venerdì 30 novembre 2007

Madreselva 2004 Casale del Giglio


Era tanto che non bevevo un prodotto di punta di Casale del Giglio, e devo dire che alcune mie perplessità le ho dovute rivedere. Intendiamoci: siamo ancora lontani dall'eccellenza, ma quel che secondo me l'azienda ha perso sui vini di pronta beva, merlot e petit verdot in partticolare, forse lo ha mantenuto qui. Il Madreselva è un vino prodotto con Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot in parti uguali, maturato in barrique per 16-18 mesi e affinato per 4-6 mesi in bottiglia. Il 2004 che ho bevuto io costa 11 euro in enoteca, e tutto sommato direi che si possono spendere. Molto belli il colore e l'aspetto, un rosso rubino molto scuro e per niente trasparente che lascia intendere l'affinamento. All'olfatto lascia sentori di frutti a baccca rossa decisamente gradevoli e intensi, moderatamente complessi. In bocca risalta la buona struttura e la decisa persistenza. Forse un po'alcolico all'inzio ma poi sicuramente equilibrato. Tutto sommato gradevole ed aromonico.

giovedì 29 novembre 2007

Vino...ma quanto ci costi ?

Da La Stampa.it del 05/11/2007 di Alberto Mattioli con la collaborazione di Roberto Fiori.



Nelle Langhe grande vendemmia, al consumatore la bottiglia costerà il 25 per cento in più

I tartufi, vabbè, ormai oscillano fra i 400 e i 650 euro all’etto e i trifolau girano scortati (o almeno dovrebbero, dopo l’ultima rapina a mano armata stile o il tartufo o la vita). Però stanno impazzendo anche gli alimenti basici: rincari del pane, della pasta, dei pelati. Ma se per potersi permettere la dieta mediterranea bisognerà presto avere un reddito da Golfo persico è colpa anche della più italiana delle bevande: il vino. D’accordo che l’attuale mania per cibo e dintorni ha generato troppi gastrogonzi di cui approfittano troppi gastrostronzi, ma sta di fatto che gli aumenti prossimi venturi della bottiglia saranno del 20-25 per cento per i vini di base e del 10 per quelli di fascia medio-alta. Insomma, se con il barile a cento dollari il petrolio è sempre più l’oro nero, il vino sta diventando l’oro rosso (o bianco, o rosé). Capire perché non è facile, nemmeno nei dintorni di Alba, dove fra viticoltori, produttori in proprio o consorziati, grossisti e ristoratori si gioca, il caso di dirlo, allo scaricabarile.

Cominciamo dall’inizio. In principio, almeno per il vino buono, c’è l’uva. Chi ci vive in mezzo da una vita è Pierino Barbero, due ettari e mezzo di vigne a Sant’Elena di Castino piantate a Dolcetto. Il suo commento, invece, è amarissimo: «Quando vediamo in enoteca il prezzo del vino fatto con le nostre uve, noi agricoltori dovremmo metterci a piangere». Addirittura... «Sì, perché di passaggio in passaggio, cioè da me al produttore, dal produttore al distributore, dal distributore all’enoteca o al ristorante, il chilo d’uva che io vendo a 70 centesimi diventa una bottiglia da 6 euro, che magari in un locale di Torino o di Milano sono anche 12». Già, ma le colpe, concesso e non dato che guadagnare il più possibile lo sia, di chi sono? Barbero è equanime: «Anche nostre, intendo di noi produttori. Intanto perché abbiamo alzato troppo il target del nostro vino. Il Dolcetto è diventato un vino “della domenica”, non da tutti i giorni com’è sempre stato. Ma questo ha favorito soprattutto quelle cinque o sei grandi marche che lavorano per l’esportazione. E poi perché abbiamo allungato troppo la filiera. Quando ancora lo producevo in proprio, io ho sempre venduto il mio Dolcetto in damigiana, direttamente ai consumatori che poi diventavano miei amici e mi portavano i loro. Venivano la domenica in macchina, ci caricavano qualche damigiana, pagavano meno loro, guadagnavo di più io. Non si fa più. Colpa dello snobismo della bottiglia».


Altro giro, altro parere. Si attraversano paesini incantati sormontati da castellozzi che hanno i nomi di grandi etichette o di medaglie d’oro del Risorgimento. Più o meno fra quelle di Cavour e di Einaudi, due secoli di liberalismo uniti dal Barolo, ecco la cantina di Gigi Rosso, 76 anni, uno che parla di vino a ragion veduta per due buone ragioni: ha appena festeggiato la sua cinquantaquattresima vendemmia ed è il presidente della Consulta vitivinicola. Lui produce Barolo, che sta ai vini italiani come il Re Sole ai suoi cortigiani, ma spiega subito che anche solo un piccolo aumento del costo della manodopera, o del tappo, o del vetro o dell’etichetta «influisce in proporzione molto di più sul prezzo delle bottiglie di livello basso che quelle che esporto io per i miei clienti storici in Germania o per i nouveaux riches russi, che poi magari bevono il Barolo ghiacciato. Resta il fatto che quest’anno l’uva è aumentata quasi del 20 per cento. Poi, certo, io compro un chilo di uva a 2 euro e 20 centesimi al chilo e vendo una bottiglia di Barolo a 15 euro e 90, più l’Iva del 20 per cento e meno uno sconto del 10 per i grossisti più grossi».

E allora ci guadagna troppo! «No, perché il Barolo è un vino difficile che va seguito come un bambino. Me lo tengo tre anni in casa, in botti di rovere di Slavonia, accudito sette giorni su sette con travasi, scolmature, controlli. In tre anni ne evapora il 7 per cento, poi devo avere il certificato di idoneità e le fascette di Stato, perché tutte le bottiglie sono numerate e certificate e non si può sgarrare. Piuttosto che fare le fascette false, meglio mettere su una stamperia di euri: si rischia di meno. Ma è giustissimo: il consumatore va garantito. Noi lavoriamo sulla qualità». L’assaggio, in effetti, conferma.

Si riparte fra belle colline e vigne magnifiche che sembrano svaporare nella foschia. Nelle Langhe è un autunno glorioso, una di quelle giornate da celebrare con una buona passeggiata, un ottimo pranzo e un pisolino perché il sonno della ragione generi la digestione. Ma si deve sentire ancora il parere degli indiziati numero uno per il caro-vino, almeno quello che si beve fuori casa: i ristoratori. Fabrizio Fassinotti, due locali in zona fra cui quello del castello di Grinzane Cavour, è anche il presidente della locale associazione di categoria. Si difenda. «C’è poco da difendere. Guardi la mia lista. Qui trova un buon Barolo a 30 euro la bottiglia, a Torino magari sono già 45, a Milano 60 e a Francoforte ancora di più. È anche una scelta strategica, che varia da ristorante a ristorante, perché se nel mio ho i bicchieri di cristallo di Boemia e un cameriere per tavolo in qualche modo devo pagarli. C’è chi ricarica sui piatti, chi sul servizio...»


E chi sul vino... «Guardi, io ho fatto per due anni il sommelier al “Cambio” di Torino. Per un ristorante, anche importante, quello sul vino è un grande investimento. Da quando i vini “escono” a quando li servi devi aspettare quattro o cinque anni, poi c’è un 8-10 per cento di bottiglie che sanno di tappo, eccetera. E intanto hai investito un patrimonio che è lì, fermo. Poi possiamo dire che magari in effetti la filiera è troppo lunga, che certe volte il rappresentante che fa da tramite fra la cantina e l’enoteca o il ristorante non serve a nulla. E possiamo anche aggiungere che certi vini costano troppo, ma è una questione di griffe. Crede davvero che certi jeans valgano 400 euro al paio? Si paga la marca».
Quindi il consumatore è il solito pollo da spiumare... «Ma no, adesso la gente è molto più attenta. Se Wine Spectator ha messo in copertina un servizio sulle bottiglie da meno di 20 dollari vuol dire che perfino in America la gente ha capito che non ha senso pagare qualsiasi cifra per una bottiglia qualsiasi».
Insomma, per questi aumenti non è colpa di nessuno. «Ma se aumenta tutto, volete che non aumenti anche il vino?»
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Mi sembra un pezzo molto interessante da commentare insieme.
Avanti non abbiate paura, siamo tra amici...

mercoledì 28 novembre 2007

Cantina San Nilo - Grottaferrata



Non lontano dalla celebre abazia di Grottaferrata, che consiglio di visitare a chi non l'avesse mai fatto perché è molto caratteristica, si trova questo ristorante che porta lo stesso nome: la Cantina San Nilo. Ci sono stato diverse volte da quando ha aperto (alla fine degli anni '90) con un buco di qualche anno. Rispetto agli inizi molte cose sono cambiate e sicuramente l'ambiente è molto più curato e gradevole e la cantina, seppur modesta, si è evoluta. La cucina è rimasta pressoché la stessa, molto improntata sul territorio e sulla carne in particolare.


