaldo Caprai anno 2004.
Dall’altra parte ad accendere la fantasia enoica del gruppo, la toscana rispondeva con l’immensa classe del Flaccianello di Tenuta Fontodi anno 2003, con il Guado al Tasso Antinori anno 1996 e con il Brunello di Montalcino de Le Manioche anno 1999.
Prima ancora di cominciare, patatine e brindisino fugace, poi il primo piatto era la mitica pasta “A li mortacci” condita con poche cose semplici, ma efficaci: peperoncino della Costiera Amalfitana fatto essiccare, pecorino di Castelluccio di Norcia, pomodorini Datterini di agricoltura biologica ed olio di frantoio dell’ultima spremitura.La pasta ovviamente…Garofalo !
Qualcuno dei presenti ha giustamente evidenziato che fosse poco piccante, ma ciò era dovuto al fatto che un alta soglia di piccantezza non avrebbe garbato all’assaggio dei vinelli sopra citati.

Ovviamente, per noi, la degustazione è partita dai Sagrantini con quest’ordine: Colpetrone, Terrae Sacratum e Collepiano.


Il Colpetrone colpiva soprattutto una parte femminile del gruppo, ma lasciava molto perplessi il sottoscritto ed almeno altri due partecipanti al “banchetto”.
Non che si possa parlar male di questo vino, ma continuo a ritenere che la sua fama sia maggiore della bontà che esprime.Giudizio personale questo e, come gli altri che esprimerò, sindacabilissimo.
Il Terrae Sacratum era ancora piu’ deludente.
Questo vino, che in questa annata ha ricevuto da me in altre situazioni encomi ed elogi, si presentava scarico e svuotato…in ogni senso.
Sembrava come aver perso tutto ed esser giunto alla fine del binario qualche mese fa.Probabilmente è un vino che non “tiene” l’invecchiamento in cantina ed averlo tenuto così tanto a riposare potrebbe averlo prosciugato della sua verve…
Visto che ho altre bottiglie in cantina dello stesso anno, vi potrò confermare il giudizio a breve.
Il Collepiano Caprai, come previsto e prevedibile, ha messo tutti, o quasi, d’accordo.
Il 2004 conferma le ottime potenzialità del prodotto e riesce a far intravedere per il futuro una maturazione addirittura migliore del 2001 e del 1999.
Anni che personalmente ho giudicato molto, ma molto molto, bene.
In effetti la cosa che colpisce è la sua già evidente maturazione che però non è eccessiva e permette di gustare a fondo il bouquet di profumi e di aromi che il Collepiano sprigiona.

Quando irrompe la Toscana sulla tavolata, la carne è già padrona da un po’ delle “canasse masticanti” del gruppo.


E così che tra una salsiccia ed una spuntatura, una spuntatura ed una braciola, una braciola ed una bistecca…si finisce per optare per piu’ bicchieri a testa per poter confrontare i toscanacci.
I calici sulla tavola si moltiplicano come pure i commenti e le polemiche sugli assaggi che si susseguono.
C’ è da dire che una nota molto positiva del gruppo è rappresentata dal poco accordo che generalmente si ha sulle “bocce” che si sturano.
Il confronto è serrato, i giudizi talvolta opposti e questo sicuramente alza il volume degli incontri enoici che, purtroppo, di rado facciamo.
Premesso ciò le considerazioni che seguiranno sui toscanacci sono molto personali e per niente frutto di conclusione del Melmo’s Gruop…
Cominciamo con il Flaccianello…mi viene in mente il proverbio che recita”Chi ben comincia…è a metà dell’opera !”.
Il Flaccianello fa corsa a se…rimane nella sua generosa bontà intrigante e abbastanza inraccontabile.
Piace o non piace.Si fa amare o si fa odiare. Si ricorda, oppure si dimentica subito.
Per me è veramente buono e nella mia top ten di ricordi enoici un posto ce l’ha sempre assicurato.
Sul Brunello di Montalcino de Le Macioche, chi mi conosce e mi sopporta, sa bene come la penso:
e’ un fantastico Brunello di Montalcino !
E’ l’emblema della Tradizione con la T maiuscola, e non mi stancherò mai di ripeterlo.
Qualcuno lo definisce il Biondi-Santi dei poveri, io me ne frego e dico che, sul base, il nobile Biondi- Santi deve stare molto attento, ma molllllto attento.
In quanto ormai l’allievo ha decisamente messo la freccia e viaggia ad una velocità doppia…
Sul Guado al Tasso, ricordiamo annata 1996, luci ed ombre.
Il colore ha i riflessi granati che a me garbano, il naso si dimostra molto chiuso, almeno all’inizio, per poi darci velocemente note di frutta rossa ed a seguire cioccolato amaro netto.
Nella circostanza fa la sua “figura” ,ma l’annata non mi è sembrata particolarmente adatta ad essere elogiata eccessivamente.
Nella memoria deve fare "a cazzotti" con la freschezza acerba dell’annata 1998, bevuto da poco, e con l’eccellente tannino, fine ed elegante, che mi ha regalato l’annata 1995.
Dunque luce poca ed ombre, soprattutto di recenti bevute di altre annate, tante.



Mentre calava la sera ed il sole si nascondeva dietro la magnolia piu’ grande del giardino, ancora si discuteva animatamente dei piu’ e dei meno della degustazione.
Ma ormai gli spiriti erano quietati e tra una considerazione e l’altra, qualcuno si ricordava addirittura che la lavatrice aveva finito il ciclo di lavaggio da pochi minuti…



Marco.

mercoledì 21 maggio 2008

Al via cantine aperte 2008





Da Adn Kronos:



Degustazioni in cantina, assaggi ma anche arte e poesia.
Torna l’appuntamento con ‘Cantine Aperte’, che dal nord al sud della penisola chiama a raduno oltre 4 milioni di enoanuti che anche quest’anno sono attesi all’evento. Sabato 24 e domenica 25 maggio, l’evento, organizzato dal Movimento Turismo del Vino, giunge quest’anno alla sua sedicesima edizione, configurandosi come un momento tra i più attesi, soprattutto dai giovani, che, da soli o in comitiva, sembrano essere gli utenti più interessati e desiderosi di fare un’esperienza di valore culturale e umano. Motto della manifestazione, che apre le porte delle cantine ai visitatori, è quest’anno ‘Vedi cosa bevi’.

“L’obiettivo del Movimento Turismo del Vino –dichiara il Presidente, Chiara Lungarotti- è quello di aprire le porte delle cantine tutto l’anno, di facilitare l’ingresso nei luoghi di produzione per conoscere da vicino il vino, i suoi produttori, il territorio e l’ambiente in cui esso nasce e da cui trae le sue caratteristiche. Con questo scopo cerchiamo di creare e appoggiare iniziative sempre nuove che promuovano un turismo diverso, più consapevole”.

In occasione di Cantine Aperte, il Movimento Turismo del Vino offre anche la possibilità di partecipare ad ‘Un giorno diverso’, il concorso di poesia che permetterà di scoprire l’anima artistica dei tanti enoturisti che, ispirati dalla dolcezza e dal calore della giornata trascorsa in cantina o dalla passione per il nettare di Bacco, vorranno raccontarsi in rima. Le poesie dovranno avere una lunghezza massima di 160 caratteri, spazi inclusi e dovranno essere inviate via sms dal proprio cellulare al numero 3202043277 entro e non oltre le ore 24 del 28 maggio. Saranno quindi sottoposte ad una Giuria di esperti che valuterà quelle più belle ed entro il 31 luglio proclamerà i vincitori. Al primo e al secondo classificato verranno offerti in premio un week end per 2 persone in una cantina con struttura ricettiva, aderente al Movimento Turismo del Vino ed una fornitura di gustosi salumi Negroni, mentre il terzo classificato dovrà ‘accontentarsi’ solo del week end.

Negroni, storico marchio della salumeria italiana, in qualità di sponsor di Un giorno diverso, oltre a premiare i vincitori del concorso, sarà presente in alcune prestigiose Cantine Aperte per arricchire la degustazione dei vini locali con l’ampia varietà dei salumi con la Stella. Ma Cantine Aperte, non è solo un modo per entrare in cantina: gli eventi in cartellone danno infatti la possibilità di conoscere un intero mondo che ruota attorno al vino. Oggi, i vignaioli hanno fatto dell’accoglienza all’enoturista il loro punto di forza e, nel tempo, hanno dato vita ad un fiorire di iniziative gastronomiche, artistiche, naturalistiche che rendono questo approccio decisamente più completo e piacevole. Con Cantine Aperte, gli enoturisti possono conoscere davvero il prodotto vino, apprezzandone la qualità nel rispetto dei costumi e delle peculiarità di ciascuna regione italiana.

In concomitanza con Cantine Aperte parte anche l’iniziativa Sabato On Wine, che, ogni ultimo sabato del mese, a partire da sabato 24 maggio e fino al 25 aprile 2009, farà si che le porte delle cantine restino aperte in modo continuativo all’insegna della trasparenza della produzione e della professionalità dell’accoglienza.



Voi andrete da qualche parte? Io si, ma da amici perchè sennò mi scoccio a visitare con tutta quella gente.



Stefano.

martedì 20 maggio 2008

Hugonis 2004 - Tenuta Rapitalà



Un mix italo-francese questo vino, degno della storia aziendale. La Tenuta Rapitalà, una delle più antiche della Sicilia, è stata infatti ricostruita nel 1968 dopo il terremoto del Belice da un francese (Hugues Bernard) e un’italiana (Gigi Guardasi, nonostante il nome, femminuccia) e contemporaneamente sono stati affiancati ai vitigni tradizionali delle varietà d’oltralpe sfruttando l’altitudine variabile del vigneto che, estendendosi dai 200 ai 660 metri slm permette di avere microclimi assai differenti e quindi di coltivare uve differenti.

Venendo al vino in oggetto, è un assemblaggio di Nero D’Avola e Cabernet Sauvignon maturati precedentemente in barriques per 18 mesi. Dal colore rosso rubino intensissimo, al naso il profumo è poco ampio a bicchiere fermo per poi aumentare a bicchiere in movimento. Si avvertono delle ottime sensazioni di frutta rossa matura, di spezie e di vaniglia. In bocca il tannino è abbastanza forte all’inizio, ma il lavoro della barriques emerge presto addolcendolo e conferendogli una giusta morbidezza. La struttura è veramente rilevante così come la persistenza.

Costo medio, 19 €.

Veniamo al giudizio personale: non mi ha convinto appieno questo mix, se devo essere onesto. Come già detto in altre occasioni, il Cabernet Sauvignon coltivato in Italia difficilmente mi da delle sensazioni forti (a parte qualche nobilissimo caso) e se ci mettiamo insieme il fatto che il Nero D’Avola lo apprezzo più tecnicamente che non di gusto, direi che globalmente non è nelle mie corde. Tuttavia lungi da me il dire che non sia un buon vino. Da rivedere, diciamo.

Stefano.

lunedì 19 maggio 2008

Sei incinta? Niente vino...





Da Enotime del 1 aprile (e mi sa che non è uno scherzo):



Niente vino per tre mesi se sei incinta.
Questo è il consiglio che il National Institute for Health and Clinical Excellene, conosciuto come NICE, ha diffuso la scorsa settimana in Gran Bretagna. In contrasto con quanto asserito lo scorso anno, quando era stato annunciato che le donne gravide potevano bere un bicchiere di vino al giorno senza soffrire conseguenze, il comunicato prosegue consigliando che dal quarto mese in poi si beva al massimo “una modesta quantità” una o due volte alla settimana.Questo recente annuncio di NICE in effetti si avvicina di più a quanto asserito un anno fa dal Ministero della Salute che consigliava l’astinenza totale. L’ufficiale Sanitario del Governo, Sir Liam Donaldson, ha immediatamente commentato favorevolmente l’annuncio asserendo che l’alcol aumenta il rischio di aborto all’inizio della gravidanza.Secondo un articolo apparso sempre la scorsa settimana sul The Times, l’ostetrica signora Rhone Hughes, che ha presieduto i lavori del gruppo che ha stilato le citate guidelines o raccomandazioni, le stesse non hanno uno sfondo scientifico essendo basate su scarsi dati relativi agli effetti dell’alcol durante la gravidanza. La signora Rhone ha asserito che non ci sono prove evidenti che uno o due bicchieri di vino alla settimana facciano male alle donne gravide, ma allo stesso tempo non si è ad oggi in grado di garantire il contrario.In contrasto con quanto sopra, alcune raccomandazioni emesse da NICE lo scorso autunno asserivano l’inesistenza di prove conclusive che un bicchiere di vino al giorno causi problemi di sorta al feto. Inoltre in ottobre il British Medical Journal pubblicava un articolo dell’ostetrico Pat O’Brian che suggeriva che le donne incinte decidano loro stesse se bere piccole quantità di alcol o meno, sostenendo che dobbiamo rispettare la loro volontà in considerazione della mancanza assoluta di prove conclusive.Il testo delle direttive NICE cosi recita: “Si consiglia alle donne gravide di evitare il consumo di bevande alcoliche durante i primi tre mesi di gravidanza e lo stesso consiglio di astenersi è valido per le donne desiderose di diventare incinte. Qualora le donne gravide decidessero di consumare bevande alcoliche non dovrebbero bere piu’ di 1-2 unita’ - equivalenti a un piccolo bicchiere di vino, mezza pinta di birra a 5% o sidro - una o due volta alla settimana. Non è chiaro quanto alcol possa essere ingerito in queste situazioni senza soffrine conseguenze, ma a questi livelli non esiste evidenza di danni al feto. Si consiglia che durante la gravidanza non ci si ubriachi o si beva più di 7,5 unità in una sola occasione perché ciò potrebbe danneggiare il feto”.


Stefano.

sabato 17 maggio 2008

La stagione della caccia, di Andrea Camilleri



Libricino vecchio di Camilleri comprato per caso in una libreria che ha aperto a fianco al Teatro Manzoni in una mattina di noia mortale...

Bello, brillante, coinvolgente e inaspettatamente senza dialetto siciliano spinto.
Qualche nome e poche parole qua e la, ma niente di eccessivo.
Molta Sicilia come al solito, ma quasi coperta dalla storia, piuttosto agitata, di una famiglia e di una vendetta covata giorno, dopo giorno, nella mente lucida di un un bambino che diventa uomo.
Devo dire che in parecchi punti mi ha colto di sorpresa...

Da uno a dieci, consigliato sette.


La stagione della caccia, editore Sellerio, prezzo Euro 8,00.


Marco.

venerdì 16 maggio 2008

Metti una sera a cena...

Esistono tre tipi di cene.
Quelle che bisogna fare per forza.
Quelle che si fanno tanto per farle.
Quelle che quando non si fanno, se ne sente la mancanza.
Da quando è nata Sofia il tempo per invitare gli Amici a casa è sempre meno, nè posso raccogliere tanto volentieri gli inviti che mi fanno.
Dunque sento sempre piu' spesso la mancanza del Terzo tipo.