In linea di massima sono sempre rimasto soddisfatto delle mie visite, sia per il mangiare, che per il servizio che per il prezzo. Ci ho portato diverse persone, tutte rimaste colpite positivamente. E' vero anche che conoscendo, anche se superficialmente, la proprietà dall'inizio hanno sempre avuto un occhio di riguardo, però anche le persone che sono andate su consiglio me ne hanno parlato bene. E' vero pure, però, che l'ultima volta il proprietario non c'era e qualcosa mi ha dato idea di cambiamenti. Staremo a vedere.


Recentemente, invece, ho avuto testimonianza di un'esperienza affatto buona. Spero che gli interessati racconteranno e commenteranno la loro esperienza su questo post. Mi dispiace per loro e ovviamente penserò bene prima di consigliarlo ancora, anche se non mi sento di stroncarlo in assoluto perché io non ho avuto esperienze negative e succede a tutti di non trovarsi bene in un posto che altri invece gradiscono. Insomma, io gli darò la prova d'appello, loro penso di no e fanno anche bene.




Venendo a noi. L'ho visitato il 23 settembre e come al solito, dopo l'abbondantissima serie di antipasti (mozzarelline, ricotta con tartufo, fagioli con le cotiche, trippa, prosciutto crudo,bruschette, etc etc etc), di cui sopra abbiamo una diapositiva, abbiamo optato per dividerci un primo e un secondo in due. Uno a testa, viste le porzioni, sarebbe stato troppo.

Come primo abbiamo scelto delle fettuccine alla Vietri, ossia con aglio, olio, peperoncino e pomodorini.





Il sapore in assoluto non ci ha esaltato: un po' troppo piccante e forse neanche così particolare. Altra cosa sono stati i piatti della tradizione romana che altre volte ho preso (in particolare la amatriciana) ma stavolta volevo cambiare. Poi la porzione era veramente spropositata e infatti in due non ce l'abbiamo fatta a finirla.


Come secondo invece siamo andati sulla classica bistecca alla brace.



Questa si molto buona, come si può vedere anche nella foto sopra. Altrettanto buoni i contorni: qualcuno ha preso i funghi, io ho assaggiato il radicchio e le patate al forno. Le foto sono queste sotto.








Ultima cosa che abbiamo preso, e non potevamo esimerci per festeggiare il mio compleanno, è stato il dolce, o meglio i dolci. In effetti si trattava di una serie di piccoli assaggini dei vari dolci a disposizione: crostate, tiramisù, crema catalana, etc.









Come vino abbiamo scelto un Baccarossa di Poggio Le Volpi, 2004. Buon vino, decisamente. La lista, che non c'era, era decisamente povera, con l'immancabile sviolinato Casale del Giglio, che difficilmente prenderò ancora al ristorante.



Il prezzo finale non lo so (so andato a scrocco di Gegè). Di media con queste portate e il vino si paga intorno ai 30 euro. Esperienza come al solito buona. La Cantina San Nilo è classico rifugio dalla creatività, ossia quel posto dove so di andare sul tranquillo, pagando il giusto e mangiando bene in maniera classica senza fronzoli, anche se non è niente di trascendentale.






Cantina San Nilo



Viale San Nilo 41, Grottaferrata (Roma)



Tel. 06-9410347




Stefano

martedì 27 novembre 2007

Un confronto impossibile...?

Luglio 2007.Pianeta: Terra.Continente: Europa.Stato:Italia.




La calura estiva non sembrava placarsi, così come la nostra sete...
Il prode Bob per assaggiare la lasagna fatta in casa da Mamma Carmela, sfidava quel lunghissimo chilometro che separa le nostre abitazioni.E nel farlo portava con se due bottiglie intriganti, intraprendenti, problematiche, irrequiete e chi piu' ne ha...piu' ne metta.
All'angolo del tavolo blu con l'etichetta bianca delle grandi riserve c'era Mr. Taurasi Radici 1999 Mastroberardino.
Dall'altra parte, all'angolo rosssso, con l'etichetta nera delle grandi occasioni c'era Mr. Il Poggione Riserva 2001.
Noi potevamo solo sturare,versare e bere.Il giudizio sarebbe venuto da solo...
All'inizio Mr etichetta bianca è piu' chiuso e ne prende, ahia quante ne prende, ne prende in quantità.Non c'è storia alcuna.
Il Poggione è in un anno di grazia, il suo bouquet è quasi completo, il suo colore bellissimo...
Verso gli ultimi rounds quando già tutti i giudici hanno dato tanti punti di scarto in piu' al riserva 2001, Mr. etichetta bianca prova a piazzare qualche colpetto.
E' piu' aperto e meno acido, si rende piu' gradevole in bocca e al naso.
Ma non basta.
Il giudizio è unanime.
Gli applausi sono solo per Mr. etichetta nera Il Poggione riserva.


Poi ci viene un dubbio: ma che confronto abbiamo fatto ?Secondo me è impossibile...!!!Va be', la sete giustifica tutto !





Marco.

lunedì 26 novembre 2007

Buon Compleanno Emanuela !!!

Oggi la nostra corrispondente di Jesi (nella foto sotto è accanto a Roberta) compie gli anni e anche se quelli delle donne non si dicono mai, per lei si fa un'eccezione.
Complimenti Emanuela per i tuoi 16 anni !!!!




Con l'occasione sarà la prima a sottoporsi al Melmo-memè che ho inventato personalmente e allora daje...facciamoci due risate !

1:uno.La prima cosa che ti viene in mente.

Ma dove cavolo li trovano tutti questi termini??? Meme!!?!?!?!? Melmo!!?!?!?!?

2:due.Due cose che vorresti dimenticare, ma non ci riesci.

L’ultima figura di m***a che ho fatto (perché poi l’imbarazzo dell’ultima cancella sempre quello di quella prima)
E poi...basta, me ne viene in mente solo una!!

3:tre.Tre libri indimenticabili che hai letto.

Solo 3????
1. Ti prendo e ti porto via (Niccolo’ Ammaniti)
2. La Casa degli spiriti (Isabel Allende – ma solo perché è stato il primo)
3. Orgoglio e Pregiudizio (Jane Austen )


4:quattro.Quattro ricordi bellissimi.

1. La merenda pane vino e zucchero e pane olio e sale di quando ero piccola
2. le vacanze di Pasqua di quando le passavo a Sappada
3. il giorno del mio matrimonio e il mio viaggio di nozze
4. l’ultimo non lo posso dire


5:cinque.Cinque film che continui a vedere con gioia.

1. L’amore ha due facce (Mirros has two faces di Barbra Straisand)
2. Pretty Woman
3. Dirty Dancing
4. I film della Principessa Sissi
5. Grease


6:sei.Sei pasti indimenticabili:dove e quando.

1. Uliassi – tutte le volte che ci vado
2. Trattoria al pergolato dalla Maria – tutte le volte che ci vado
3. Trattoria degli Archi – aprile/maggio 2007
4. Da Ghigo e Bobbe – un posto a Firenze (che adesso non esiste più) nel 2003 (mi pare) con Marco
5. Il laboratorio del formaggio della regione Puglia a Bra – settembre 2007
6. Spaghetti cacio e pepe alla festa del Verdicchio a Montecarotto nel 2005

7:sette.Sette amici che porteresti sempre con te.

1. Marco
2. Chiara e Luca
3. Elisabetta
4. Greta
5. Simona e Marco (+ polpetta)
6. La simo-glo-ele-Fede
7. il clan dei sommelier
(a dire il vero sempre sempre sempre sono meno di 7!)


8:otto.Otto calici di vino a disposizione:cosa ci metti dentro.

1. Un Sassicaia perché non ne ho mai assaggiato
2. un barolo perché voglio approfondire la conoscenza
3. un Brunello di montalcino come si deve
4. un passito siciliano
5. un vino di Gaja perché non credo che potrò mai permettermi di comprare la bottiglia intera
6. un amarone della valpolicella perché non lo conosco
7. un buon verdicchio – perché buon sangue non mente
8. un Kurni (perché l’ho visto da Pek a Milano ad un prezzo a 3 cifre irripetibile!!!)