Spostarsi con una bimba neonata diventa impresa tipo la colonizzazione del polo Nord, con orari di preparazione che vanno dal molo della motonave della ditta di Fantozzi, a quelli del lancio della Shuttle a Cape Caneveral.
Dunque quale occasione migliore di quella di avere una lasagna fatta da mamma Carmela nel surgelatore ed un sabato sera con posticipo serale in diretta ?
Così è stato per due sabati sera di seguito.
Al primo si sono uniti al nostro desinare Stefano e Roby.
La lasagna era quella rossa a quindici strati fatti in casa, piena di ragu' fatto in casa, con olio di frantoio.
Scelta obbligata perchè Stefano non ama, anzi odia proprio, i funghi.
Nella serata, mentre Sofia collezionava una compilation di sussulti e grida, la Juventus rifilava un pallino alla riomma, abbiamo bevuto uno Sfursat Nino Negri 2004.



Sul grande nome non mi soffermo, sappiamo tutti che è simbolo di una tradizione consolidata di buoni prodotti.
Sul vino due parole vanno dette in maniera spicciola.
Vi dico le mie impressioni che poi potranno essere adeguatamente completate da quelle di Stefano.
Mi è sembrato troppo alcolico.
Al naso mi è apparso subito troppo invadente e troppo carico.
E dire che lo sfursat a me piace da morire, tuttavia a questo non riesco a dare la sufficenza.
Anche durante la serata i miglioramenti non hanno portato ad una apertura che lo potesse rendere piu' appprezzabile.
Ho dato "la colpa" alla gioventu'del prodotto e mi sono ripromesso di comprarne qualche bottiglia per poi farlo maturare in cantina.
Dell'evoluzione dello stesso vi renderò conto.

Il sabato seguente, altro giro, altra corsa.
A cenare con noi stavolta, tra urla,strilli e pannolini da cambiare di Sofia, sono Bob e Dona.La lasagna è quella bianca con funghi porcini sempre di mamma Carmela.
Oddio, Oddio, odddio...è troppo buona! Mangerei solo quella e lo farei fino a scoppiare.
Il vino lo porta Bob...e quando poggia il cartone sulla credenza...trema tutta casa!
Due grandissime bottiglie: Flaccianello della Pieve 2003 e San Leonardo 2000.
Che dire? Vi chiamo i resti...
Subito si accende in tutti e quattro la curiosità di confrontarli e di giudicarli mettendoli "contro".
E' sbagliato, lo sappiamo, ma noi siamo bischeri e ci piace così...
Il Flaccianello è...la Toscana in bocca.



Sposa in pieno la lasagna e l'avvolge dando tutte le sue potenzialità, o almeno così mi è sembrato.
Per Dona e Simo è senza dubbio migliore.Sofia si astiene, ma a giudicare da come guarda la bottiglia...le piace piu' l'etichetta del Flaccianello.
Bob lo promuove a pieni voti,ma...ne parliamo dopo.
Io sono in difficoltà. Mi fa davvero una grande impressione questa bottiglia, nel compilare la mia scheda personale il giorno dopo gli darò un voto altissimo.
Considerando poi che stiamo parlando di un 2003, mi sembra di poter dire che i margini di miglioramento ci sono e sono estremamente grandi.
Passiamo al San Leonardo.



Non piace proprio a Simo, pollice verso per Dona e sguardo superficiale di Sofia...che di dormire proprio non ne vuol sentir parlare!
Per Bob invece è un grandissimo vino.
Lo gradisce molto e ne esalta tutte le qualità prima, dopo e durante la degustazione.
Sicuramente mi sembra di capire che questo vino entra di prepotenza nella sua top ten personale.
Io confermo la mia "positività" verso questa bottiglia, ma ribadisco che non mi ha fatto impazzire e che altre annate dello stesso vino mi avevano dato emozioni piu' forti; sulla mia scheda va comunque oltre la generica sufficenza.


Marco.

giovedì 15 maggio 2008

Quiche Patate e Melanzane.

Ultimamente mi sono data alla cucina (questo spiega anche la mia latitanza dalla redazione di articoli promessi da mesi…non finirò mai di chiedere perdono a Marco e Stefano per questo!).
Purtroppo non sono una sperimentatrice ed in genere copio le ricette che trovo su dei meravigliosi blog (devo dire modestamente con ottimi risultati) per cui non me la sento di postare delle ricette che altre ragazze hanno creato.
C’è una preparazione però che è molto versatile e che ho personalizzato alla grande, quindi la posso inserire.
Se io fossi una persona che vuole rifare questa ricetta mi odierei perché inserirò le quantità molto “ad occhio”. Però non vi preoccupate perché il bello di questa ricetta è proprio questo. Intanto è una ricetta salata e pertanto, a differenza delle ricette dei dolci che vanno seguite alla lettera ed in cui si può creare solo essendo molto esperti, si possono variare quantità e dosi a gusto personale.

Ingredienti
- un rotolo di pasta sfoglia o di pasta brisé surgelata o del banco frigo del supermercato (a me piace più la pasta brisè, ma anche con quella sfoglia non è male, nella foto ad esempio ho usato la pasta sfoglia)
- patate lessate (4/5 medie)
- melanzane (3 medie)
- panna liquida da montare (250ml)
- uova (2 – mi sembra)
- sale
- pepe
- noce moscata
- aglio
- rosmarino
- olio evo (per chi non lo sapesse evo sta per extra vergine di oliva)

Procedimento
Per tutte le quiche – se si utilizza la pasta pronta ovviamente – per prima cosa va preparato il ripieno. Vanno benissimo tutti i tipi di verdure, ma anche la carne. Questa ve la propongo con patate e melanzane semplicemente perché l’ho fotografata e ve la posso mostrare, ma è davvero un piatto versatile, pensate che negli ultimi due mesi l’ho fatta con erbe di campo in padella e patate; melanzane, pomodori e mozzarella; melanzane e zucchine; salsiccia, erbe di campo e scamorza.
Allora, piccola premessa, tenete conto che le dosi che ho inserito sono relative ad una tortiera da crostata del diametro di 26/28 cm.
Procediamo.
Lavate le melanzane e riducetele a dadini. Cuocetele in una padella antiaderente con uno spicchio d’aglio grande (io lo metto intero e in camicia), un po’ d’olio e un rametto di rosmarino fino anche non saranno più spugnose e non saranno diventate marroncine. Io in genere continuo ad aggiungere olio quando vedo che iniziano a bruciacchiare – il che succede quasi subito, ma a me piacciono così. Dopo circa 8/9 minuti che cuociono potete aggiungere sale a piacere (ma non troppo) e coprire con un coperchio lasciato semi aperto.
Intanto che le melanzane cuociono tagliate a piccoli pezzi le patate che avrete già lessato e conditele con un filo d’olio e del sale (ma non troppo).
Passate ora alla pasta. Io in genere seguo le istruzioni della confezione per lo scongelamento (nel caso di quella surgelata ovviamente) e poi la re-impasto e le do la forma rotonda (questo perché la mia tortiera ha quella forma lì mentre la pasta pronta che uso in genere è rettangolare) per poi metterla con la carta forno nella tortiera lasciando che la pasta sbordi un pochino di fuori.
Quando le melanzane sono pronte le unisco alle patate e le metto nella tortiera facendo attenzione a coprire tutto il fondo (consiglio di abbondare nelle quantità del ripieno perché la quiche è buona farcita bene e poi perché tanto se avanza non si butta niente e viene fuori un buon contorno!). Ora si passa all’ultima fase della preparazione. In una ciotolina sbattete con una forchetta le uova e la panna con un po’ di sale, pepe e noce moscata e versate il tutto nella tortiera. Mi sembra che in questa versione della foto ho messo 2 uova e 150/200 ml di panna, ma potete variare mettendo anche 1 solo uovo e tutta la panna (viene solo leggermente più pallidina) l’importante è che questo composto copra il ripieno e non strabordi troppo.
A questo punto ripiegare la pasta in eccesso in maniera tale da creare un bordino spesso e infornare in forno caldo a 180° (io ho un forno elettrico e lo uso in modalità caldo sopra e sotto, NON ventilato) finché la quiche non solidifica e i bordi bruniscono un po’ (in genere sono circa 30 minuti, ma dipende da quanto è liquido il composto che avete versato per ultimo e da come funziona il vostro forno; io consiglio di mettere il timer di 15 minuti in 15 minuti così da controllare la cottura).

Ora, questa ricetta personalizzata al massimo deriva dalla più famosa – e originale - Quiche Lorraine (o torta alla carbonara come la chiamano i miei amici) della quale ho la ricetta con le quantità e il procedimento scritti in maniera scientifica.

Probabilmente la farò a breve quindi prometto di mettere foto e ricetta precisa cosicché, se non sono stata troppo chiara o se non ve la sentite di provare una ricetta senza dosi e tempi precisi, potete fare questa e una volta capito il procedimento creare secondo il vostro gusto personale.

Intanto questa è la foto della mia Quiche Patate e Melanzane




Emanuela.

mercoledì 14 maggio 2008

Il boom del surgfood



Da Newsfood:

Dal boom degli anni '60 gli alimenti surgelati ne hanno fatta di strada, considerati inizialmente una «risorsa d'emergenza» e una «commodity» per le generazioni emancipate di quei tempi, oggi hanno conquistato universalmente il ruolo di prodotti d'eccellenza.

Ciò sia nel retail, dove le preferenze vanno soprattutto alle «soluzioni», ovvero ai ricettati, sia nel canale food service, dove invece nelle novità prevalgono prodotti base che permettono allo chef di elaborare i piatti secondo le proprie preferenze e le tipicità della provenienza territoriale. Nell'ambito degli alimenti surgelati uno dei comparti più dinamici e in crescita è rappresentato dai prodotti ittici, dove i plus sono identificati soprattutto nell'alto contenuto di servizio, nella qualità degli ingredienti e nell'innovazione dell'offerta. I prodotti ittici rappresentano sia nel canale retail, sia nel catering la terza voce di consumo, dopo i vegetali e le patate, ma con una differenza sostanziale di percentuale, vale a dire con quote rispettivamente del 17% e del 6%.

Questo gap lascia intravedere interessanti sviluppi per tutto il canale food service, considerando che la ristorazione professionale e quella collettiva richiedono referenze di crescente valore aggiunto. Ciò sia nell'ottica, per gli utilizzatori, del risparmio di tempo e di costi fissi, sia dei vantaggi che il surgelato offre in termini di porzionabilità e di abbattimento del problema delle rimanenze (che nel caso del pesce è estremamente importante, trattandosi di un prodotto altamente deteriorabile). Ma l'elenco non finisce qui; pensiamo alla continuità del prodotto che i surgelati possono assicurare, a prescindere dalla stagionalità delle produzioni con conseguente possibilità di stoccaggio degli approvvigionamenti. Quest’ultima prerogativa risulta essere determinante specie per le tipologie di locali che lavorano col turismo stagionale, dove l'affluenza della clientela subisce variazioni imponderabili dovute all'andamento climatico. Ultimo vantaggio, ma non certo per importanza, la garanzia dal punto di vista igienico-sanitario di un prodotto che, sposando il concetto di fresco come sinonimo di qualità, una volta rinvenuto, è di gran lunga superiore al cosiddetto «fresco» che - ahimè - solitamente, quando arriva sulle tavole dei ristoranti, è già stato pescato da qualche giorno.

CONSUMI E PREFERENZE NEL FUORICASA

Nel fuoricasa la presenza dei piatti di pesce nei menu dell'alta ristorazione italiana, rilevata a MSE da una recente indagine, riguarda il 95% dei locali. In generale, i ristoratori italiani acquistano mediamente oltre le 200 mila tonnellate di prodotto ittico di cui il 70 per cento di fresco, che è sempre il più richiesto dagli italiani. Nelle scelte, infatti, si aggiudicano il primo posto i frutti di mare (soprattutto mitili, vongole e ostriche) con il 46% delle preferenze, seguiti dal pesce di mare (in particolare spigole e orate) col 35%, dai crostacei (gamberi e mazzancolle) per il 28% e infine dal pesce di acqua dolce (fonte: Osservatorio Ittico Ismea 2006). Negli acquisti dei prodotti ittici surgelati effettuati dalla ristorazione professionale, in testa vi è invece il pesce intero naturale, seguito a ruota dalla categoria dei molluschi al naturale, mentre al terzo posto, ma con quote quasi dimezzate, la categoria del pesce panato o pastellato. Il canale catering e la ristorazione si rivelano molto attenti alle novità e favorevoli ad un acquisto sempre più massiccio dei prodotti ittici che, dal 2001 al 2006, ha raggiunto quote che dalle 13 mila tonnellate sono passate alle 18 mila e che, considerata l'evoluzione tecnologica alla quale si assiste nella catena del freddo, prospettano ulteriori passi avanti in termini di contenuto di servizio. L'attenzione, più che alla specificità delle tipologie, è rivolta alla funzionalità del prodotto. Negli ultimi anni hanno avuto un forte incremento i prodotti semilavorati porzionati, quali ad esempio i filetti, i tranci, che consentono l'immediato utilizzo in cucina. I vantaggi sono intuitivi: possibilità di elaborare e trasformare un prodotto con un costo certo ed una resa altrettanto certa. Altri prodotti in forte crescita - ci illustra Marco Malavasi, direttore commerciale di Gel Group, società di importazione e commercializzazione del prodotto ittico verso il canale ho.re.ca. che cresce mediamente di un 20% all'anno in volumi - riguardano la categoria del mollame, vale a dire polpi, seppie, calamari, un mercato che se in Italia è strettamente soggetto alle variabili delle stagioni di pesca, in altri paesi del mondo è disponibile tutto l'anno (ad esempio il polpo in Marocco, il calamaro in India e Thailandia). Ottime le performance del surgelato anche per quanto riguarda la categoria dei frutti di mare che, se importati da paesi temperati, assicurano alla ristorazione una continuità di approvvigionamento costante, oltre ad un'ottima qualità. Insomma, il surgelato ittico ha potenzialità enormi. Pensiamo ai vantaggi rispetto al prodotto «fresco» che arriva dalle barche mediamente dopo due giorni, poi è trasferito ai depositi centralizzati e infine ai mercati. E siamo già a tre-quattro giorni. È vero che i sistemi di refrigerazione degli automezzi addetti al trasporto sono d'altissima tecnologia, ma a questo punto siamo sicuri che si possa ancora parlare di prodotto «fresco»? Il congelato invece, specie se il trattamento avviene a bordo delle navi, batte in freschezza il cosiddetto «fresco». Perché - assicurano gli addetti ai lavori - una volta rinvenuto è come fosse appena pescato.

I molluschi, novità dell’MSE di Rimini.

MSE Seafood & Processing, salone organizzato da Rimini Fiera e dalla statunitense DBC per le tecnologie e i prodotti della pesca, in calendario dal23 al 26 febbraio 2008, è la più completa vetrina di prodotto ittico per il canale horeca e per la grande distribuzione. Tra le novità in esposizione, sempre più spazio è conquistato dai piatti pronti a base di pesce e alla molluschicoltura nazionale, che oggi costituisce circa il 70% dell'intera produzione dell'acquacoltura italiana e il 28% della produzione ittica complessiva in Italia.