9:nove.Nove destinazioni future per i tuoi viaggi.

1. Polinesia
2. Trentino
3. un qualsiasi centro benessere in giro per il mondo o in Italia
4. Canada
5. USA – on the road west coast
6. New York and New Orleans
7. Patagonia Argentina
8. Scozia e Irlanda
9. Sud Africa


10:dieci.Dieci secondi per scrivere uno slogan pubblicitario sul Melmo.

Melmo….momento di vero godimento…ah esiste già, fa niente ci dice un sacco!!!




Buon Compleanno da tutti gli avvinazzati del Melmo Club...polpetta compresa !

sabato 24 novembre 2007

Maruzza Musumeci, di Andrea Camilleri.



Una favola romanzata oppure un romanzo "infavolato"?
Il dubbio rimane nella mente dopo aver finito di leggere l'ultima creazione di Andrea Camilleri.
Piu' siciliana che mai nelle parole, nei costumi e nelle usanze.
Ma bellissima...
Un libro che scorre veloce tra insoliti colpi di scena ed il tempo che passa inesorabile cambiando i panorami, ma mai le persone.
Tra le ultime creazioni di Camilleri è in assoluto quella che mi è piaciuta di piu'.
Libro consigliatissimo.


Maruzza Masumeci,Sellerio Editore, prezzo 10 Euro.

venerdì 23 novembre 2007

Melmo & Novello...

Con il ritrovato amico Giuliano alla mia destra parlavamo del trascorrere del tempo e del ripetersi delle stagioni e con esse di alcune particolarità irrinunciabili.
Tra queste il Novello.
Per tanti un non vino, per molti il vino nuovo, per tutti l’occasione di una bella serata in allegria piena di bottiglie sul tavolo.
E’ proprio così che noi del Melmo interpretiamo questa serata: voglia di stare assieme, gogliardia e tanti assaggi di novelli diversi.


Alla fine i volti sono piu’ accesi delle discussioni sulle bottiglie, ma poco importa…la bicchierata anche stavolta sarà andata bene e qualcosa del Novello anche quest’anno l’abbiamo imparata.
Ad accompagnare le pietanze squisitamente preparate da Dona (melma’s members) scegliamo una selezione di Novelli nostrani che si colloca tra il classico ed il nuovo, in piu’ ci accostiamo, non senza qualche mia imprecazione, un prodotto transalpino, un Beaujolais di Fauchon.
Da quest’ultimo comincio a raccontarvi la serata, poiché con molta curiosità mi attendevo di sentirci dentro questo assaggio lo “stacco” tra prodotto “galletto” e quelli italici.
In realtà come qualità siamo piu’ o meno li. A mio parere non c’è la differenza tanto decantata e non è neanche motivata la differenza di prezzo a cui questi prodotti vengono venduti.
Come me la pensa anche Bob (detto Andrea…) di diverso avviso sono Giuliano e Stefano che comunque non giudicano eccezionale il prodotto.
Passiamo ai novelli italiani.
Frescobaldi quest’anno ci da un prodotto leggerino, che si beve gradevolmente e recita bene il suo ruolo.In fondo se è vero che il novello deve avvicinare schiere di potenziali futuri bevitori al vino, Frescobaldi fa la sua parte.
Beverino ed intrigante, in definitiva si conferma sugli standard degli anni passati.
L’azienda agricola laziale i Pampini ci regala un novello da "registrare".
Come scusante per la casa c’è la giovane età e come speranza, quella di poter parlare del suo novello in futuro, come abbiamo parlato dei suoi vini.
Antinori invece quest’anno non convince.Forse il peggior San Giocondo dell’ultimo lustro.
Un po’ troppo scarico, se mai questo aggettivo si puo’ usare con un vino novello, e comunque troppo distante da quello che uno s’immagina deve essere il novello di Antinori.In media la sufficienza la tira su, ma certo non fa proprio un figurone.
Tuttavia il vero tonfo della serata lo fa registrare il novello della casa Terradavino.
La casa piemontese, protagonista di grandissimi baroli e barbareschi, ci presenta un novello dal profumo-sapore di un gelato all’amarena.Assolutamente impresentabile.Negli appunti troviamo 4 su 4 insufficenze e lo choc per aver perso tutto quello che di buono si era costruito negli ultimi tre anni questo novello. Peccato, peccato davvero, ma questo è il risultato.
Va decisamente meglio con il Novello di casa Banfi, il Santa Costanza.
E’ vero che è il novello che costa di piu’, è vero che ti “prende male” stappare una bottiglia come se si trattasse di un bottiglia d’aceto, ma diamo pane al pane e vino al vino.
Banfi anche quest’anno c’è. O meglio il suo novello c’è.
E si perché in qualunque altra occasione non lo berresti mai, ma nella serata dei Novelli ruba la scena agli altri, prende la media piu’ alta, saluta e senza sussulti clamorosi ti fa dire la solita scontata frase:”Così m’immagino il novello..”
Sembra poco, in realtà è tantissimo….
Penultimo assaggio per il novello di Terrae Sacratum, cantina umbra che sembrerebbe imbottigliare a Montalcino.Lasciamo da parte i dubbi su questa casa che produce un gran bel sagrantino, ma di cui non si riesce a capire bene la provenienza, e giudichiamo solo il prodotto.
Poco novello e molto vino.Stranamente tannico per essere un novello, sembra vino di scarsa qualità invecchiato.
Insomma se dovevamo giudicare una bottiglia di vino normale pagata circa quattro euro, avrebbe ricevuti encomi a non finire, ma in questa serata assaggiavamo novelli e quindi la sufficienza abbondante che prende negli appunti sparsi di tutti, è ampiamente scalfita.
Forse siamo troppo intransigenti, puo’ darsi, ma il Novello è il Novello ed il vino il vino, non so se mi spiego…
Chiude la carrellata un classico:il Corvo novello.
Che dire ? Si ha davvero poco spazio per non essere scontati.Diciamo che se il Novello è un’ abitudine di Novembre , dei primi freddi, del caminetto acceso, il Corvo novello è un’abitudine
di Novello.
La sua qualità se pur sufficientemente adeguata, rimane la solita. C’è sempre un minimo di gusto a stappar questo novello e a mangiarci insieme due castagne.Come l’anno scorso, come due anni fa, come tre anni fa, etc, etc.



Insomma, tutti sappiamo che cosa rappresenti il vino novello per Noi appassionati e per le Cantine che lo producono.
Per le seconde significa sicuramente due cose: possibilità d’incassare subito qualche euruccio e , sfruttando un disciplinare al quanto distratto, anche la possibilità di gettare nel mercato rimanenze di vino degli anni passati.
Se uno parte da questi presupposti, non penso che possa parlar male di questo vinello, che qualcuno non chiama neanche vino.
Per tutti gli altri non possiamo che augurare una sana, allegra e goliardica compagnia come la nostra che dopo aver assaggiato per tutto l’anno fior-fiore di vini prestigiosi e pluripremiati si prende una vacanza e tra una risata e una battuta si ritrova per assaggiare, degustare non è proprio il caso, qualche Novello.


In fondo c’è tutto il tempo per tornare ad alzare i calici sul serio…


Marco.

giovedì 22 novembre 2007

Ristorante La Parolina - Acquapendente (Vt)




La strada per arrivare al ristorante riappacifica (o rappacifica?) con la natura: se venite da Roma potete fare tutta la cassia o l'autostrada e uscire ad Orvieto, proseguendo per Acquapendente. Se venite da Siena, fate la Cassia all'inverso. In entrambi i casi le dolci curve delle colline e le strade immerse nel verde sono uno spettacolo per gli occhi.

Smarriti da tanta grazia di madre natura, e soprattuto orfani del Tom Tom rimasto nella macchina barabbatami, arriviamo con un discreto ritardo rispetto all'ora di prenotazione, pur avvertendo. Il locale si trova fuori Acquapendente in frazione Trevignano, sulla sinistra di una stradina stretta, e non è facilmente identificabile.