L'innovazione è la strategia vincente

Quali saranno, nel prossimo futuro, le strategie per continuare a far crescere i consumi di surgelati? Secondo Vittorio Gagliardi, Presidente dell'Istituto Italiano Alimenti Surgelati «è certo ormai che a trainare l'ascesa dei surgelati nel prossimo futuro sarà ancora una volta l'innovazione, intesa non soltanto dal punto di vista del prodotto, ma anche dell'approccio verso la categoria».
«Lo spazio per l'innovazione nel canale è ancora tanto. Nel corso degli anni è stato fatto molto per migliorare il contenuto di servizio, riducendo i tempi e semplificando le modalità di cottura».
«E a proposito della qualità dei prodotti, la catena del freddo, che rimane uno dei punti nei quali possono essere previsti e realizzati ulteriori avanzamenti tecnologici».
Occorre perfezionare gli standard produttivi
Per Marco Malavasi, direttore commerciale della società Gel Group, l'elemento di crescita del prodotto ittico surgelato sta nel consolidamento del rapporti di partnership con i produttori di riferimento con l'obiettivo di pianificare i consumi e mettere a punto strategie volte a migliorare la commercializzazione del prodotto surgelato sul mercato.
«In particolare - chiarisce Malavasi - mi riferisco alla ricerca di definire standard produttivi con precise caratteristiche in termini di grammatura, glassatura e confezionamento, sempre più funzionali al canale ho.re.ca. Così il confronto del surgelato col prodotto fresco sarà sempre più sbilanciato a favore del primo».

Stefano.

martedì 13 maggio 2008

Cavit Altemasi Talento Brut 2000.



Chardonnay 100% per questo vino che proviene da zone tipiche per lo spumante del trentino. La presa di spuma avviene con permanenza sui lieviti per almeno 4 anni.
Il colore è un giallo paglierino con riflessi verdognoli, perlage non molto fine. Il profumo non è molto intenso né ampio: per lo più frutta con note sia mature che acerbe. In bocca forte la freschezza acidica ma poca la sapidità. Grande la struttura, ma nel complesso cede qualcosa alla complessiva morbidezza. Finale non lungo.
Il costo medio è di 25 euro.
Non male, ma neanche convincente.

Stefano.

lunedì 12 maggio 2008

Nebbiolata-barolata in famiglia...

Ora siamo quasi in primavera, dall'armadio tiriamo fuori magliette a maniche corte e felpe leggere, ma oggi vi voglio raccontare di una nostra barolata-nebbiolata-piemontesata svoltasi ai primi di dicembre dello scorso anno.
L'idea di ritrovarci per una polentata era stata di papa' Mario che, un po' per sdebitarsi per la bellissima giornata passata a Montalcino, un po' perchè nasce organizzatore, si era esposto con tutti.
Polenta si , ma con l'accompagno di tanti Piemontesi...
Purtroppo un impegno dell'ultim'ora costringeva due pezzi del Melmo Club alla ritirata.
Stefano & Roberta, di solito agguerriti combattenti sulla tavola, dovevano alzare bandiera bianca per un impegno che si sarebbe trascinato piu' a lungo di quanto avessero previsto.

Per festeggiare questo incontro il primo brindisi è stato made in Franciacorta.
Un fugace cin-cin in preparazione della "battaglia"...

Ma torniamo alla pappa.
Con l'antipasto misto all'italiana abbiamo bevuto il Nebbiolo Ginestrino Conterno Fantino.
E, per dirla tutta, non abbiamo reso onore al mitico antipasto che Aurelio,il mi' cognato avvinazzato, aveva preparato.



Sempre con l'antipasto,abbiamo degustato anche il Nebbiolo delle Langhe 2004 di B. Giacosa.
Assolutamente impresentabile a giudizio di tutti ed immediatamente scaravellato nel lavandino.

Le cose son cominciate ad essere serie con l'arrivo in tavola del Gattinara, vitigno molsino, anno 2000 di casa Nervi.
Ottimo il colore, straordinario il sapore anche se il legame con la polenta che inondava i nostri piatti, era difficile.
Vino di tutto rispetto e con voto superiore al sette per tutti.

Poi venne il momento dell'intruso...Langhe Rosso, della casa Ca' Viola.
Aurelio ci presentava un 95% Barbera e 5% Nebbiolo.
Inutile dire le proteste e le imprecazioni dei presenti...
Tuttavia anch'esso veniva assaggiato e giudicato,all'altezza per alcuni e non all'altezza per altri (soprattutto per me che non sono amante della Barbera).


Quando invece si presentava in tavola il Barolo Conterno riserva 01, la
standing ovation era generale.
Un vino straordinariamente equilibrato, buono, nel suo esser classico e di "classe" unico.
Nessuno obiettava nulla, ma il gusto delle spuntature e della polenta facevano anche la loro parte...


L'unica vera diatriba si sarebbe consumata, tra i presenti, nell'assegnazione del titolo di vino della giornata.
A tal proposito al Conterno si opponeva il Massolino Riserva 1999, vigna Rionda.
Per me il migliore, come anche per Andrea.
Dall'altro lato del "ragionare" Aurelio ed il mi' babbo.
Il Massolino veniva comunque riconosciuto da tutti, come un vino "tosto che non passa inosservato al palato.



A chiudere, faceva la sua apparizione un Langhe 2003 della cantina Ceretto.
Nebbiolo 100% e un po' ruffiano, sicuramente scontava il fatto di esser bevuto per ultimo con i fuochi del sacro bere ormai "astutati".




Nel mezzo della bicchierata, e della magnata, non sono mancati momenti anche aspri di confronto e di dibattito...
Tutti hanno cercato di riempirsi il bicchiere con il vino preferito anche a discapito del malcapitato vicino di posto alzatosi per bisogni fisiologici.
Ma le nostre bicchierate sono così.
Fedeli al marchio S.G.B.(solo grandi bottiglie), non deve mancare mai la gogliardia ed il confronto sulla passione comune.



A fine pranzo rimarranno insieme ai ricordi annebiati dall'alcool, tappi di bottiglie da ricordare...



...foto ricordo da tramandare ai posteri e pubblicare sul blog...





Marco.

sabato 10 maggio 2008

La mossa del cavallo, di Andrea Camilleri.



In alcune pagine si rincorrono due dialetti: il siciliano ed il genovese.
Pazzesco, ma alla fine piacevole.
L'ho divorato nelle pause pranzo pre-derby del 19 Marzo, quando la tensione si alza difficilmente riesco a riposare.

Siamo nella Vigàta di fine Ottocento e il protagonista è Giovanni Bovara, di origine vigatese ma vissuto da sempre a Genova. Bovara è stato chiamato a fare l’ispettore ai mulini dopo che entrambi i suoi due predecessori sono stati trovati morti in circostanze misteriose. La correttezza di Bovara da subito si scontra con gli onniscienti interessi mafiosi della zona, eppure l’ispettore riesce a barcamenarsi fino a quando, casualmente, si trova ad essere testimone dell’omicidio di un prete corrotto. E’ a quel punto che le connessioni mafiose allestiranno una messinscena magistrale in grado di coinvolgere il povero Bovara, trasformandolo in poche ore da testimone ad imputato dell’omicidio. La furbizia, l’assurdità e l’omertà che lo circonda sembrano sopraffare Giovanni, che prende a piangere come un bambino. Eppure in carcere, chiuso in ostinato mutismo, egli pensa e ripensa e poi riprende a parlare. Ma quando lo fa lo fa in siciliano perché, dice, fino a quando non sarà proclamato innocente penserà e parlerà solo in siciliano. Ed è così che dal carcere, reimpossesatosi della lingua e quindi della mentalità dei propri padri, Giovanni Bovara gioca la sua partita azzardando una mossa imprevista che riuscirà a spiazzare gli uomini d’onore suoi avversari. Ma la vittoria è comunque parziale, come bene spiega il Procuratore del Re, il torinese Ottavio Rebaudengo, al giudice istruttore Giosuè Pintacuda. La verità a cui si può giungere in Sicilia sarà solo e sempre una mezza verità.