Dentro è molto bello e intimo: pochissimi coperti ne fanno praticamente un salotto con qualche tavolo (penso che non ci fossero più di venti coperti), una situazione vissuta solo al Tordo Matto e da Antonello Colonna, sicuramente gradita. L'ambiente è curatissimo, a metà tra il rustico delle pareti e l'eleganza delle apparecchiature. Nell'immagine sotto, quella dietro a Roby è una boccia da un litro di Cervaro della Sala (credo 1997) cui è stata applicata una lampadina per farla diventare un.... enoabatjour!




Ci accoglie la ragazza di sala (credo Sabrina) che ci fa sedere e chiede se vogliamo cominciare con un aperitivo. Risposta affermativa, ovviamente, cui fanno seguito uno champagne rosè (buono ma ho bevuto di meglio) di cui non ho capito la casa ed un fiore di zucca fritto descritto testualmente da Roby come il più buono che lei avesse mai mangiato. Effettivamente si scioglie in bocca e la frittura non si sente per niente: croccante come fosse fritto in un olio di semi ma leggero come se fosse fatto al forno.


Come appetizer offerto arriva l'unico piatto che non mi è piaciuto, un sorbetto di fico d'india con crema di melone e petto d'oca affumicato. Non disdegno in genere l'accoppiamento dolce-salato, ma questo non mi ha impressionato favorevolmente. Per fortuna che arrivano insieme delle bruschettine con un olio di oliva da urlo (un canino dop della zona ovviamente).



Il menù è molto elegante e con buona scelta di piatti per ogni portata, compresi ben quattro menù a degustazione dai 35 ai 100 euro. C'è anche qualcosa di pesce, ma la carne la fa da padrona. Ho molto apprezzato il fatto che su alcuni piatti fosse indicate l'azienda di provenienza della materia prima: specialmente quando è locale può essere utile per una visita di gastroshopping! Le ordinazioni le prende direttamente la Sig.ra Iside, co-proprietaria insieme al neo-marito Romano, che però non abbiamo conosciuto.


Come antipasti ci buttiamo sugli affettati, che attirano fortemente la nostra attenzione (scelta che però pagheremo rimanendo assetati per il resto del pomeriggio). In particolare la spalletta di maiale stagionata con salvia dorata e il culatello di zibello (dop) con tartare di gamberi rossi. Il primo è molto buono e spicca ancor di più che la spalletta è un taglio non comune tra gli affettati. Tra l'altro con le foglie di salvia dorate (ossia fritte) si ripete il miracolo dei fiori di zucca: spettacolari. Il culatello parla da sé: il miglior affettato italiano con la geniale idea di accoppiarla ad una freschissima tartare di gamberi rossi. Entrambi i due ingredienti da soli avrebbero fatto la loro porca (è il caso di dirlo....) figura, tuttavia questo tocco semplice ma geniale gli ha dato qualcosa in più.

Per i primi ci dividiamo anzitutto delle tagliatelle al matterello con ragù di galletto ruspante della valdichiana e salsa di peperoni dolci alla brace. Tutto buonissimo se non fosse che il ragù era pieno di fegatelli che non amo. Anche i peperoni erano delicatissimi e l'insieme (senza fegatelli) era proprio gustoso. L'altro primo è stato secondo noi il piatto del giorno: tortelli di zucca e fagottini di formaggio di capra con nocciole dei monti cimini e burro fuso. La pasta che rivestiva tortelli e fagottini era eccezionale e si squagliavano in bocca come solo ad un ristorante di Sommacampagna (Vr) qualche anno fa mi era capitato (e Marco e Simo se li dovrebbero ricordare visto che eravamo insieme).





Il secondo l'abbiamo saltato e abbiamo optato per una selezione di formaggi tra locali, freschi, stagionati, caprini ed erborinati. Per tutti i gusti e veramente buoni. L'unico appunto è che in questi casi sarebbe meglio un suggerimento sull'ordine di assaggio che invece non ci è stato dato.




Se fossimo su una guida del Gambero Rosso darei inoltre due bonus: uno per il buonissimo pane fatto in casa a lievitazione naturale. Su un grazioso contenitore se ne trovavano diversi tipi (compresi grissini) molto buoni, saporiti ed invoglianti. L'altro bonus per la piccola pasticceria, una ricercatezza che gradisco molto ma che non tutti ovviamente fanno. Per noi ha accompagnato l'ottimo caffè con cui abbiamo concluso il pranzo.




Come vino abbiamo avuto un piccolo problema di scelta perché la lista, seppur non spropositata, era abbastanza ampia. Poi in due non ce la finiamo in genere una bottiglia. I ricarichi erano abbastanza alti, ma non troppo. Ero tentato dalla mezza bottiglia di Cervaro della Sala, a 25 euro, ma poi abbiamo ripiegato di comune accordo su Le Volte, un 2005 della Tenuta dell'Ornellaia. E' un blend di Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvingno. Chi fosse interessato trova info qui. Nel complesso mi è sembrato un vino abbastanza giovane, ma forse non adatto al troppo invecchiamento. In bocca era poco rotondo ma il retrogusto era invece piuttosto persistente e decisamente buono.





Conto totale 122 euro, compresi i 22-25 del vino (non ricordo con precisione). Sul discorso del prezzo posso dire che il pasto, l'ambiente e il servizio meritano decisamente e che a naso lo stesso trattamento a Roma sarebbe costato ben di più.

Esperienza decisamente positiva, insomma. Un posto che consiglio fortemente per l'ottimo rapporto qualità/prezzo, per l'ambiente e per il servizio.


La Parolina
Via G. Pascoli, 3 - Trevinano, Fraz. di Acquapendente (Vt)
Tel. 0763/717130

Stefano

mercoledì 21 novembre 2007

Un Baroletto da assaggiare...



Il giorno 10 di Agosto sfruttando un irrequieto barbecue fatto con molta allegria in giardino, si è assaggiato (io con Bob) un Barolo 1999 Canova.
Il colore era quello di un buon barolo, il bouquet di profumi era abbastanza buono ed il sapore era in linea con quello che doveva essere un baroletto di quell'anno.
Il vino ha tenuto benino, ma forse non può' andare oltre con la conservazione.
Mi è sembrato abbastanza maturo.

Dal lato economico, considerando il prezzo della boccia, circa 13-15 euro qualche anno fa, il rapporto qualità\prezzo sta in linea con il trend di mercato.
Di sicuro in giro c'è molto di peggio.


Marco.

martedì 20 novembre 2007

La Divina Commedia - L'opera



Quanti di voi hanno studiato a scuola La Divina Commedia? Penso tutti.
Io ricordo ancora con ansia quel malloppone di tre libri che ci veniva propinato e che ho sempre mal digerito.Però mi è rimasta la curiosità di conoscere meglio la storia, i personaggi e le vicende.
Con i Promessi Sposi mi ci sono rimesso su: l'ho riletto e mi è piaciuto.Con la Divina Commedia non ce l'ho fatta.Allora approfitterò di quest'opera per andare a rifarmi una cultura, che è pur sempre parte del nostro patrimonio storico.E poi non sembra niente male, a leggere quello che ho riportato qui sotto e che troverete sul sito:

Un grande avvenimento musicale italiano per rivivere il capolavoro di Dante Alighieri. Anteprima mondiale a Roma il 22 novembre in una tensostruttura appositamente allestita nel campus universitario di Tor Vergata al teatro divina commedia.

L’iniziativa vuole avvicinare al poema il grande pubblico con un linguaggio nuovo e suggestivo e pone l’accento sulla capacità di Dante di parlare anche agli uomini di oggi del senso della vita e dei tormenti spirituali che la contraddistinguono.La prima assoluta sarà rappresentata "in autunno 2007 in un grande teatro di Roma", ha annunciato Riccardo Rossi, direttore generale di Nova Ars, la società produttrice dell’evento. Dopo, inizierà una lunga tournée attraverso i più grandi teatri italiani e che toccherà anche importanti città europee.

A confrontarsi con l’illustre poeta è mons. Marco Frisina, direttore del Centro liturgico del Vicariato di Roma e maestro direttore della Cappella musicale lateranense. L’Opera, ideata e scritta da Frisina, a distanza di settecento anni, utilizza come spartito la Divina Commedia di Dante Alighieri di cui mons. Frisina propone una versione al passo con i nostri tempi: musica pop, funk, rock, jazz e heavy metal racconteranno l’attraversamento dell’Inferno; note ispirate alla mistica gregoriana descriveranno la catarsi del Purgatorio; arie di musica lirica e sinfonica, sia classica che moderna per il Paradiso.