Consigliato.

La mossa del cavallo,Edizioni Bur, prezzo euro 7.50.

Marco.

venerdì 9 maggio 2008

L'Italia vista dall'autostrada...




E' incredibile come due viaggi identici ma in direzione opposta, possano essere tanto diversi e influenti sull'umore della persona. Sto parlando del viaggio di andata e ritorno che ho fatto verso e di ritorno dal Vinitaly: Roma-Verona e Verona-Roma.


L'andata fila quasi completamente liscia. Beh, io ci metto un po' del mio partendo ad un'ora antelucana (ore 5.30). In effetti appena uscito di casa mi ricordo di essermi scordato tutti i fogli con le varie indicazioni a casa e la prima incavolatura arriva subito. Questo è il retaggio del furto di quest'estate che oltre ad avermi portato via la macchina mi ha portato via anche il suo contenuto tra cui l'ormai indispensabile navigatore.

A parte questo difettuccio iniziale, devo dire che a tratti il viaggio è stato molto bello: vedere il sole sorgere pian piano dietro gli appennini, una strada semi deserta e scorrevole (nonostante i residui di diversi cantieri), panorami sempre più definiti e molto belle, tra i piacevoli paesini dell'alto Lazio, dell'Umbria e della toscana, tra cui segnalo: Orte, Orvieto, Monte San Savino. La prima sosta al bar ha quasi un che di poetico: caffè caldo e saccottino al cioccolato. E sul piattino mi ci mettono anche un mini-ovetto kinder! Unica cosa fastidiosa: arrivare alle 7 di mattina in autogrill e vedere un furgone (per lo più di servizio autostradale) parcheggiato nello spazio riservato agli handicappati, come potete vedere sotto:



Questa è una forma di stupidità che non tollero, specie in un momento come quello dove tutti i parcheggi erano liberi e quindi mettersi in quel posto mi ha saputo tanto di menefreghismo, quello che manda in malora questo maledetto/benedetto paese.

A parte questa mega-incazzatura, tutto a posto fino a Verona: sono passato indenne perfino da Firenze, dove si concentrano talmente tanti e tanto mal fatti lavori, che normalmente ti ci vuole un paio d'ore per uscirne vivo! Il paesaggio per la verità diventa sempre meno bello: dopo Firenze c'è il micidiale tratto appenninico fino a Bologna, dove forse c'è qualcosa da vedere, ma sei talmente impegnato nella guida e nell'evitare i camion che hai altro a cui pensare. Dopo Bologna è un po' bruttino: in mezzo alla pianura padana: non si vede molto a distanza e ci sono solo o quasi fabbriconi! Prendendo invece l'autostrada del Brennero, non è che cambi molto (sempre in pianura sei) ma almeno viaggi in mezzo a frutteti e vigneti (non so quanto buoni con tutto quello che passa accanto, ma almeno per la vista....).
A Verona trovo il panico non preventivato, almeno da me. Ho pensato: "Ma sicuro i primi due giorni sono i più tranquilli, il delirio scatta sabato". Ovviamente, manco per il cavolo!!!

Ma è al ritorno che si scatena l'apocalisse, con i suoi sei sigilli. Per chi non lo sapesse i sei sigilli sono quelli descritti da Giovanni nell'ultimo libro della Bibbia, chiamato appunto l'Apocalisse. Ogni sigillo corrispondeva ad una sventura che si abbatteva sull'umanità (i primi 4 con i famosi o meglio famigerati 4 cavalieri dell'apocalisse, almeno quelli li avrete sentiti... No? Allora clicca qui).
I miei sei sigilli sono stati:
- riuscire a prendere l'autostrada, con il traffico in uscita da Verona;
- l'Autostrada del Brennero, dopo una decina di km che l'avevo presa tutto bloccato causa lavori (ovviamente nel cantiere non c'era nessuno e si potevano anche rimuovere i paletti, ma era troppa fatica);
- L'autostrada del Brennero all'incrocio con la A: nonostante quest'ultima sia fino a Bologna a 4(!!!) corsie, si generava traffico in ingresso. Perché? Boh!
- L'autostrada A1, dopo Bologna: anche qui lavori, che fanno sparire la corsia di emergenza. Restano le due corsie standard (vabbè che già da 4 a 2...) ma se si ferma un mezzo, come si è fermato quando ci sono passato io... Tutti in fila, mentre sboroni con il Cayenne ti passano come prepotenti, per decine e decine di minuti, diversi fermi sotto il sole (meno male che era solo aprile). Non finiva più. E per rendere omaggio all'adagio che al peggio non c'è mai fine, ogni volta che su Isoradio davano le notizie del traffico quella coda l'hanno data fino alle 9 di sera...
- Ultimo sigillo: il passaggio a Firenze! Stavolta la fila me la sono beccata tutta. E' vero però che in confronto a quella precedente sembrava una bazzecola.

Ora di partenza da Verona: le 16.00; ora in cui ho varcato la soglia di casa: dopo le 22.30!!!

Ora io dico: ma possibile che:
- ci stanno cantieri inutili con nessuno che ci lavora?
- si ferma un mezzo in mezzo all'autostrada e rimane li per ore?
- le tariffe aumentano sempre (+ di 27 euri per andare a Verona e altrettanti al ritorno) e i servizi peggiorano (a parte il mini-ovetto)?
- possibile che quando vai all'estero non sia mai così?

La risposta: è possibile!

Stefano.

giovedì 8 maggio 2008

Carpenè Malvolti Millesimato Talento Brut 2004.



Non posso dire che mi sia piaciuto, né che non è nelle mie corde: direi che non mi ha proprio garbato e basta (per dirlo alla toscana…). E sì che altri Carpenè Malvolti non mi sono dispiaciuti, ma questo proprio no. E si che era un millesimato…
Nasce da uve Pinot Nero (20%), Chardonnay (45%) e Pinot Bianco (30%) coltivate in parte nella zona di Conegliano in parte nella zona di Trento (due doc rinomate!).
Il colore è un giallo paglierino con riflessi verdognoli. Il perlage è fino e intenso. Il profumo denota poca intensità. Mela golden e banana per lo più, quindi direi che il Pinot Nero è poco presente, almeno come profumi.
In bocca, elevata la freschezza acidica (forse una punta troppo) e buona la struttura; la sapidità è temperata dalla morbidezza. La persistenza è discreta.
Il costo è di 14 euro, tutto sommato accettabile e in media.


Stefano.

mercoledì 7 maggio 2008

Fascetta di qualità sul Sagrantino.


Da newsfood:

Un vino di qualità, ma anche più sicuro, certificato e con la tracciabilità di filiera assicurata, dalla vigna alla tavola, da mercoledì 9 aprile, grazie al recente assenso del Ministero delle Politiche Agricole, il Consorzio di Tutela Vini Montefalco introdurrà per la prima volta la fascetta di garanzia sulle bottiglie del Montefalco Doc.