Il titolo del kolossal è La Divina Commedia, l’Opera e il sottotitolo è L’uomo che cerca l’Amore. Non è un’opera nel senso classico del termine e, tantomeno, un’opera rock, ma una rappresentazione teatrale in grado di raccontare i canti del poema dantesco attraverso una commistione di più generi artistici che, accanto alla danza, alle scenografie, alla recita e al canto, avrà il suo motivo conduttore in un commento sonoro ispirato a più generi musicali, plasmati sui momenti più significativi del poema dantesco.

L’opera è divisa in due atti: il primo con il Prologo e l’Inferno, il secondo con il Purgatorio e il Paradiso.

I commenti musicali saranno eseguiti da un’orchestra stabile di 100 elementi. Per le varie scene saranno usati oltre 500 costumi disegnati da Alberto Spiazzi. Il light designer (6 mega proiettori di ultimissima generazione) sarà Maurizio Montobbio e lo scenografo Paolo Micciché alla visual direction e alle proiezioni, che avrà a disposizione, per rappresentare i più suggestivi ambienti danteschi, un impianto scenico altamente tecnologico, che permetterà, in alcuni momenti, anche il coinvolgimento degli spettatori.

Colossale e spettacolare sarà anche il palcoscenico su cui i personaggi si muoveranno, appositamente progettato per l’evento, uno spazio teatrale di dimensioni gigantesche: 18 per 24 metri, oltre 650 metri quadrati di superficie e una boccascena dell’ampiezza di 25 metri, "vale a dire - fa sapere la Nova Ars - il più grande palcoscenico teatrale mai realizzato".

I biglietti si trovano on line su listicket!

Per info: www.ladivinacommediaopera.it

Stefano

Ci fermi chi puo':oltre i 30000 contatti !



PIU'

PIU'
= 30.000 CONTATTI !!!

GRAZIE A TUTTI GLI AMICI CHE CI SEGUONO !



MELMO STAFF.

lunedì 19 novembre 2007

Donnaluce, di Poggio Le Volpi.

Secondo bianco Laziale da scoprire.

Oggi parliamo di un bianco prodotto dalla Cantina “Poggio Le Volpi”.

Il Donnaluce è un bianco I.g.t., di 13,5 gradi, di uvaggio chardonnay 100%.

Questo vino mi è piaciuto subito , fin dalla prima volta che l’ho bevuto.

E la buona impressione si è mantenuta negli anni perché la qualità del prodotto è rimasta tale.

Anche il cambio di enologo non ha portato a “ricadute”…anche se, personalmente, ritengo il 2003 un anno memorabile.

Il colore di questo vino è giallo paglierino acceso, al naso il frutto che riesco a sentire di piu’ è la pesca, ma nel complesso da molte sensazioni buone e misurate.

La cosa che rimane piu’ impressa dopo l’assaggio di questo vino è la sua “beverinità” supportata da un’ottima struttura.

Considerando che le bottiglie che si producono di questo vino sono poche (circa 1500 pezzi in un’annata standard), il prezzo è “straordinariamente” ottimo, solo 8,50 euro.

Di conseguenza mi viene facile definire il rapporto qualità\prezzo molto, ma molto-molto, buono.

L’ho bevuto sia con crostacei che con qualche verdurina e si è dimostrato sempre all’altezza.

Non l’ho mai visto nella grande distribuzione,ma l’ho sempre trovato nelle enoteche degne di questo nome.





Marco.

sabato 17 novembre 2007

Il corso delle cose, di Andrea Camilleri.




Un racconto interessante, poco piu' di centoventi pagine di Sicilia, che volano via e ti fanno capire tante cose.
Camilleri colpisce al cuore attraverso le cose che ci racconta, ma anche attraverso quello che non dice e ci lascia immaginare.
Bella la narrazione, belle le figure che appaiono nel mosaico del paese che si prepara alla festa del patrono.
Uomini e donne con le loro abitudini, i loro discorsi, i loro vizi, le loro prese in giro...
Quando pensi di aver capito tutto di loro, basta un attimo e la scena ti spiazza e tu sei costretto a ricominciare.


Il corso delle cose, Editore Sellerio, prezzo 8,00 Euro.


Marco.

venerdì 16 novembre 2007

Qualche consiglio per una buona cantina...

Per ogni appassionato di Vino che si rispetti, presto o tardi sorge l’esigenza primaria e cioè quella di far riposare bene le proprie “creature”, alias le proprie bottiglie.
Avere una cantina personale di un certo livello è il punto di arrivo di tutti, ma questo non significa lasciare invecchiare le bottiglie per decenni nell’unica consapevolezza di possederle.Significa poter disporre di un’ampia scelta al momento della decisione del nettare da bere
E poi vogliamo mettere le emozioni che ci può’ dare lo stesso vino, fatto maturare in un ambiente adatto alla maturazione ed alla conservazione ?
Vediamo dunque ai pochi, pratici e preziosi consigli che si possono dare al fine di avere una Cantina che possa preservare da brutti scherzi le nostre bottiglie.



La cantina va pensata e realizzata sottoterra. L’ultimo piano in basso dell’abitazione può’ andar bene. Deve essere più’ isolata possibile da strepiti e da rumori.
La luce sarebbe meglio che non ci fosse proprio, se qualche raggio di sole arriva dentro l’importante è che non scaldi i vini.Se così fosse essi diverranno deboli e, nella peggiore situazione, guasti.
L’ambiente deve essere pulito più’ possibile, non vi devono accedere animali domestici (es.gatto e cane), ne alle pareti vi si devono appendere salumi o roba tipo cipolle e agli.
E’ sconsigliata anche la vicinanza di formaggi puzzolenti.
Il vino attraverso il tappo tende ad assorbire gli odori, per cui una reiterata esposizione delle bocce ad odori forti porta alla rovina il loro contenuto.
Se i muri della vostra cantina sono molto spessi è bene, se poi (ma che fortuna con la C maiuscola…!) sono fatti di pietra e mattoni è meglio.


In generale è preferibile un’esposizione a Nord o a Nord-Est.
Le pareti vanno semplicemente imbiancate a calce e se l’ambiente necessita di una luce artificiale sono sconsigliati i neon.Meglio una luce meno potente.




La temperatura ottimale nella quale conservare le bocce va dai 10 ai 16 gradi centigradi, con un occhio di riguardo all’umidità che non deve’esser né troppo poca, né troppa.
Una forte umidità può’ portare l’avvio della decomposizione delle etichette, mentre una bassa umidità provoca un eccessivo ricambio d’aria delle bottiglie oltre provocare spesso la secchezza dei tappi . E’ comunque preferibile un’umidità medio alta, poiché è generalmente riconosciuto che essa è buon amica del vino ed il suo tasso ottimale si attesta tra il 60% e il 70%.
Sia per la temperatura che per l’umidità vanno assolutamente evitati gli sbalzi, le escursioni termiche e i cosiddetti cambi di stagione.
Tutto ciò , è ampiamente dimostrato, abbrevia il ciclo vitale del vino.



La posizione delle scaffalature naturale è lungo le pareti della vostra cantina.
Quelle che ci sentiamo di consigliare sono le classiche fatte in legno a più’ ripiani.
Queste scaffalature si adattano meglio di tutte le altre, sono abbastanza economiche, riescono ad assorbire un minimo di vibrazioni e mantengono uniforme la temperatura delle bottiglie.
Sconsigliate quelle metalliche leggere poiché risultano troppo sensibili alle vibrazioni ed alle escursioni termiche.
Sulla posizione delle bottiglie, dando per scontato che parliamo di vino da invecchiamento, non ci possono esser dubbi: orizzontali.
In questo modo il vino bagna sempre il tappo e lo mantiene elastico.


In più’ l’aria tra il tappo ed il vino resta a contatto del vetro e non sul tappo, quindi se essa contenesse microrganismi nocivi, questi non sarebbero mai a contatto con il sughero.
Dette le cose importanti ce ne sono altre meno importanti: pensate ad un facile prelievo delle bottiglie. Non mettetele in modo che per ognuna che prendete le dovete smuovere tutte, il vino deve riposare e meno lo si muove meglio è.






Organizzatevi la vostra Cantina con un minimo di divisione geografica: Toscana di qua, Sicilia di la . Fate attenzione anche ai formati: per le magnum e gli altri formati non proprio standard ritagliatevi uno spazio appropriato.
Predisponete delle mensole dove tenere dritte le bocce di “pronta beva”, quelle che hanno le ore contate e verranno consumate di li a pochi giorni.





Ah, dimenticavo...alla salute!!






Marco

giovedì 15 novembre 2007

Ristorante Le Tre Zucche a Roma.

"So arrivati i frascatani!!" erano soliti dire i romani veri e veraci qualche tempo fa, quando i primi venti freddi spazzavano la capitale.
Ed è proprio durante il primo sabato rigido d'autunno (sabato 20 Ottobre) che decidiamo di andare a visitare questo locale da piu' parti nominato.
Purtroppo una serie di contrattempi rendono meno partecipativa la serata...
I primi a chiamarsi fuori sono Bob e signora, costretti ad altri banchetti dal lavoro di Bob, poi seguono altri amici e proprio mezz'ora prima della cena mancano anche Stefano e Roby costretti all'assenza da un imprevisto.

Comunque, se pur ridotti ai minimi termini, decidiamo di sfidare il traffico di Roma per avviarci alle Tre Zucche.
All'arrivo ci capita il solito colpo di fortuna di Igor: troviamo posto a dieci passi dal locale...
Giungiamo di fretta davanti all'entrata e non possiamo che ridere di fronte ai vari tavolini apparecchiati sulla "verandina" esterna. Sono belli a vedere, ma fa troppo freddo solo a pensarci.
Entriamo e faccio presente a colui che mi riceve del nostro piccolo problema: "Abbiamo prenotato per sei, ma siamo quattro...Ma non si preoccupi: qualunque problema..."
Non mi fa neanche finire. Subito la faccia diventa scura e mi viene detto che il locale è piccolo e che queste cose danno fastidio.
Cerco di farmi capire...ma niente. Colui che mi aveva ricevuto schizza via nella sala e dopo trenta secondi torna per dirmi che è tutto a posto.
In realtà il nostro tavolo è stato separato da un altro con il minimo sforzo, ma il servizio , per tutta la sera, sarà al limite dell'irritante.
Spocchioso e senza il minimo riguardo.
Se quel tavolino fosse rimasto poi libero fino a fine serata, avrei potuto vagamente giustificare quel comportamento, invece non passano neanche dodici minuti (li ho contati...) e il tavolino è occupato da due persone che addirittura ordinano un vino da paura...

Ma proseguiamo.
Il locale è carino, arredato con cura e con quel pizzico di giovanilità che non guasta.
Ci viene servito subito il cestino del pane e ci vengono portati i menu, la lista dei vini e le acque che abbiamo ordinato.



Il menu ha valide alternative, tutte stuzzicanti, qualcuna piu' vicina alla cucina classica, qualcuna meno. La lista dei vini non è fornitissima, ma quello che viene proposto non subisce ricarichi eccessivi. Bonus per alcuni vini laziali che non si trovano spesso e che invece li ci sono.
Tuttavia decidiamo per motivi personali di non consumare vino.

Io ed Igor prendiamo il menu a degustazione, dal costo globale di 29 euro, e le ragazze decidono di fare l'A.P.D.ossia un antipasto, un primo ed il dolce.

Il menu a degustazione prevede come antipasti:
La Vellutata di broccoli con polpettine(una!)di ricotta e riduzione di vino rosso e un fiore di zucca ripieno di cous cous e sgombro.
Purtroppo di questo piatto( eh, si perchè era piatto unico...)non abbiamo la foto, ma ci ha lasciato soddisfatti per la lavorazione delle pietanze e molto insoddisfatti per le quantità: praticamente due bocconi in tutto...
Come primo del menu a degustazione abbiamo assaggiato(mai come questa volta il temine è esatto:assaggiato)la passatina di ceci con funghi porcini trifolati(di cui non abbiamo foto...scusate) e crosticini di pane ed i ravioli di stracotto e cicoria con scorsette di arancio e pecorino romano.



Per questi due primi vanno fatte le debite considerazioni: vista la miserrima quantità ci son sembrati molto buona la passatina e poco indovinati i ravioli.
Giudizi dati con il dubbio delle quantità che ti facevano assaporare soltanto il piatto.
Il secondo del menu a degustazione era il coniglio porchettato su purea di patate all'olio extra vergine d'oliva.



Buono e ben cotto, ma come quantità siamo ancora sotto agli standard normali.
Il dolce del menu era il flan al cioccolato.



Come sopra: buono, ma piccolissimo. Non mi era mai capitato di vedere un flan così piccolo, bah...

Passiamo alla cena ('na parolona in questo caso!) delle ragazze.
Manena prende come antipasto un lombetto di coniglio con pancetta croccante di cinta senese su carpaccio di porcini.
Il piatto è buono, ben curato e l'unico, tra gli antipasti, ad avere un quantitativo consono.



Il suo primo piatto è una lasagnetta (etta,etta!!!) al nero di seppia con ragu' di pesce su fonduta di parmigiano che viene giudicata da sette in pagella.



Il suo dolce è il tiramisù espresso servito in una tazza molto carina, ma giudicato qualitativamente appena, appena sufficente .



Non va molto meglio a Simona che per antipasto prende i fiori di zucca ripieni di cous cous e sgombro(la porzione è da tre fiori) che arriva un tantinello troppo fredda.
Come primo mangia i cappellacci di zucca al burro di malga e maggiorana.
Di sicuro il piatto piu' buono della serata (insieme alla passatina di ceci) con in piu' una quantità finalmente accettabile.
Infine il suo dolce sarà un freddo-caldo al ciocolato con una spuma di cui non ricordiamo il nome, che Simo non gradisce molto e subito "battezza" al chinotto.



Il conto totale è di 114 euro e comprende anche tre bottiglie d'acqua(di cui una non ci doveva essere perchè il menu a degustazione diceva acqua inclusa...), il pane e i coperti.



Per concludere: il locale è apprezzabile, ma noi non possiamo unirci al coro di recensioni positive ed entusiastiche che girano nel web.
Non c'è piaciuto l'atteggiamento del servizio, davvero pessimo, e soprattutto siamo usciti dal locale con un certa fame.
E, sinceramente, non so quale delle due cose ci ha dato piu' fastidio.
Se qualcun altro dei Melmo's members vorra' riprovarlo saremo lieti di pubblicare anche un recensione diversa...







Le Tre Zucche
Via G. Mengarini 43/45
Roma
Telefono 065560758
(chiuso la domenica)

mercoledì 14 novembre 2007

Stelle di Spagna...

Da Corriere.it del 02/10/07.


Non è più la Francia il miraggio dei giovani cuochi emergenti.
Ma la Catalogna.
Gastronomia mediterranea, ispirata a tradizioni che risalgono al Cinquecento e fantasie surrealiste come le tavolozze di cibo e colori che portano in
tavola questi chef della Costa Azzurra spagnola.
Il mare di Salvador Dalí, che è nato qui, a Figueres, 100 chilometri di calette, macchia, profumi, tra Ampurdán, Maresme e Osona. Non a caso i nuovi cuochi si ispirano ai quadri del maestro surrealista. Archiviata la paella, è il momento della cucina dell’emozione, dei piatti spettacolari, meraviglie surrealiste ottenute con attrezzi stravaganti come il sifone da seltz che fa inorridire qualche critico nostrano, utilizzato dal capostipite Ferran Adrià, proprietario di elBulli, mitico locale a Roses: il miglior cuoco del mondo secondo Joël Robuchon, inventore di una cucina chimico-fisica-alchemica.
L’itinerario del gusto più rivoluzionario d’Europa parte da Girona, capoluogo dell’Ampurdán. Dalle pendici delle montagne delle Gavarres al mare: un cocktail di culture, esperimenti, una festa per gli occhi e il palato. I gourmet abbandonano il Barri Vell, il centro medievale, l’antico quartiere ebraico El Call, i caffè affacciati sulla rambla, sulla riva del riu Onya, e si dirigono nell’anonimo quartiere periferico Taialà. Qui lo chef Joan Roca e i suoi due fratelli hanno aperto El Celler de Can Roca (tel. 0034.97.22.22.157), accanto allo spartano ristorante di famiglia. Un’avventura iniziata 20 anni fa, che li ha portati a 2 stelle Michelin e ai 9/10 di Lo Mejor de la Gastronomía. La cucina a vista si affaccia sui marmi, i legni e i velluti della sala. La squadra delle tre J (lo chef Joan, il sommelier Josep e Jordi in pasticceria) ha messo in piedi uno dei locali migliori d’Europa. In tavola, meraviglie come l’isola del tesoro (ostrica con distillato di terra, acqua di mare e gelatina di cacciagione) e la lussuriosa ventresca di capretto con parmentier di formaggio di capra e mentuccia. Qui si arriva a “mangiare” il vino, riesling in sorbetto e gelatina, si azzarda la sogliola con bouillabaisse, con un calice colmo di zuppa filtrata all’aroma d’anice e piccante.