Simile a quella presente sulle bottiglie a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (ad es. il Sagrantino di Montefalco Docg), la nuova fascetta nasce per dare ulteriori garanzie al consumatore sull'origine geografica di un importante vino del territorio umbro, il Montefalco Doc. «Il progetto si ricollega ai controlli rigorosi che il Consorzio effettua in tutte le cantine del territorio per verificare l'origine delle partite di vino, il rispetto del disciplinare produttivo e degli uvaggi - sottolinea il presidente Lodovico Mattoni -. Abbiamo deciso di introdurre la fascetta perché vogliamo garantire i consumatori sulla qualità e la provenienza del nostro vino, che è rigorosamente controllato in tutte le fasi produttive. Il progetto era stato avviato qualche mese fa e si è concluso in questi giorni, in un momento difficile per l'enologia italiana».

Il Montefalco Doc (base sangiovese, più 10-15% sagrantino e altri vitigni non aromatici) è per importanza il secondo vino del territorio. Può contare su 430 ettari di vigneto (contro 660 del Sagrantino) e quasi 2,2 milioni di bottiglie per la vendemmia 2006, contro gli 1,7 milioni di bottiglie del Sagrantino di Montefalco Docg annata 2004, l'ultima in commercio.
Come il Sagrantino anche il Montefalco Doc ha registrato una grande crescita negli ultimi anni: nel 2000 erano appena 157 gli ettari a disposizione e 1 milione le bottiglie in commercio. Durante il Vinitaly appena concluso è stato presentato con successo agli operatori nel corso del «Viaggio nel Sagrantino», l'iniziativa che ha visto protagonista il Consorzio per la promozione dei prodotti del territorio, compreso tra i cinque comuni perugini di Bevagna, Castel Ritaldi, Giano dell'Umbria, Gualdo Cattaneo e Montefalco.


Stefano.

martedì 6 maggio 2008

Winegate al SuperBowl

Riporto una notizia trattada Corriere.it del 17 febbraio che mi ha fatto ridere ma anche pensare a quanta ipocrisia ci sia in giro per l'America.

WASHINGTON – Agli occhi di molti americani, la supermodella brasiliana Gisele Bündchen aveva già commesso un reato imperdonabile annunciando di volere essere pagata in euro e non più in dollari a causa della svalutazione del biglietto verde. Ma al super bowl, la finale di football americano di una settimana fa, vinta dai Giants contro i Patriots, ne ha commesso uno assai più grave: si è gustata lentamente un bicchiere di vino rosso in un salotto della tribuna, in piena vista dei tifosi e delle telecamere. Apriti cielo! «Gisele, sei al super bowl, non sei in un bistrò francese» ha tuonato la tv Msnbc. «Amor mio, qui si ingurgita birra, è all’opera che si consuma vino» le ha ricordato la National public radio. E sui blog in Rete si è letto di tutto. Un bicchiere? Ma allo stadio si beve dalle tazze o le bottiglie di plastica. Chi è questa snob, è antiamericana? Vietatele l’ingresso alle partite! «Un winegate», lo scandalo del vino, ha commentato sarcasticamente il Wall street journal. Lo scandalo non è nato solo dallo scontro tra il partito della birra – in America il più forte – e il partito del vino. Ha anche un retroscena sentimental-mondano.
Gisele è la fidanzata di Tom Brady, quarterback dei Patriots, uno dei migliori giocatori di tutti i tempi. Come a dire la fidanzata del Alessandro Del Piero americano. E ha contribuito a farne una celebrità. Ma al super bowl, Tom, che per la sua avvenenza è considerato il George Clooney dello sport, è venuto meno alle aspettative. I tifosi si sono imbestialiti, hanno accusato Gisele di avere reso il loro idolo così presuntuoso e arrogante da sottovalutare l’avversario, e di averlo distratto durante la partita. Ha scritto Jeff Boswell, uno dei bloggisti: «A cosa pensava Tom? Al gioco o al vino della sua bella? A come Gisele lo avrebbe festeggiato se avesse vinto?». Insomma, i Patriots, vicini a un record storico – erano rimasti imbattuti per l’intero campionato - avrebbero perso a causa di un bicchiere. Di vino, non di birra. Il Wall street journal ha cercato di scoprire il corpo del reato. Che vino era? ha chiesto alla IMG Models di New York, dove Gisele lavora. Californiano, italiano, francese, australiano? Risposta: «Non commentiamo le vite personali dei clienti». Forse il giallo del super bowl non verrà mai risolto.


Stefano.

lunedì 5 maggio 2008

La Champagne, lo Champagne.




Oggi parliamo di champagne, questo famoso vino francese che bisogna fare attenzione a chiamare spumante. La reazione di un vigneron potrebbe essere la stessa di un inglese cui indicate il numero 2 con le dita della mano (ossia l'equivalente britannico del dito medio...). Assembliamo un po' di notizie di fonti varie (principalmente Wikipedia e il sottoscritto).


Lo champagne è prodotto nel territorio viticolo più settentrionale della Francia, nella regione di Champagne, una striscia di terra a 150km da Parigi tutta percorsa da vigneti. Con una superficie vitata di circa 24.000 ettari, il territorio viticolo dello Champagne è il meno esteso e il più settentrionale della Francia. Possono produrre champagne in particolare le seguenti zone (confrontate con la cartina in cima al post):


Montagne di Reims (dipartimento della Marna). Le colline, principalmente esposte a Sud, sono caratterizzate da terreni gessosi che assicurano un ottimo drenaggio, accumulano il calore del giorno ed il cui colore chiaro riflette intensamente i raggi del sole. Non c'è da stupirsi quindi se l'uva riesce a surmaturare in una zonza così fredda. Il vitigno predominante è il pinot noir. Nelle cantine (caves) delle montagne di Reims riposano degli champagnes rinomati per la potenza, la struttura e la nobiltà;


Valle della Marna (Marna ed Aisne): le colline sono caratterizzate da terreni argillosi e calcarei, a tendenza marnosa. Il vitigno principale è il pinot meunier (simile al Pinot Noir ma con una maturazione più tardiva). Gli champagnes della valle della Marne, grazie alla loro grande varietà, possiedono un seducente bouquet fruttato ed un'elevata morbidezza.


Côte des blancs (Marna): il vitigno principale è lo chardonnay, l'unica uva a bacca bianca autorizzata per la produzione dello champagne. I terreni, gessosi, assicurano elevate riserve d'acqua e di calore del sottosuolo. La Côte des Blancs dà vita a champagnes pregiati, caratterizzati da vivacità e carattere, e dagli aromi leggeri e delicati, simboli di finezza ed eleganza.


Vigne dell'Aube, Bar-sur-Aube, Bar-sur-Seine (dipartimento dell'Aube): nei terreni gessosi a tendenza marnosa il vitigno principale è il pinot noir. Gli champagnes della Côte des Bar sono vini di carattere, rotondi e dagli aromi complessi.


Alle uve sopra indicate (Chardonnay, Pinot Blanc e Pinot Noir) si aggiungono piccole coltivazioni (inferiori all'1% del totale vitato) di vitigni tradizionali: arbanne e petit meslier.


Nelle varie regioni quasi tutte le famiglie sono produttori di Champagne e sono iscritte a quella che è la loro Camera di Commercio. Ci sono aziende a conduzione familiare che rappresentano poi la vera bellezza di un viaggio in Champagne, un pò come nella zona del Barolo.