Questo pezzo mi sembrava adatto ad introdurre un tema da sempre al centro di "contrasti" gastronomici.
Molti, secondo me troppi, vedono nella cucina transalpina un punto di riferimento quando non un punto d'arrivo.
Invece accanto ai mostri sacri che tutti conoscono, ai pluristellati che tanto si lodano, e si sbrodano, bisognerebbe fare attenzione a giovani emergenti ed a idee nuove o comunque originali.
Chiudo con qualche provocazione voluta: meglio la cucina francese o quella spagnola ?
Tifate affinchè si consolidi sempre di piu' la tradizione francese o siete con le orecchie "appizzate", come si dice a Roma, alla ricerca di novità originali ?


Marco.

martedì 13 novembre 2007

La torta di compleanno



E' ufficiale ragazzi: il nostro Andrea si è meritato una qualifica che va ben oltre le tre stelle michelin, i tre gamberi, i tre bicchieri i conque grappoli le tre forchette etc etc etc: è a pieno titolo un Melmo Chef! Di seguito la sua nuova ricetta.

Ciao ragazzi, innanzitutto vi ringrazio per i vostri calorosi commenti e per aver gradito il piatto proposto un po' ditempo fa.
Questa volta vi propongo un dolce particolare. La torta di compleanno.
E’ doveroso fare prima qualche precisazione:

1) Fare torte è una delle mie passioni;
2) Faccio torte da quando avevo 14 anni (strana adolescenza la mia!!);
3) Ringrazio mia madre per avermi trasmesso questa passione per le torte e per i dolci in genere.

Ripropongo una serie di fotografie che riassumono alcune delle torte da me realizzate (quella in cima alla pagina). Propongo una serie di torte ma le ricette base sono identiche.
Si parte….



Ingredienti (per il Pan di Spagna):

5 uova
220 gr. di
zucchero
150 gr. di farina
100 gr. di frumina (amido di frumento)
1
bustina di lievito per dolci
1 limone
1 pizzico di sale





Ingredienti (per la Crema):

4 tuorli d’uovo
100 gr. di
zucchero
½ l di latte
3 cucchiai di farina
2 cucchiai di frumina
1
limone
Liquore strega o limoncello
½ fialetta di aroma di limone




Per la decorazione:

½ l di panna da montare
Frutta a piacere


Preparazione:

Pan di Spagna:
Sbattete a schiuma i tuorli con 7 cucchiai di acqua bollente. Aggiungete lo zucchero, la scorza di limone e sbattete fino ad ottenere un composto molto cremoso. Montate gli albumi e il pizzico di sale fino ad ottenere una neve durissima. Aggiungete la farina, la frumina e la bustina di lievito al composto ottenuto con i tuorli e sbattete fino ad ottenere una crema omogenea.
A questo punto incorporate gli albumi montati a neve nell’altro composto e girate con un mestolo di legno fino ad ottenere un impasto unico.
Nel frattempo avrete acceso il forno a 180°. Imburrate ed infarinate uno stampo di circa 24-26 cm di diametro in cui inserirete l’impasto che farete cuocere per 40-45 minuti circa.
Crema:
In una casseruola dai bordi alti fate riscaldare il mezzo litro di latte senza portare ad ebollizione. Nel frattempo sbattete i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto cremoso. Aggiungete la scorza di limone, la ½ fialetta di aroma di limone, 2 cucchiai di liquore strega o limoncello, la farina e la frumina. Sbattere tutto fino ad ottenere un composto omogeneo. A questo punto incorporate il latte riscaldato e sbattete fino a che il composto non si sarà perfettamente sciolto nel latte formando un ammasso schiumoso. Adesso inserite il tutto nella casseruola in cui precedentemente avevate riscaldato il latte e cuocete la crema a fiamma bassissima girando con un mestolo (frusta) di legno, sempre nella stessa direzione. Se non siete esperti di creme e per evitare che si bruci tutto, vi suggerisco di cuocere a bagnomaria (è sufficiente sistemare la casseruola sopra un’altra contenente acqua molto calda (non proprio bollente). Una volta ottenuta la crema, deponetela in una terrina di vetro e lasciate raffreddare.

Per la decorazione:
Tagliate il Pan di Spagna in 3 strati. Per bagnarlo utilizzate ½ l d’acqua che avrete nel frattempo fatto raffreddare dopo averla portata ad ebollizione con 3 cucchiai di zucchero ed un bicchierino di strega o limoncello (scegliete la quantità di liquore a seconda del gusto più o meno intenso che volete dare).
Montate la panna. Montate la crema con il frullatore fino a che non ci siano grumi. A questo punto aggiungete ¼ della panna nella crema e girate il tutto con un mestolo di legno fino ad ottenere un composto omogeneo.
Farcite i vari strati e poi ricoprite il Pan di Spagna farcito con la panna rimasta. A questo punto potrete aggiungere la frutta a piacere.

Alcuni consigli pratici:
Il Pan di Spagna e la Crema vanno preparati 1 giorno prima. La panna da montare deve essere tenuta in frigo e deve essere molto fredda al momento in cui si deve montare. Abbondate pure quando bagnate il Pan di Spagna, è meglio che sia un po’ più “inzuppato” che completamente asciutto. Per favorire la “conservabilità” della torta, a fine decorazione potete coprire la frutta con gelatina per dolci (se la mangiate tutta e subito, non ce n’è bisogno).
Per chi non gradisse particolarmente la frutta: non è un grosso problema! Basta eliminare dalla ricetta della crema i vari aromi di limone ed il liquore, sostituirli con del cacao amaro, inserendolo nel punto in cui avreste inserito il limone ed il liquore.
Esercitatevi!! Scoprirete che di volta in volta migliorerete, e non di poco, la vostra performance.

Andrea

lunedì 12 novembre 2007

...Giustizia per Gabriele !




Non sei più tornato a casa quel giorno
la tua giovinezza interrotta
da un colpo
è stato li,
che d'un tratto
ti hanno portato via la vita
la speranza di un futuro;
sei volato via lontano
neanche il tempo di accorgerti
che avevi intrapreso un viaggio senza ritorno...
solo ricordi
foto sbiadite
dolore
questo hanno lasciato di te;
ebbene si
in questa terra arida
si può scegliere la vita e la morte
di qualcuno...
tutti con la pistola
possiamo diventare dio
scandire il tempo
e decretare la fine;
senza pensare
che ogni volta che un uomo uccide
siamo un pò tutti a morire dentro..
il tuo corpo nella tomba,
l'umanità all'inferno
abbiamo fatto del mondo un deserto
dalla vita generiamo morte
dalla passione dolore
dal lavoro generiamo sangue
dalla giustizia il male
non c'è bisogno d chiedersi quando finirà il mondo
se ci saranno gli angeli il giorno del giudizio
non troveranno nessuno...
riposa in pace
ti chiedo perdono
perché questo mondo è anche il mio
e se ora sei finito
è anche perchè anche io vivo senza lottare
contro un potere dai piedi fragili
ma dalla corazza d'acciaio. Valerio

Dal messaggero.it nell'apposita sezione dedicata a Gabriele






Domani il blog riprenderà la sua normale programmazione.

Ringrazio Stefano e tutti gli altri che mi hanno dato campo libero nel poter ricordare, come era giusto, Gabriele Sandi, il tifoso laziale ucciso da un poliziotto senza motivo domenica mattina.

sabato 10 novembre 2007

Memorie di un assaggiatore di vini - Daniele Cernilli



Daniele Cernilli, condirettore della rivista del Gambero Rosso e acclamato esperto enologico, per alcuni a livello mondiale, ha scritto questo libro uscito l'anno scorso per Einaudi. Un piccolo volumetto, di prezzo irrisorio (12 €) che secondo me tutti quelli che hanno un briciolo di interesse nell'argomento dovrebbero leggere. Forse lo hanno fatto quasi tutti, ma mi sento di doverlo consigliare agli altri.