Lo champagne è uno dei pochi vini ai quali sia stato attribuito un inventore, l'abate benedettino Dom Pérignon nel XVII secolo (di cui sotto potete vedere la statua eretta in suo onore ad Eperney nella Champagne), anche se esistono varie versioni sulla sua origine (una delle quali attribuisce l'origine ad un frate francescano italiano, tale Dom Francesco Sacchi nel XIV secolo). Non solo: il successo e la notorietà dello champagne nel mondo hanno fatto si che si sviluppassero vere e proprie leggende sullo stesso Dom Perignon: la più singolare è che egli fosse un esperto e fine assaggiatore di vini, In realtà sembra che fosse addirittura astemio, ma anche vegetariano il che gli permetteva di essere un grande esperto assaggiatore di uva!





Il vino Champagne viene prodotto secondo il metodo classico, chiamato anche metodo champenoise, che consiste principalmente nell'operare una doppia fermentazione del mosto, la prima volta nei tini, la seconda volta nelle stesse bottiglie, in cantina, con l'esecuzione del "remuage" (rimescolamento) regolare delle stesse.
Le uve vengono raccolte manualmente in maniera selettiva, cioè scegliendo solo i grappoli che hanno raggiunto la giusta maturazione, e trasportate alla pressatura cercando di mantenere il più possibile l'integrità degli acini. Successivamente si pressano le uve in maniera soffice, si separano rapidamente le bucce dal mosto e si mette il vino in botte per la fermentazione.
Il vino fa prima la classica fermentazione alcolica. Quando questa si conclude (di solito in primavera), si imbottiglia il vino di base con un tappo cavo (solitamente in plastica) dopo avergli aggiunto dei lieviti selezionati (prelevati da ceppi della zona dello champagne) e dello zucchero al fine di far avviare la seconda fermentazione; questa seconda fermentazione produce anidride carbonica che determina la formazione di bollicine, cioè della spuma. Tuttavia, questa seconda fermentazione provoca anche la formazione di feccia, che intorbidisce il vino, e che è necessario eliminare. Per fare ciò, l'amico Dom Perignon (o chi per lui) si è inventato tra le altre cose questo remuage (di cui sotto potete vedere una foto che ritrae l'operazione manuale), che consiste in una serie di piccole operazioni:



- occorre sistemare le bottiglie sulle pupitres strutture a "V" rovesciata costituite da due tavole di legno incernierate su un lato e dotate di fori in cui inserire i colli delle bottiglie.



- ogni giorno le bottiglie vengono ruotate con un movimento secco (remuage sur pupitres), con una rotazione inizialmente di un ottavo di giro e successivamente aumentata a un sesto e, alla fine del processo, a un quarto di giro. (tale operazione ha lo scopo di staccare la feccia dalla parete interna della bottiglia e farla scendere in basso verso il collo della stessa).


- nello stesso tempo le pupitres vengono allargate, in maniera che l'angolo di inclinazione delle bottiglie rispetto al suolo aumenti fino a diventare quasi verticale. Dopo alcuni mesi le fecce sono tutte raccolte all'interno del tappo.


Per eliminare le fecce si inserisce il collo della bottiglia in una soluzione salina a bassissima temperatura, che provoca l'istantaneo congelamento delle fecce; a questo punto si toglie il tappo (questa operazione si chiama dégorgement, e se fatta a mano è definita "à la volée"), e con esso il deposito di feccia. Sotto l'immagine di un'operazione di dègorgement:






Dopo il dégorgement si effettua il dosage, cioè si rabbocca la bottiglia con una miscela (chiamata liqueur d'expédition) di vini vecchi, zucchero e liquori tipo cognac o armagnac; ogni produttore custodisce gelosamente la composizione di questa miscela, che determina sia le caratteristiche organolettiche finali dello champagne sia, per la quantità di zucchero presente, la sua tipologia o dosage brut, sec, demi-sec, ecc.


Una volta eseguita questa operazione non resta che tappare la bottiglia con il caratteristico tappo di sughero (una volta o l'altra bisognerà parlare un po' di come sono fatti i tappi e del perchè quelli da spumante hanno questa forma caratteristica a funghetto), la capsula metallica e la gabbietta in fil di ferro. Le bottiglie vengono lasciate ad affinare ancora e, dopo alcuni mesi sono pronte per il consumo.


Quasi sempre viene effettuato l'assemblaggio tra vini di provenienza e di millesimi (annate) differenti, al fine di assicurare una continuità delle caratteristiche qualitative ed organolettiche. L'indicazione del millesimo, facoltativa, è possibile solo quando vengono assemblati vini della stessa annata; ciò è generalmente indice di un'elevata qualità. Lo champagne può essere bianco o, più raramente, rosé. Contrariamente alla quasi totalità dei vini rosati, lo champagne rosé si ottiene mescolando vini bianchi e vini rossi. Lo champagne ottenuto da sole uve a bacca bianca si chiama blanc de blancs; lo champagne ottenuto da sole uve a bacca nera si chiama blanc de noirs.


Gli champagne migliori? A detta di chi è andato in quei posti (dove conto di andare a breve anche io) non sono quelli delle grandi maison, ma proprio quelli dei piccoli vigneron, solo che sono difficili da reperire se non sul posto. A me personalmente piace molto la versione rosè, in particolare quella del Philipponnat (Rèserve Rosèe), fatto di Pinot Noir (50-60% a seconda dei millesimi), chardonnay (25-30%) e pinot meunier (15-20%). Vi potrei indicare alcuni abbinamenti, ma secondo me è talmente buono da berselo da solo!


Anche perchè ho una mia piccola teoria, che però devo verificare continuando a bere perchè devo ancora imprare molto. I francesi si incazzeranno, ma secondo me rispetto a noi sono più avanti sui vini tranquilli e sugli champagne rosè (dove non c'è gara proprio) che sugli spumanti-champagne bianchi. Ne ho assaggiati diversi recentemente degni di nota, che facevano le scarpe tranquillamente ai vari Dom Perignon, Veuve Clicquot Ponsardin & soci. Ve ne parlerò volentieri! Non si incazzino i francesi: W il pesceratto!


Rimane comunque il fatto che lo Champagne possiede un appeal che nessun altro spumante e direi vino al mondo possiede. Che è comunque un vino miracoloso per le condizioni e le latitudini dove cresce l'uva (o almeno lo era fino a qualche anno fa) e che poi buono è buono, non c'è niente da fare.



Cin Cin!

Stefano



domenica 4 maggio 2008

Evviva gli sposi...

Oggi è il grande giorno di Bob e Dona, che qui sotto vedete in una foto recente, e tutti gli amici del blog gli fanno i migliori auguroni possibili !



Vi auguriamo una lunga, emozionante e sorprendente vita insieme !

sabato 3 maggio 2008

Un filo di fumo, di Andrea Camilleri.



Libro shock per me, questo di Camilleri.
L'ho sofferto fin dalle primissime pagine, con molto stupore poichè mai mi era successo con questo autore.
Non per la storia in se', ma anche quella c'entra, non per il dialetto, sempre divertente, forse per i personaggi un po' troppo caricati...
Sta il fatto che per finirlo, nonostante siano poche pagine, ho sudato, in pieno inverno, le cosidette sette camicie.
Non dico altro...se non che mi dispiace molto di non aver apprezzato.

Un filo di fumo, Editore Sellerio, prezzo 10 Euro.


Marco.

venerdì 2 maggio 2008

Oggi è il mio compleanno...




Mi fate gli auguri ?


Ciao, ciao

Marco.

giovedì 1 maggio 2008

Buon Primo Maggio a tutti !



Mi sembra una vignetta adatta...
Buona festa a tutti coloro che non vedevano l'ora che arrivasse !
Riposiamoci e godiamoci questo splendido sole.


Marco e Stefano.


P.s. domani è il mio(di Marco) compleanno...vorrei vedere fiumi d'auguri !
:)