E' un libro facile da leggere, senza terminologie difficili ma solo parole che un semplice appassionato dovrebbe comunque conoscere. Per quelle non conosciute ci sono due vie: o internet, dove si trova di tutto, o il pratico glossario a fondo libro. Piccola grande idea. L'unica conoscenza necessaria per seguire meglio è un po' di geografia, e in questo senso ci si poteva mettere anche qualche piantina sempre a fine libro. Ma va bene lo stesso.


Cernilli, cui ho fatto personalmente i complimenti via forum del Gambero Rosso, tratta temi semplici ma allo stesso modo importanti. Si parla anzitutto della Francia: dei sui bianchi, dei suoi rossi e, ovviamente, dello Champagne. Il tema tratta di zone vinicole, di grando vini e di tecniche di vinifcazione. Con lo stesso spirito si passa nelle langhe e poi in toscana, non senza cenni all'innovazione: dalla viticultura biodinamica ai supertuscans di rottura con la tradizione.


Bella anche la parte sulla California, che ho scoperto con piacere non essere solo, o meglio essere tutt'altro che la Napa Valley.


Infine si diletta in una descrizione di 100 grandi vini (dove ho trovato con piacre anche cose che ho bevuto), suddivisi per tutte le tasche. Ma anche in questa parte non scende in tecnicismi arditi e paroloni di fragranze impossibili e il testo scorre via bene (anche se meno della prima parte).


Ultima parte dedicata alla tecnica di degustazione nelle sue tre componenti.


Un testo che fa innamorare dell'argomento, scritto con mano sapiente e mai difficile. Il libro più bello che ho letto negli ultimi anni.


STRACONSIGLIATO!!!


Daniele Cernilli

Memorie di un assaggiatore di vini

Einaudi

12 €


Stefano

venerdì 9 novembre 2007

Enoturismo 2006




Si parlava di itinerari enogastronomici sul Melmo Blog, qualche tempo fa. Il turismo enogastronomico è da anni in costante aumento e coinvolge turisti italiani e stranieri, anche perché, come emerge ormai da diverse ricerche, vino e cibo italiani sono infatti al secondo posto come motivazione di viaggio verso il nostro Paese, al primo posto come elemento di soddisfazione per i turisti stranieri.



In Italia esistono diverse iniziative, a carattere privato, pubblico o consorziale, come il Movimento Turismo del Vino, quello di Cantine Aperte, Benvenuta Vendemmia, Novello in Cantina e Calici sotto le Stelle. Tutte manifestazioni arcinote, ormai, anche se più o meno gradite.

Mi sono riproposto, allora, di fornire qualche dato in più sul turismo enologico, sfruttando soprattuto l'autorevole Ricerca Delphi (un sondaggio strutturato tra operatori del settore) a cura del Censis Servizi e dell'Associazione Nazionale Città del Vino. Prima saranno presentati i dati sensibili, poi qualche grafico con commento.

Cominciamo con i dati, allora. Dal V Rapporto sull'enoturismo emerge che:

  1. si consolida nei volumi, nella capacità di spesa e nella competenza specifica l’area dei turisti del vino, nel complesso ormai stimabile intorno ai 4,5 milioni di frequentatori;

  2. tra gli enoturisti stranieri, diminuiscono i tedeschi, crescono gli altri europei, tornano ad affacciarsi i nord americani;


  3. la spesa media giornaliera del turista del vino cresce più dell’inflazione: 1 €. per acquisti di vino in cantina genera 5 €. di spesa sul territorio per acquisti turistici altri;


  4. “Cantine aperte” e “Calici di Stelle” raccolgono ancora pubblici popolari crescenti, ma la necessità di innovare l’offerta si fa pressante, più nella fascia dei prodotti complementari che in quella del vino;


  5. il potenziale di sviluppo ancora esprimibile dal turismo del vino è stimato prossimo all’80%, ma risorse e politiche per ora messe in campo vengono tendenzialmente bocciate.

In conclusione emerge nel V Rapporto Città del Vino/Censis il significativo contributo che il turismo del vino potrebbe dare al complessivo rilancio del turismo italiano nei prossimi cinque anni:

  • raddoppio degli indicatori caratteristici (da 4 a 8 milioni le presenze di enoturisti; da 2 a 4 miliardi di € il fatturato del comparto);

  • moltiplicazione e diffusione dei distretti forti attrattori, dagli attuali 10-15 tutti concentrati al centro-nord ad almeno 40-50 destinazioni diversamente importati ma meglio distribuite sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda gli aspetti specifici, un primo argomenti di analisi è stato il livello di competenza dei turisti del vino. Sono solo enosboroni o anche semplici curiosi. La verità come sempre sta nel mezzo. La maggior parte dei turisti ha una conoscenza media riguardo al vino. Ma il numero di curiosi, soprattuto per il futuro, fa ben sperare gli operatori.




Un secondo elemento considerato è stata l'età dei partecipanti (variabile fondamentale nella segmentazione di marketing). La fascia tra i 30 e i 50 anni la fa da padrona, mentre gli over 50 e gli under 30 si spartiscono l'altra metà della fetta (nel grafico allegato sotto c'è un errore o manca la fascia 50-60; siccome quest'ultima possibilità mi sembra alquanto remota, ho corretto sulla base della prima ipotesi, ndr).


L'analisi sui livelli di reddito dimostra ancora una propensione medio-alta, e quindi una capacità di spesa altrettanto medio-alta. In questo senso più informativa è l'analisi dinamica, che spiega come cresca il livello alto (+3%) e diminuiscano gli altri due.



La composizione tipologica dei gruppi di turisti è molto interessante, secondo me. Provo a tirare delle somme a naso, sulla base di questo dato. Anzitutto stupisce la percentuale dei singles (9%) ad indicare che la voglia di conoscere è più forte della consapevolezza di passare una giornata in solitario. L'alto dato sulle coppie e sugli amici non mi sorprende, e pone le basi per possibilità di attività di marketing tribale (amici) o di attività a supporto specifiche per coppie. Anche il dato sulla famiglia è interessante e può contribuire alla creazione di attività integrate, soprattuto per i più piccoli, per favorire la spesa sul territorio, visto che i bambini sono ormai riconosciuti come decision maker familiari.



Da dove si muovono gli enoturisti (interessante specialmente per l'attività di ricettività): quasi la metà, con forte aumento rispetto al 2005, proviene da una distanza breve, ma sono in crescita anche quelli che percorrono una media e lunga distanza.


Anche il dato sulla spesa media giornaliera è indicativo sugli interessi e le necessità degli enoturisti, come si può vedere nel grafico sottostante.



Il rapporto fornisce anche dati sulla provenienza degli enoturisti stranieri. Al primo posto (come sempre quando si parla di turisti stranieri) ci sono i tedeschi, ben il 33%, poi gli austriaci, 12%, gli americani, 11%, svizzeri, 10%, inglesi, 7% e francesi, 6%. Via via gli altri, con un sorprendente 3% di giapponesi.

Per quanto riguarda nello specifico cantine aperte, la rilevazione del trend è stata discordante tra gli operatori, ma la maggior parte ha avuto la sensazione di un affluenza costante tra il 2005 e il 2006.





In questo senso, è comunque emersa l'importanza dell'offerta enogastronomica del territorio come fattore di attrattività per il turista, anche se di poco rispetto ad altri fattori (51% vs 49%). In questo senso emerge la capacità di differenziare la propria offerta turistica da parte degli operatori locali.

Il vino è invece ritenuto fondamentale come fattore di sviluppo turistico del territorio e crescente è la considerazione sul turismo del vino come elemento di promozione del territorio. Non è difficile essere d'accordo con questa affermazione: pensiamo ai castelli romani, alle langhe, al sannio e ad altri territori legati in primis con lo sviluppo enologico.





L'ultima parte della ricerca è dedicata a fattori non di prodotto, ma comunque essenziali per lo sviluppo organizzato del turismo enologico. Ad esempio i canali di comunicazione utilizzati e alle fonti di finanziamento sfruttate. Riguardo ai primi, dominano il passaparola e la conoscenza del prodotto, ma importante è il ruolo delle riviste e guide di settore. Crescente anche il ruolo di internet.




Per quanto riguarda i finanziamenti, c'è ancora molto da fare visto che è evidente lo scollamento tra un fenomeno in crescita, anche in misura di attrattività verso l'estero, e programmi di finanziamento ad hoc, che ancora scarseggiano.



Insomma, una bella carrellata di informazioni, forse noiose per qualcuno, ma sicuramente interessanti per descrivere un fenomeno che ci riguarda come osservatori e fruitori.



Stefano